Toto-Quirinale, tutti gli uomini (e le donne) del Colle
Inizia la corsa alla candidatura per la Presidenza della Repubblica. Tutti i possibili nomi sul tappeto: Ignazio Visco, Romano Prodi, Piero Grasso, Anna Finocchiaro, Piercarlo Padoan e Giuliano Amato. Tutti gli altri nomi che stanno circolando sono quasi certamente dei bluff.
Le dimissioni di Giorgio Napolitano hanno ufficialmente aperto la partita per il Quirinale. Impazza il “toto-nomi”, che coinvolge almeno una ventina di aspiranti, dai più blasonati agli outsider di lusso. Siamo, però, ancora alle schermaglie iniziali e ai tatticismi di prammatica, e le candidature avanzate finora rischiano di bruciarsi prima del 29 gennaio, data della convocazione delle Camere in seduta comune per iniziare le votazioni.
Le ultime indiscrezioni parlano di un accordo Renzi-Berlusconi sul nome di Ignazio Visco, che diventò governatore della Banca d’Italia proprio all’epoca del governo Berlusconi. L’idea del premier sarebbe quella di estrarre dal cilindro il nome di Visco alla quarta votazione, il 31 gennaio, e di dare indicazioni al suo partito di votare scheda bianca nelle prime tre votazioni, quando servirebbero circa 700 voti su 1009, un traguardo giudicato al momento irraggiungibile da ambienti di Palazzo Chigi.
Nessun candidato sarebbe in grado di raccogliere la maggioranza dei 2/3 e quindi di guadagnarsi consensi bipartisan, neppure lo stesso Visco, che nel segreto dell’urna potrebbe venire impallinato dai dissidenti del Pd (circa un centinaio), dai parlamentari forzisti vicini a Raffaele Fitto (una quarantina) e dai centristi alfaniani e casiniani, desiderosi di mandare in crisi il Patto del Nazareno. Meglio, quindi, proteggerlo fino alla quarta votazione, quando basterebbero 505 voti (più che sufficienti a quel punto, almeno sulla carta, i consensi dei renziani e dei berlusconiani).
Visco risponde più di altri all’identikit tracciato da Renzi in queste ore per il Colle: arbitro imparziale, dotato di prestigio internazionale, in grado di assicurare il prosieguo del cammino delle riforme. Che molte cancellerie europee e molti ambienti finanziari internazionali stimino Visco non è un mistero. Peraltro si tratta di una personalità autorevole ma non ingombrante per lo stesso Renzi, che potrebbe “utilizzarlo” come fiore all’occhiello sul piano monetario ed economico. Unica caratteristica che assolutamente Visco non ha è quella di essere un politico e di conoscere le dinamiche parlamentari e governative. E’ evidente, quindi, che il suo profilo tecnico potrebbe tornare utile solo dopo la terza votazione, quando, come è probabile, ci si renderà conto che nessun candidato politico è in grado di mettere d’accordo le principali forze di maggioranza e di opposizione.
La minoranza Pd, Sel e, probabilmente, anche molti grillini, potrebbero votare per Prodi fin dalla prima votazione; l’ex premier ed ex presidente della Commissione europea ha molti requisiti (prestigio all’estero, esperienza in campo finanziario anche europeo, ottime relazioni internazionali, capacità politiche), ma risulta inviso a quasi tutto il centrodestra e quindi appare privo della caratteristica più decisiva nella scelta del nuovo Capo dello Stato: l’imparzialità tipica dell’arbitro.
Da questo punto di vista potrebbe dare maggiori garanzie agli occhi del centrodestra uno come il Presidente del Senato, Piero Grasso, ex magistrato eletto nel Pd ma apprezzato in diversi ambienti filoberlusconiani. Grasso si starebbe peraltro impegnando con Renzi a favorire, anche a distanza, mentre si trova a Palazzo Giustiniani come supplente del Capo dello Stato, una rapida approvazione dell’Italicum, stroncando molti emendamenti delle opposizioni, e quindi contribuendo a realizzare il disegno del premier di arrivare all’elezione per il Quirinale con la riforma elettorale già in cassaforte. Che il premier dia quindi una chance per il Quirinale anche all’attuale Presidente della Repubblica pro tempore non va escluso, e il diretto interessato sotto sotto ci spera.
Così come a sperare per sé è Anna Finocchiaro, ben vista anche dalle donne del centrodestra e, di fatto, unica donna ad avere chance, dopo l’outing di Emma Bonino sulle proprie condizioni di salute precarie. Sembrano, infatti, remote le possibilità di vedere sul Colle l’ex ministro della giustizia, Paola Severino, mentre il ministro dell’economia, Piercarlo Padoan e l’ex premier nonché giudice costituzionale Giuliano Amato potrebbero tornare in auge. Dipenderà molto dalle eventuali imboscate parlamentari sui nomi più gettonati.
Tutte le altre figure sul tappeto appaiono più che altro dei bluff; da Bersani a Veltroni, da Fassino a Castagnetti, da Gentiloni a Delrio, da Bassanini a Mattarella, sono tutti candidati privi di appeal internazionale e troppo etichettati come esponenti o ex esponenti del Partito democratico o delle vecchie forze di sinistra. Così come la candidatura di Pierferdinando Casini, avanzata da Alfano e non scartata da Forza Italia, potrebbe prendere quota solo in caso di impasse nelle prime tre votazioni e qualora si decidesse di puntare comunque su un profilo politico.
In ogni caso, più che sui nomi, la partita si gioca sulla linea che il nuovo Presidente della Repubblica dovrà assumere e che appare, però, abbastanza obbligata: atlantista ed europeista, in difesa dell’euro, non troppo interventista nella politica interna, al fine di non fare ombra a Renzi e al suo governo.
Impossibile che l’Italia possa scegliere un Presidente sgradito a Draghi, a Obama, alla Merkel, a Putin e al Vaticano. In Parlamento, dissidenti, cani sciolti, voltagabbana non potranno comunque sfuggire a questa logica, che ha sempre ispirato l’elezione del Capo dello Stato. Appare difficile che sulla partita per il Quirinale la rottamazione di Renzi possa funzionare. Le variabili sono tante, anche esterne alla politica, e il premier in questo momento non è in grado di governarle tutte.