Tripoli, l'intesa sui clandestini è buona solo in teoria
Il ministro Minniti (Interni) ha concordato con il governo Serraj a Tripoli una politica congiunta per il contrasto dell'emigrazione e del traffico di esseri umani nel Mediterraneo. Ma il governo Serraj non controlla le coste e dal traffico di esseri umani la Tripolitania ricava almeno un terzo del suo Pil.
Il governo è all’offensiva, almeno a parole, sulle questione immigrati illegali e sembra voler stringere i tempi sulle espulsioni e persino sui respingimenti in Libia o almeno nell’impedire che barconi e gommoni salpino dalle coste della nostra ex Colonia.
I ministri Minniti e Pinotti parlano esplicitamente di fermare i migranti nelle acque libiche con argomentazioni che fino a ieri venivano etichettate come “populiste” o addirittura “razziste” dagli ambienti cattolici e della sinistra di governo. In realtà già nel 2015 Roberta Pinotti aveva definito “nemici” i trafficanti di esseri umani e l’anno scorso Matteo Renzi aveva più volte espresso la convinzione che gli immigrati irregolari dovessero venire espulsi (come sottolinea anche l’agenzia Ue Frontex) anche se pretendeva che i costi dei rimpatri venissero pagati dall’Unione Europea. L’attivismo di Minniti, che dopo aver varato un programma in quattro punti per contrastare l’immigrazione illegale (di cui NBQ ha riferito nei giorni scorsi) si è recato in Tunisia e Libia per stringere intese coi governi locali, rischia però di avere ben poca concretezza soprattutto sul fronte degli accordi con la Libia.
Minniti ha avuto a Tripoli una serie di colloqui con il Presidente del consiglio presidenziale Fayez al-Sarraj, con il ministro degli esteri, M. Siyala e i membri del consiglio presidenziale, A. Maitig e A. Kajman. Da quanto emerso é stata varata una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi, soprattutto nel “settore migratorio” così come nella “lotta alle organizzazioni criminali che sfruttano i migranti” ha riferito un comunicato del Viminale. “Nel corso dell'incontro è stato ribadito il sostegno pieno dell'Italia al governo di accordo nazionale e al ruolo della Libia nel contrasto al terrorismo sia a livello regionale che nazionale, in particolare nella regione mediterranea. In tale contesto è stato espresso l'impegno congiunto a lottare contro l'immigrazione illegale e il traffico di esseri umani ed è stata approfondita la questione della lotta all'immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani sulle quali è stato concordato un progetto di memorandum d'intesa per l'esame congiunto in preparazione della sua approvazione. Tale memorandum rappresenta un progetto nazionale nel settore della sicurezza per rafforzare la cooperazione tra i due Paesi nel campo della sicurezza congiunta, del contrasto al terrorismo e del traffico di esseri umani”.
Progetti che verranno seguiti dall’Ambasciata italiana che ieri ha riaperto i battenti a Tripoli. Sulla carta quindi tante belle parole ma il comunicato del Viminale non si sbilancia in dettagli, segno che una svolta nella lotta all’immigrazione clandestina potrebbe non essere imminente. Se anche il governo di al-Sarraj volesse in buona fede fermare i trafficanti non lo potrebbe fare perché non ha alcun controllo del territorio dilaniato dagli scontri tra milizie, è osteggiato nella stessa Tripoli da movimenti più islamisti di quelle che lo sostengono e sulla costa non ha nessuna forza militare in grado di fermare i traffici diretti in Italia. La guardia costiera libica, in fase di addestramento da parte delle marine italiana ed europea, non è detto che risponda ad al-Sarraj e anche quando avrà ricevuto le 11 motovedette regalate dall’Italia potrebbe impiegarle prioritariamente per intercettare i pescherecci siciliani nelle acque internazionali (che la Libia rivendica fin dai tempi di Gheddafi) invece che per fermare i trafficanti che già in passato hanno elargito cospicue “mance” alle forze navali libiche che riportavano sulla costa barche e gommoni pronti ad essere riutilizzati.
Inoltre è meglio ricordare che secondo i rapporti d’intelligence della missione navale Ue (Operazione Sophia) tra un terzo e la metà del PIL della Tripolitania proviene dal traffico di migranti: difficile immaginare che al-Sarraj voglia ostacolare gli affari di tribù e milizie che sostengono o tollerano il suo governo e infatti in passato ha sempre respinto ogni ipotesi di accettare che i clandestini vengano riportasti in Libia.
Sul piano politico chissà poi quanto tempo occorrerà per mettere a punto il memorandum che dovrà essere approvato dallo pseudo - governo libico ma non certo dal parlamento legittimo, che risiede in Cirenaica, è ostile ad al-Sarraj e non ha mai neppure accordato la fiducia al governo di unità nazionale ”imposto” dall’Onu. Se Roma intende davvero imprimere rapidamente una svolta all’emergenza, più che negoziare memorandum improbabili, dovrebbe autorizzare la flotta a riportare sulle coste libiche i clandestini raccolti in mare imponendo a Tripoli di accettare questa soluzione se non vuole perdere il sostegno europeo. Grazie a Tripoli e allo scarso decisionismo di Italia e Ue finora i trafficanti di uomini hanno prosperato incassando, secondo Europol, in media 6 miliardi di euro all’anno praticamente indisturbati.
Il Viminale definisce la missione di Minniti come "l'avvio di una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi, soprattutto con riferimento al settore migratorio". L'obiettivo è arrivare entro l'estate ad un pattugliamento congiunto in mare nelle acque libiche, come auspicato dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Nell’incontro si è parlato evidentemente di riportare i migranti sulle coste libiche dal momento che Tripoli ha chiesto sostegno per poter organizzare voli di rimpatrio dei migranti nei lorio paesi di origine. Un ponte aereo colossale, sono centinaia di migliaia i clandestini giunti in Libia per tentare di arrivare in Europa, ma non impossibile considerato che nel 2011 l’Onu rimpatriò con aerei messi a disposizione da tutti i Paesi più ricchi un milione di lavoratori stranieri fuggiti dalla guerra civile libica.
Le soluzioni ai flussi migratori illegali ci sono ma è lecito essere scettici sul fatto che un governo privo di forze militari, seguito popolare e rappresentatività come quello libico possa riuscire ad attuarle.