Todde decaduta, Sardegna e Cinque Stelle in bilico
Ascolta la versione audio dell'articolo
Presunte irregolarità nelle spese elettorali contestate alla governatrice pentastellata. Dopo meno di un anno si apre la via a possibili nuove elezioni e a nuovi malumori nel centrosinistra, dove il Pd non se la passa male ma i suoi alleati sì.
Meno di un anno fa, nel febbraio 2024, Elly Schlein, commentando la vittoria di Alessandra Todde alle elezioni regionali sarde, esultò dicendo che «il vento sta cambiando» in favore del centrosinistra. Nei mesi successivi questa sensazione non si è avuta, anzi il centrodestra ha consolidato i suoi consensi nei sondaggi, nonostante una parziale risalita del Partito democratico. La ragione è molto semplice: il Pd non se la passa male, ma i suoi alleati sì, a cominciare dai moribondi pentastellati. Quindi il campo largo, ammesso che riesca a rimettere insieme i suoi cocci, non ha alcuna possibilità di vincere, almeno per ora.
A complicare le cose dalle parti del centrosinistra è arrivata, nei giorni scorsi, la dichiarazione di decadenza per la Todde da consigliere regionale sarda e quindi anche da governatrice. A pronunciarla il collegio di garanzia elettorale della Sardegna, organo della Corte d’appello cagliaritana che ha emesso un’ordinanza di ingiunzione in tal senso. Alla base della decisione alcune mancanze nei rendiconti delle spese elettorali. Il Consiglio regionale dovrà votare per validare la decadenza. La presidente ha già annunciato ricorso, assicurando che continuerà a svolgere regolarmente le sue funzioni di presidente, mentre le opposizioni chiedono di tornare al voto. Ovviamente l’assemblea regionale difficilmente voterà per validare la decadenza, visto che il centrosinistra ha la maggioranza.
Sono diversi i punti contestati dal collegio elettorale di garanzia che ha dichiarato decaduta la presidente della Sardegna Alessandra Todde. Tra questi presunte irregolarità nelle spese elettorali e la mancata nomina di un mandatario obbligatorio, ovvero colui che si occupa di gestire la raccolta fondi per il finanziamento della campagna e che deve essere incaricato dal candidato.
In particolare a non essere chiaro sarebbe il soggetto a cui afferiscono le spese – la singola candidata all'epoca o i candidati consiglieri del M5s (la Todde milita nelle fila pentastellate) – e in generale, ci sarebbero alcune irregolarità nei moduli di rendiconto legati alla campagna. Inoltre, non ci sarebbe riscontro del conto corrente necessario per assicurare la tracciabilità dei soldi spesi e raccolti durante la campagna. Non risulterebbero indicati, inoltre, i soggetti che hanno erogato i finanziamenti per la campagna, in particolare i due dai quali sarebbero partiti, rispettivamente 30mila e 8mila euro, per sostenere la candidata presidente.
Visto che, però, il Consiglio regionale si schiererà quasi sicuramente al fianco della Todde, che cosa potrebbe succedere? Secondo alcuni l’inchiesta potrebbe presto gonfiarsi e costringere la governatrice alle dimissioni. Non a caso è stata lei stessa a non escludere un’ipotesi del genere quando ha dichiarato in modo peraltro anche inelegante: «Io un lavoro ce l'ho, sono una imprenditrice e a fare questo mestiere sto perdendo dei gran soldi. Il che mi mette in una posizione di forza. Nel momento in cui le mie funzioni venissero meno e non fossi più in grado di portare a termine le cose per cui sono stata eletta vedrei cosa fare. Vengo dal privato, non devo per forza restare in politica».
Ma i malumori serpeggiano soprattutto nei partiti che l’hanno appoggiata. Tra i Cinque Stelle prevale la disperazione, visto che la Todde è l’unica governatrice grillina e, in caso di sua decadenza, ben difficilmente il nuovo candidato sarebbe dei Cinque Stelle. In casa dem, invece, non si nasconde la delusione per la “sciatteria” dimostrata dai pentastellati, che non si erano neppure preoccupati di nominare un mandatario elettorale per la candidata presidente della Regione. Dal Pd tengono a distinguersi e a precisare che «il Nazareno prevede protocolli rigidissimi per le candidature, anche perché sono gestiti da personale esperto in grado di muoversi con abilità tra cavilli e insidie». Una frase chiara per denunciare l’inesperienza dimostrata dal M5s in questa vicenda che ha davvero dell’incredibile e che smaschera comportamenti a dir poco dilettanteschi, se saranno confermati.
Ora il problema più urgente per la Sardegna è avere un governo regionale nel pieno delle sue funzioni. La Todde ha già chiesto la sospensiva del provvedimento di decadenza, perché in questo modo potrebbe andare avanti nella sua attività di presidente della Regione e quindi gli effetti dell’ordinanza di decadenza risulterebbero congelati. Sicuramente sta per partire una battaglia a colpi di carte bollate e la Todde presenterà uno o più ricorsi al tribunale ordinario e a quello amministrativo.
Situazione ingarbugliata, dunque, dagli esiti imprevedibili. Si tratta, però, di una spada di Damocle che pende sia sul destino della Regione Sardegna che su quello dell’alleanza di centrosinistra.
Alessandra Todde ha vinto le elezioni regionali in Sardegna nel febbraio scorso, superando il candidato del centrodestra Paolo Truzzu ex sindaco di Cagliari, di Fratelli d’Italia. Il risultato sorprese molti osservatori. La candidata del centrosinistra prevalse con uno scarto di pochi decimi di punto, poche migliaia di voti. Dietro c'era la sua forza di candidata, il successo della coalizione tra Pd e Movimento 5 stelle, ma anche gli errori e le divisioni della coalizione di maggioranza e l'eredità negativa del governo Solinas. Peraltro l’ex governatore Christian Solinas, intervenendo sulla questione della decadenza di Todde, parla di caos senza precedenti, invoca elezioni anticipate e dichiara che «si sgretola definitivamente la narrazione autoreferenziale dell'asserito primato della competenza, delle capacità e della legalità della presidente e del M5s rispetto agli altri partiti».
Molti giuristi sostengono che non sia sanabile questa violazione delle norme elettorali e che la via delle elezioni anticipate sia a questo punto inevitabile. Ovviamente la Todde cercherà di resistere, così come la pattuglia di suoi consiglieri fedelissimi, che rischierebbero di non essere rieletti in caso di ritorno anticipato alle urne. Da questo punto di vista l’istinto di autoconservazione della classe politica prevale sempre e comunque sulle ragioni della legalità e del buon governo, calpestando senza remore la dignità dei cittadini sardi.
Grillo saluta: i 5 Stelle restano il partitino di Conte
L’assemblea pentastellata ha confermato l’esito della prima votazione, cioè il superamento della figura del Garante e quindi l’eliminazione di Beppe Grillo che saluta. Il Movimento delle origini non esiste più ed è rimasto solo il partitino di Conte, ancora speranzoso di tornare a Palazzo Chigi, magari nuovamente senza investitura popolare.
Grillini senza Grillo. Conte caccia il fondatore dal Movimento 5 Stelle
L'assemblea costituente del M5S consacra Giuseppe Conte e cancella il ruolo di "garante" che finora era di Beppe Grillo. Fine dell'antipolitica grillina: senza più il vincolo dei due mandati, il M5S diventa un partito tradizionale.
La Sardegna a sinistra, un voto che indebolisce la Meloni
Fratelli d’Italia voleva imporre un suo candidato al posto del leghista Solinas: una sconfessione di fatto dell'operato del governatore uscente che, però, equivale a farsi bocciare dagli elettori.