Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
OMISSIONI

Tratta degli schiavi, amnesia per i crimini degli arabi

Il 25 marzo è la Giornata internazionale del ricordo delle vittime della schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi, istituita dall'Onu nel 2007. È un'occasione anche politica e ricorda solo le vittime della tratta dei mercanti di schiavi europei. Ma non quelle della ben più duratura e sanguinosa tratta degli schiavisti arabi. Ci sono africani vittime di serie B?

Cultura 25_03_2021
Il mercato arabo degli schiavi a Zanzibar

Dal politicamente corretto alla cancel culture, la cultura della cancellazione, il passo è stato breve. Dimostranti furiosi imbrattano, deturpano e abbattono i monumenti di personaggi storici. Succedeva da anni e le proteste Black Lives Matter hanno solo intensificato gli “interventi riparatori”. Negli Stati Uniti, in Europa e in Africa sono state prese di mira centinaia di statue: Cristoforo Colombo, il Mahatma Gandhi, Cecil Rhodes,Winston Churchill, Re Leopoldo II del Belgio...

Ma oltre e assai prima della cancel culture era diffusa quella che si potrebbe chiamare “omission culture”, la cultura dell’omissione. L’obiettivo è identico: accusare quella cristiana occidentale di essere la peggiore delle civiltà, sola e unica responsabile dei mali e delle disgrazie del pianeta, in questo caso omettendo di parlare di ciò che altre culture e civiltà hanno fatto o stanno facendo.

Un caso esemplare, che si ripete ogni anno, è la celebrazione della Giornata internazionale del ricordo delle vittime della schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi che ricorre il 25 marzo. La decisione di istituirla è stata presa dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 2007 per “onorare e ricordare coloro che hanno sofferto e che sono morti per mano di questo brutale sistema schiavistico” e per “diffondere la consapevolezza dei pericoli oggi del razzismo e del pregiudizio”. Il messaggio per la celebrazione di quest’anno del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres inizia dicendo: “oggi rendiamo onore alla memoria dei milioni di africani che hanno patito a causa della tratta transatlantica degli schiavi, all’origine di un sistema di sfruttamento globale durato per oltre 400 anni, che ha devastato famiglie, comunità ed economie. Ricordiamo con umiltà la resilienza di coloro che hanno sofferto le atrocità inflitte dai mercanti e dai proprietari di schiavi e che sono state avallate da chi dalla schiavitù ha tratto vantaggio”.

La tratta transatlantica degli schiavi è iniziata nel XVI Secolo ed è terminata nel XIX Secolo. Ha portato nelle Americhe circa 12 milioni di africani. Questi i fatti, ma ecco che cosa si omette. Sulla pagina web dell’Onu, nella motivazione della giornata commemorativa si legge: “la tratta transatlantica degli schiavi è stata l’emigrazione forzata più grande della storia umana, e indiscutibilmente la più disumana. L’enorme esodo di africani sparsi in molte regioni del pianeta per oltre 400 anni è stato un evento senza precedenti nella storia umana”. Coerentemente, anno dopo anno, i vertici dell’Onu, e al seguito le organizzazioni non governative e innumerevoli altri soggetti, ne parlano a loro volta come di un episodio unico nella storia. “È stato il più lungo e brutale capitolo della storia umana perché è stato anche celebrato, spietatamente difeso e sfruttato senza pietà” ha dichiarato ad esempio nel 2018 il vice alto commissario per i diritti umani Kate Gilmore.

Ma l’Africa invece ha patito un’altra tratta di schiavi che è stata praticata per oltre mille anni, con modalità ancora più atroci. È la tratta arabo-islamica della quale sono stati vittime oltre 12 milioni di africani. L’isola di Zanzibar, colonizzata come il resto delle coste e delle isole dell’Africa orientale dagli arabi a partire dalla fine del primo millennio, e divenuta nel 1698 parte del sultanato di Oman, è stata per secoli il principale mercato di schiavi dell’Africa orientale. Lì venivano portati gran parte degli africani catturati e acquistati dai mercanti arabi che si inoltravano nel continente alla ricerca di merci: gli schiavi, insieme all’avorio, erano le più pregiate. Salvo alcune migliaia, acquistati ogni anno dai residenti e impiegati nelle piantagioni dell’isola, tutti gli schiavi venivano imbarcati su navi dirette verso i paesi arabi, l’Iran e l’India. Fu il blocco navale imposto dalla Royal Navy britannica nell’Oceano Indiano, e prima in quello Atlantico a partire dal 1815, a mettere fine alla tratta araba, le ultime attività della quale però vennero interrotte soltanto nel 1922. Il primo Stato arabo-musulmano ad abolire la tratta degli schiavi è stato la Tunisia nel 1846, ma di fatto solo nel 1881 con la colonizzazione francese. La nascita delle colonie europee nella seconda metà del XIX Secolo ha messo fine alla tratta transatlantica.

Per inciso, un’altra clamorosa omissione, quando si parla di Africa, riguarda la colonizzazione europea. Difficilmente l’aggettivo “europea” viene usato nel parlarne, a tal punto è diffusa e radicata la convinzione che sia stata l’unica. Invece due colonizzazioni di portata continentale hanno preceduto quella europea. La prima, forse la più cruenta, si è svolta nel primo millennio dopo Cristo ed è stata compiuta dal grande gruppo etno-linguistico dei Bantu. Si è trattato di una migrazione plurisecolare grazie alla quale la lavorazione del ferro e l'agricoltura sono state introdotte in gran parte delle regioni subsahariane. I Bantu però hanno respinto le etnie dedite alla pastorizia transumante nelle grandi savane semi aride e hanno decimato i cacciatori-raccoglitori costringendoli a ritirarsi nelle foreste e nei deserti, gli ambienti più inospitali dove tuttora sopravvivono, disprezzati ed emarginati.

Dal VII secolo è incominciata la seconda colonizzazione del continente, anch’essa devastante per violenza e impatto destabilizzante. È quella arabo-islamica che, partendo dall'Arabia Saudita pochi anni dopo la morte del profeta Maometto avvenuta nel 632 dopo Cristo, ha conquistato il nord Africa per poi proseguire più lentamente verso sud.

Alla luce di questi fatti, sistematicamente omessi, la conclusione del messaggio del Segretario generale Guterres dispiace, offende: “la tratta transatlantica degli schiavi è finita da oltre due secoli, ma le idee di supremazia bianca che l’hanno supportata restano vive. Dobbiamo mettere fine all’eredità di questa menzogna razzista”. A quando una giornata per ricordare le vittime della tratta arabo-islamica degli schiavi e per denunciare il razzismo che l’ha resa possibile? Oppure all’Onu ci sono vittime che contano più di altre?