Trasferire i gas in Albania? Trattative in corso
In Albania, sotto il naso degli italiani: sarebbe questa la destinazione scelta per le armi chimiche siriane. Dovrebbero essere smantellate nei pressi di Tirana. Russi e americani promettono aiuti, ma non tutti gli albanesi sono contenti di questa scelta.
Dalla Siria ai Balcani, a meno di cento chilometri dalle coste italiane. I gas nervini dell’esercito siriano ispezionati e registrati dai tecnici dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) in 41 depositi situati in 23 località siriane potrebbero venire distrutti in Albania. Dopo una settimana di indiscrezioni diffuse dalla stampa russa e riprese da quella albanese il governo di Tirana ha aspettato giovedì per uscire dal silenzio in cui si era rinchiuso dalla fine di ottobre per annunciare che “nulla è stato ancora deciso”. Lo ha detto il capo della diplomazia albanese, Ditmir Bushati, alla Commissione Esteri del Parlamento, ma solo per rispondere all’interrogazione dell’opposizione che chiedeva chiarimenti dopo che la stampa aveva indicato nel centro di Qafe Molles nelle vicinanze del Monte Dajiti che sovrasta Tirana il luogo dove potrebbero essere stoccati i gas siriani.
Bushati ha informato che c’è stata una telefonata tra il premier Edi Rama e il segretario di Stato americano John Kerry, sottolineando che l'Albania "non farebbe in nessun caso cose che la metterebbero nella posizione di danneggiare se stessa". Nonostante il governo socialista cerchi di smorzare gli allarmismi, subendo evidentemente le forti pressioni statunitensi, a Tirana molti sono preoccupati dell’arrivo nel Paese di quasi 1300 tonnellate di armi chimiche (mille di aggressivi e precursori e 290 tonnellate di munizioni pronte per l’uso) il cui smaltimento sarà tecnologicamente lungo e difficile.
È vero che l’Albania è l’unico Paese al mondo ad avere finora eliminato la totalità del suo arsenale chimico (russi, statunitensi, britannici e francesi devono ancora completare la distruzione dei loro arsenali) ma è altrettanto innegabile che le armi ereditate dalla dittatura comunista di Enver Hoxha ammontavano ad appena 16 tonnellate di yprite. Armi chimiche “primitive” anche se mal conservate e pericolose che Tirana riuscì a neutralizzare con il supporto tecnico e finanziario di Germania, Stati Uniti e Svizzera. Neutralizzare gli ingenti arsenali siriani richiederà tecnologie avanzate e un forte contributo tecnico e finanziario internazionale che Tirana sembra pronta ad accettare insieme ad aiuti economici.
Mosca ha già messo a disposizione 2 milioni di dollari per lo smantellamento degli arsenali siriani e da Washington sono attesi contributi più ingenti. Nonostante a Mosca si dia per scontato che Tirana accetterà lo scomodo incarico (finora respinto da Turchia, Giordania e Norvegia), contrarietà al trasferimento delle armi chimiche siriane é stata espressa dal presidente del parlamento Ilir Meta, leader del Movimento socialista per l'integrazione. «Non sono un esperto ma non abbiamo queste capacità» mentre anche i movimenti ambientalisti sono in subbuglio e già da tempo mobilitati per contrastare la legge, voluta dal governo di Sali Berisha, che consente l'ingresso nel Paese di rifiuti speciali. Contrario a importare i gas di Damasco anche Fatmir Mediu, l'ex ministro dell'ambiente e della Difesa dei governi Berisha secondo il quale le norme legislative in vigore non permettono l'importazione nel Paese di sostanze pericolose e in Albania non ci sono le giuste condizioni di sicurezza e le capacità necessarie a smaltire le armi chimiche siriane la cui “esportazione” è però resa necessaria dalla guerra in atto nel Paese.
A rendere più difficoltosa la soluzione del problema contribuiscono il veto del regime di Bashar Assad all’invio degli arsenali chimici negli Stati Uniti e il fatto che non esistano precedenti in proposito, poiché tutti i Paesi dotati di armi di distruzione di massa le hanno neutralizzate sul territorio nazionale. In Siria invece gli esperti dell’Opac valutano sia troppo rischioso procedere allo smantellamento delle armi chimiche in loco anche se neppure il trasferimento dei gas è privo di rischi.
Come ha raccontato Lao Petrilli nel suo blog l’esercito siriano ha già sottoposto all’Opac un piano dettagliato per scortare i convogli che porteranno le armi chimiche stoccate nei pressi di Damasco e Homs verso la costa attraverso Tartus e il porto di Latakia dove è previsto l’imbarco su navi speciali. Anche un’operazione del genere non è mai stata tentata ed è concreto il rischio che ribelli o anche semplici criminali possano cercare di impadronirsi di un carico che ha un valore inestimabile alla borsa nera del terrorismo jihadista.