L'UDIENZA
Tre parole d'ordine per l'Africa di oggi
Riconciliazione, giustizia e pace. Così Benedetto XVI - spiegando il suo viaggio apostolico - ha ricordato il compito che ha davanti la Chiesa.
Attualità
23_11_2011
Nell'udienza generale del 23 novembre Benedetto XVI ha voluto tornare sul viaggio apostolico in Bénin dello scorso fine settimana: forse anche un antidoto allo scarso interesse con cui - a differenza di quella africana, e certo almeno con l'eccezione de La Bussola Quotidiana - la stampa europea, distratta dalla crisi economica, ha seguito il viaggio. Nell'udienza il Papa ha voluto insistere sulla grande speranza per la Chiesa che l'Africa rappresenta, e contemporaneamente sul fatto che questa speranza rappresenta una potenzialità: perché dia frutto, occorre un grande sforzo della Chiesa africana, nella fedele adesione al Magistero e nello zelo delle opere.
Il ringraziamento al Signore ha consentito di precisare ancora una volta lo scopo del viaggio apostolico: «nella sua provvidenza - ha detto il Papa - Egli ha voluto che ritornassi in Africa per la seconda volta come successore di Pietro, in occasione del 150° anniversario dell’inizio dell’evangelizzazione del Benin e per firmare e consegnare ufficialmente alle comunità ecclesiali africane l’Esortazione apostolica postsinodale "Africae munus”». Inoltre, ha aggiunto il Pontefice, «ho voluto rendere omaggio e pregare sulla tomba di un illustre figlio del Benin e dell’Africa, e grande uomo di Chiesa, l’indimenticabile Cardinale Bernardin Gantin [1922-2008], la cui venerata memoria è più che mai viva nel suo Paese, che lo considera un Padre della patria, e nell’intero Continente».
Anche questo omaggio non è meramente retorico, dal momento che negli ultimi giorni sono stati ricordati gli attacchi che colpirono in Europa il cardinale Gantin da parte di un mondo cattolico-democratico che lo considerava un «wojtyliano» di ferro, vicino anche a realtà e movimenti ecclesiali cordialmente detestati da quel mondo.
Il Papa ha quindi ricordato le tre parole d'ordine del documento «Africae munus»: riconciliazione, giustizia e pace. La riconciliazione, ha sottolineato, non riguarda solo la sfera politica e sociale. Le stesse comunità cristiane «sono invitate a riconciliarsi al loro interno per diventare strumenti gioiosi della misericordia divina, ognuna apportando le proprie ricchezze spirituali e materiali all’impegno comune». Ma certo «questo spirito di riconciliazione è indispensabile, naturalmente, anche sul piano civile e necessita un’apertura alla speranza che deve animare anche la vita sociopolitica ed economica del Continente, come ho avuto modo di rilevare nell’incontro con le Istituzioni politiche, il Corpo Diplomatico e i Rappresentanti delle Religioni».
Benedetto XVI ha ricordato come in questo incontro, momento centrale del suo viaggio, pure tra luci e ombre ha voluto leggere i recenti avvenimenti politici nel Nord dell'Africa all'insegna della speranza cristiana, «rilevando l’ardente desiderio di libertà e di giustizia che, specialmente in questi ultimi mesi, anima i cuori di numerosi popoli africani». Ma ha pure «sottolineato poi la necessità di costruire una società in cui i rapporti tra etnie e religioni diverse siano caratterizzati dal dialogo e dall’armonia. Ho invitato tutti ad essere veri seminatori di speranza in ogni realtà e in ogni ambiente».
Segnali di speranza - ignorati, appunto, da molta stampa occidentale - il Pontefice ha tratto anche «dall'immensa folla convenuta per la Celebrazione eucaristica domenicale nello stadio dell’Amicizia di Cotonou. E’ stato, questa Messa della domenica, uno straordinario momento di preghiera e di festa alla quale hanno preso parte migliaia di fedeli del Benin e di altri Paesi africani, dai più anziani ai più giovani: una meravigliosa testimonianza di come la fede riesca ad unire le generazioni e sappia rispondere alle sfide di ogni stagione della vita».
Occorre però che la calorosa adesione al Papa non si fermi alla giornata di festa, ma sia alimentata dallo studio del Magistero, e a questo serve l'esortazione apostolica: «in questo importante testo ogni fedele troverà le linee fondamentali che guideranno e incoraggeranno il cammino della Chiesa in Africa, chiamata ad essere sempre più il “sale della terra” e la “luce del mondo” (Mt 5,13-14)». Per il momento, «gli africani hanno risposto con il loro entusiasmo all’invito del Papa, e sui loro volti, nella loro fede ardente, nella loro adesione convinta al Vangelo della vita ho riconosciuto ancora una volta segni consolatori di speranza per il grande Continente africano».
Il tema dell'Africa come continente della speranza, come risorsa e non solo come problema è caro al Papa, che pure dei problemi che nel continente africano esistono ha tracciato in Bénin un panorama molto realistico. Eppure i segni di speranza ci sono. «Ho toccato con mano questi segni - ha aggiunto Benedetto XVI - anche nell’incontro con i bambini e con il mondo della sofferenza. Nella chiesa parrocchiale di Santa Rita, ho veramente gustato la gioia di vivere, l’allegria e l’entusiasmo delle nuove generazioni che costituiscono il futuro dell’Africa. Alla schiera festosa dei Bambini, una delle tante risorse e ricchezze del Continente, ho additato la figura di san Kizito [1872-1886], un ragazzo ugandese, ucciso perché voleva vivere secondo il Vangelo, ed ho esortato ciascuno a testimoniare Gesù ai propri coetanei. La visita al Foyer “Pace e Gioia”, gestito dalle Missionarie della Carità di Madre Teresa, mi ha fatto vivere un momento di grande commozione incontrando bambini abbandonati e malati e mi ha consentito di vedere concretamente come l’amore e la solidarietà sanno rendere presente nella debolezza la forza e l’affetto di Cristo risorto».
Anche i sacerdoti e i seminaristi hanno accolto il Papa con grande calore. E il Pontefice, ha detto, li ha esortati a «vivere la rispettiva missione nella Chiesa con fedeltà agli insegnamenti del Magistero, in comunione fra loro e con i Pastori, indicando specialmente ai sacerdoti la via della santità, nella consapevolezza che il ministero non è una semplice funzione sociale, ma è portare Dio all’uomo e l’uomo a Dio». A loro, come pure ai vescovi,contro facili polemiche che li criticano come semplici agenti del colonialismo, Benedetto XVI ha ricordato l'esempio dei «missionari che hanno generosamente donato la loro vita, talvolta in modo eroico, affinché l’amore di Dio fosse annunciato a tutti».
«In Africa - ha riassunto il Papa - ho visto una freschezza del sì alla vita, una freschezza del senso religioso e della speranza, una percezione della realtà nella sua totalità con Dio e non ridotta ad un positivismo che, alla fine, spegne la speranza. Tutto ciò dice che in quel Continente c’è una riserva di vita e di vitalità per il futuro, sulla quale noi possiamo contare, sulla quale la Chiesa può contare».
Ma occorre, appunto, che questa freschezza non sia data per scontata, ma - alimentata dal Magistero - generi sforzi concreti. «Questo mio viaggio ha costituito un grande appello all'Africa, perché orienti ogni sforzo ad annunciare il Vangelo a coloro che ancora non lo conoscono. Si tratta di un rinnovato impegno per l’evangelizzazione, alla quale ogni battezzato è chiamato, promuovendo la riconciliazione, la giustizia e la pace».
Infine, come aveva già fatto in Bénin, il Papa ha affidato «a Maria, Madre della Chiesa e Nostra Signora d’Africa, [...] coloro che ho avuto modo di incontrare in questo mio indimenticabile Viaggio Apostolico. A Lei raccomando la Chiesa in Africa. La materna intercessione di Maria "il cui cuore è sempre orientato alla volontà di Dio, sostenga ogni impegno di conversione, consolidi ogni iniziativa di riconciliazione e renda efficace ogni sforzo in favore della pace in un mondo che ha fame e sete di giustizia" (Africae munus, 175)».