Tondo Doni, la Santa famiglia forte e virile
La liturgia ambrosiana celebra in questa domenica la Santa Famiglia. Uno dei dipinti più celebri è il Tondo Doni di Michelangelo, dove la forza della figura di Maria trova riscontro e corrispondenza nel gesto di Giuseppe che, sicuro e attento, accoglie Chi, entrambi, hanno di più caro.
Michelangelo Buonarroti, La Sacra Famiglia (Tondo Doni). Firenze, Galleria degli Uffizi
L’ultima domenica del mese di gennaio la chiesa ambrosiana celebra il mistero del Santo Rosario del ritrovamento di Gesù, fanciullo, tra i dottori del Tempio. E’ un mistero gaudioso, gioioso come la festa liturgica cui corrisponde: quella della Santa Famiglia.
Innumerevoli nella storia dell’arte sono le riproposizioni di questo soggetto. Esso compare molto frequentemente e sotto diverse spoglie. Non solo nella pittura devozionale ma anche in architettura; basti citare, fra tutte, la straordinaria basilica a Barcellona del catalano Antoni Gaudí “plasmatore della pietra, del laterizio e del ferro”.
Si è scelta, in questa sede, la versione offerta da Michelangelo Buonarroti, maestro, a discrezione di chi scrive, per antonomasia. Il Tondo Doni è l’unica opera pittorica, compiuta e su supporto mobile, documentata dell’artista. E’ conservata a Firenze, nella Galleria degli Uffizi, sala 35. Tecnicamente è una tempera grassa su una tavola di 120 cm. di diametro, incastonata in una preziosa cornice di legno intarsiato, forse, e presumibilmente, disegnata dallo stesso Buonarroti.
Le potenzialità della forma circolare, tanto in voga nella Firenze del Rinascimento, erano già state, precedentemente, studiate e sperimentate dall’aretino in occasione della realizzazione di due rilievi marmorei, il Pitti e il Taddei, nei quali aveva raffigurato le effigi di Madre, Figlio e San Giovannino. Anche nel caso della trasposizione pittorica il gruppo immortalato mantiene un aspetto decisamente plastico. Michelangelo, del resto, sosteneva che la migliore pittura fosse quella che più si avvicinava alla scultura.
In questa versione, però, San Giuseppe sostituisce, in primo piano, il piccolo Battista che assiste, in ogni caso, alla scena da dietro un basso parapetto, simbolo del peccato originale. Le figure d’ignudi alle sue spalle, che tanto citano la scultura classica, alludono, invece, all’umanità pagana non ancora redenta dalla dottrina cristiana. Sullo sfondo s’intravvede un paesaggio composto da lago, prati e montagne sfumati in lontananza.
Colpisce la figura di Gesù il quale, invece di stare, canonicamente, in braccio a Sua Madre, passa dall’abbraccio materno a quello paterno. Il Bambino, però, non sembra perdere tempo e sfrutta l’occasione per giocare con i capelli della Sua Mamma. La virilità e la forza della figura di Maria, sul cui grembo giace, invece, il libro che Le profetizza la precoce morte del Figlio, trova riscontro e corrispondenza nel gesto di Giuseppe che, sicuro e attento, accoglie ciò, o meglio, Chi, entrambi hanno di più caro.
Il ricco mercante fiorentino Agnolo Doni commissionò a Michelangelo l’esecuzione del dipinto in occasione delle sue nozze con l’erede della potente e ricca famiglia Strozzi, Maddalena, nel 1504. Il dipinto, però, vista la presenza di San Giovanni, potrebbe risalire al battesimo della loro primogenita, celebrato qualche anno più tardi.
Ai posteri l’ardua sentenza.