Triste, solitaria y final: è la stampa, bellezza
Lo spettacolo indecoroso che sta offrendo l’editoria cartacea italiana negli ultimi mesi evidenzia lo scarto crescente tra l’innovativa informazione sul web e la decadente informazione tradizionale, sempre più immiserita in logiche da Basso Impero e incapace di un colpo d’ala che la sottragga ai soliti sterili rituali. Il caso Sole 24 Ore insegna.
Lo spettacolo indecoroso che sta offrendo l’editoria cartacea italiana negli ultimi mesi evidenzia lo scarto crescente tra l’innovativa informazione sul web e la decadente informazione tradizionale, sempre più immiserita in logiche da Basso Impero e incapace di un colpo d’ala che la sottragga ai soliti sterili rituali.
La telenovela del regolamento di conti al Gruppo Il Sole 24 ore, con gli strascichi giudiziari appena agli inizi, è solo la punta dell’iceberg di una crisi molto profonda che attraversa il mondo dei giornali, zavorrato da un modello di business ormai da tempo insostenibile e viziato da inestricabili intrecci tra poteri. Le faide interne a Confindustria sono soprattutto contese “geografiche” e non è escluso che il presidente Vincenzo Boccia si veda costretto a chiedere contributi economici per il più importante quotidiano economico italiano anche alle territoriali più ricche.
Non è solo il direttore uscente (ora in aspettativa non retribuita per 6 mesi) Roberto Napoletano il responsabile dello sfascio, ma un’intera classe dirigente confindustriale che non ha saputo valorizzare un asset fondamentale e ha accettato che qualcuno lo utilizzasse per finalità extraeditoriali. E ora c’è tutto il tema della ricapitalizzazione perché il quotidiano Il Sole 24 ore è in agonia e senza una “cura ricostituente” rischia un deperimento irreversibile.
L’uomo giusto potrebbe essere Ferruccio de Bortoli, che viene dato come possibile direttore in quanto gradito ad alcuni finanziatori, in particolare Banca Intesa, e a gran parte dei giornalisti, anche se inviso all’attuale amministratore delegato del gruppo, Franco Moscetti, che auspica un nuovo direttore diverso da de Bortoli e del tutto estraneo al gruppo, mentre de Bortoli è già stato direttore di quel quotidiano dal 2005 al 2009. L’attuale transizione è stata invece affidata a Guido Gentili, che è già stato direttore in anni passati e che era tra i più fieri oppositori di Napoletano. E’ stato scelto come direttore ad interim proprio per evidenziare la discontinuità con la precedente gestione. Intanto il giornale perde copie tutti i giorni e chissà se basterà un nuovo direttore per rianimarlo.
Altra pagina desolante della recentissima storia dei giornali italiani è quella che ha visto protagonisti Maurizio Belpietro, direttore de “La Verità” e Vittorio Feltri, direttore editoriale di “Libero”. Il primo viene accusato dal secondo di essere finito nella rete dell’imprenditore Romeo, attualmente agli arresti per la vicenda Consip e di aver preso da lui finanziamenti per il suo giornale. Il secondo ha preso il posto del primo, alla guida di Libero (anche se come direttore editoriale, mentre il direttore responsabile è Pietro Senaldi), proprio perché il suo editore, Angelucci, non condivideva la linea editoriale troppo antirenziana di Belpietro. Si sa come è andata a finire: Libero ha ammorbidito il trattamento nei riguardi dell’ex premier e ha sostenuto il “Si” al referendum del 4 dicembre. I lettori non hanno gradito e le vendite sono scese del 40%. Anche in questa vicenda, al di là di chi abbia ragione e di chi abbia torto, resta l’immagine plastica di un forte condizionamento politico-economico sulle scelte redazionali, in barba a qualsiasi ideale di editore puro.
Abbiamo fondate ragioni di ritenere che ai lettori del Sole 24 ore, in vistoso calo negli ultimi mesi, e a quelli di Libero e della Verità, anch’essi in assottigliamento progressivo, non interessino più di tanto le sterili polemiche di questo tipo. Chi va in edicola e paga un giornale cartaceo non merita di leggere penosi messaggi in codice e chiacchiericci da ballatoio. Ha diritto di ricevere un’informazione corretta e di qualità, che presenti un valore aggiunto rispetto alle pillole gratuite che può trovare su molti siti on line.
Come ha ricordato proprio in questi giorni la Federazione editori di giornali (Fieg), negli ultimi dieci anni le vendite di giornali sono scese del 40% e i ricavi delle imprese editrici sono calati del 50%. Occorrono soluzioni innovative anche sul fronte dei modelli di business. L’integrazione multimediale è la strada obbligata, ma preservando nel contempo la qualità dell’informazione e quindi combattendo una battaglia comune (editori, giornalisti, colossi della Rete, governi) per ripulire la Rete da contenuti spazzatura che le fanno perdere credibilità e autorevolezza e che allontanano i cittadini-utenti dai circuiti informativi.