Torna il bipolarismo ma servono leader
Dopo tanto parlare di Italia divisa in tre, si torna improvvisamente all’antico: l’Italia si riscopre spaccata in due, in un bipolarismo che sembrava defunto. Mentre il “terzo polo”, il Movimento 5 Stelle, escluso dai ballottaggi di tutte le maggiori città, resta uno spettatore senza più campo d’azione. Ma non va dato per morto. Renzi e Berlusconi potrebbero illudersi di imprimere un’accelerazione verso le elezioni politiche anticipate. Ma servono programmi di governo realizzabili, alleanze coese e candidati credibili.
Dopo tanto parlare di Italia divisa in tre, si torna improvvisamente all’antico: l’Italia si riscopre spaccata in due, in un bipolarismo che sembrava defunto. Quello che emerge dai dati ormai ufficiali delle amministrative che hanno riguardato 21 capoluoghi di provincia e 4 capoluoghi di regione è infatti un risultato molto chiaro: a giocarsi la partita sono ancora una volta il centrodestra e il centrosinistra. Mentre il “terzo polo”, il Movimento 5 Stelle, escluso dai ballottaggi di tutte le maggiori città, resta uno spettatore senza più campo d’azione.
La débâcle peggiore per i pentastellati si è registrata a Genova, la città di Beppe Grillo. Che proprio in questi mesi, dicono i bene informati, scherzando ma non troppo, aveva dichiarato che avrebbe preferito perdere nella “sua” città anziché ritrovarsi le proteste sotto la villa di Sant’Ilario. L’altra Caporetto è Parma, dove l’ex dissidente Federico Pizzarotti si è preso la sua vendetta: da sindaco uscente ha registrato un exploit, personalizzando la contesa, andando al ballottaggio contro il centrosinistra e umiliando l’avversario grillino, fermo a pochi punti percentuali. E oggi guarda il disgregarsi di quel che resta del M5S cittadino. E poi c’è Palermo, dove Leoluca Orlando ha vinto già al primo turno. Palermo è, per i grillini, il capoluogo perduto di una regione che resta ancora il sogno segreto di questo 2017 per i 5 Stelle, il trampolino da cui lanciarsi alla conquista del governo del Paese (in autunno ci saranno le elezioni regionali in quell’isola). La mèta che sembrava così vicina, però, a quanto pare è ancora troppo lontana.
E c’è già chi imputa la colpa di tutto a un unico capro espiatorio: Luigi Di Maio, accusato dai suoi stessi compagni di movimento di aver tenuto un atteggiamento troppo accondiscendente sulla legge elettorale e di essersi confuso troppo con i riti della partitocrazia, tanto odiati dalla base pentastellata.
Eppure chi crede che i pentastellati siano ormai fuori gioco – in vista delle prossime politiche – potrebbe sbagliarsi di grosso. E’ noto, infatti, che il voto delle amministrative dipende da fattori territoriali che hanno sempre meno a che fare con le politiche nazionali. Sebbene sia vero che ormai i pentastellati sono fuori dai ballottaggi, è altrettanto vero che se volessimo analizzare i risultati sulla base del voto ottenuto dai singoli partiti la sconfitta più eclatante sarebbe da attribuirsi al Partito Democratico. A Genova, per esempio, storico fortino del centrosinistra, a fare incetta di voti stavolta è stato il centrodestra. E poi in Toscana, la terra da cui arriva il segretario Matteo Renzi, nei piccoli Comuni i dem hanno registrato un grande flop.
“Lo sconfitto di queste elezioni non è Grillo ma Renzi - ha commentato per l’appunto Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord - E questo significa che il governo Gentiloni non rappresenta più nessuno”.
Grande cautela sulla presunta sconfitta del movimento di Beppe Grillo anche da parte del ministro della Giustizia, Andrea Orlando: “Quello che vedo è una battuta d’arresto del Movimento 5 Stelle, molto legata alla difficoltà di produrre una classe dirigente a livello locale”. “Quindi – ha aggiunto Orlando - non darei per morto il Movimento né trarrei conseguenze eccessive”.
Il Movimento 5 Stelle potrebbe dunque rivivere quello che accadeva sempre con Silvio Berlusconi: veniva dato per morto alle amministrative – nelle quali per via di uno scarso radicamento sui territori faceva risultati sempre mediocri – e poi “risorgeva” alle politiche, sconfiggendo sonoramente gli avversari contro ogni previsione.
E a proposito di Forza Italia e del centrodestra, non si può non rimarcare una loro inaspettata e lenta risurrezione. Berlusconi, negli ultimi tempi filoeuropeista, e Matteo Salvini, in posizione completamente opposta, fino a qualche giorno fa sembravano infatti distantissimi. Ma le cose evidentemente si evolvono in fretta e la sconfitta di Le Pen in Francia potrebbe aver fatto cambiare idea alla Lega. Da queste votazioni, dunque, il centrodestra potrebbe trarre un’importante lezione. E potrebbe uscire rafforzato, unito e in grado addirittura di vincere. A patto – chiaramente – che Berlusconi (ormai non più candidabile) trovi un altro nome “forte” da spendere per le prossime politiche.
“Il centrodestra può vincere quando è unito, quando sa far prevalere le ragioni dell’alleanza e sceglie candidati credibili - ha commentato il leader di Forza Italia – il nostro modello di centrodestra ha ottenuto la fiducia di molti italiani e ne potrà attrarre molti altri in vista dei ballottaggi. Un centrodestra, quello voluto da Forza Italia, del fare contro la politica degli slogan”.
Anche Matteo Renzi, da queste amministrative, potrebbe trarre una utile lezione. Finora l’ex Presidente del Consiglio ha puntato soprattutto a conquistare il vuoto lasciato in libera uscita dai partiti di centro, cercando di raggranellare consensi nell’area moderata. Una strategia che però, a quanto pare, non sta funzionando: i moderati di area centrodestra non lo seguono. E il grande risveglio di Forza Italia oggi gli ha definitivamente confermato proprio quello che probabilmente più temeva: Berlusconi non è sostituibile come riferimento dei moderati.
Quello che gli resta da fare, dunque, è riappropriarsi della sua stessa area di provenienza, riallacciando rapporti con le frange più spezzettate del suo stesso partito e puntando a costruire un nuovo e inclusivo centrosinistra.
Di sicuro, i risultati delle amministrative e l’apparente flop del Movimento 5 Stelle potrebbero portare Renzi e Berlusconi a illudersi e a imprimere un’accelerazione verso le elezioni politiche anticipate. Da che mondo è mondo, però, la fretta e i facili entusiasmi non sono mai stati bravi consiglieri. I due principali attori della politica italiana dovrebbero invece spendere i mesi rimanenti fino alla chiusura naturale della legislatura per varare programmi di governo realizzabili, alleanze coese e omogenee e candidati credibili. Lo capiranno?