The times are changing anche per te, vecchio Bob
Bob Dylan rifiuta di ritirare il Nobel. Per demitizzare la sua figura, è convinta Repubblica. No, niente di più conformista. E' il teorema Moretti: "Mi si nota di più...?". Il menestrello pretende ancora di passare per campione di libertà, quando semmai è ostaggio del suo stesso, ricchissimo, personaggio.
Sopravviveremo anche agli impegni del signor Robert Zimmermann, il quale ieri ha sconvolto il mondo annunciando che pur accettando il premio Nobel non andrà però a ritirarlo. Perché ha altre occupazioni, dice il menestrello che da mezzo secolo si fa chiamare Bob Dylan e ha così in schifo il suo lavoro da storpiare con ghirigori irritanti le sue canzoni, ma si vede che non schifa i 900 mila euro che la blasonata cornice di Stoccolma gli concede come premio per la sua produzione artistica.
Al fondo di tutto verrebbe anche da opporre il più classico dei chissenefrega, però è un giorno intero che i giornali ci fanno sentire in colpa per l’assenza di Dylan dalla cerimonia di consegna del premio che un senso di angoscia di assale. La notizia del rifiuto insolito del menestrello è stata in cima ai siti per un bel po’ d’ore, sicuramente molto di più dell’assalto bianconero a Donnarumma, che andrebbe invece denunciato come attacco di stato estero a patrimonio Unesco, quindi vediamo di capirci qualcosa.
Il cantastorie se l’è tirata peggio di un Sartre, che a suo tempo rifiutò il premio perché non voleva conformarsi al sistema che combatteva e bla bla bla….No. Dylan, dopo essersi fatto desiderare ha fatto sapere di accettare il premio, ergo i copiosi danè, ma ha detto che non andrà a ritirarlo perché già impegnato.
Ora, capiamo che se si trattasse di una radiografia all’anca, con i tempi che corrono nella sanità, è bene non perdere la priorità acquisita. Ma altre motivazioni più cogenti non ce ne vengono in mente. Oltre a quelle, già escluse dall’Accademia, cioè le cause di forza maggiore, come la malattia o, che so, la prigionia.
Per la verità l’autore di Blowing in the wind un po’ prigioniero lo è. Ma del suo personaggio. Che deve essere contro il sistema nel nome della libertà e del "faccio quel che mi pare". Anche evidentemente di sputazzare a 4 frac imbellettati svedesi che gli stanno cacciando 900 mila euro in tasca. Sembra di rileggere il Qoèlet. C'è forse qualcosa di cui si possa dire: “Guarda, questa è una novità”. No, infatti quella che ieri Gino Castaldo su Repubblica definiva una notizia sorprendente in linea con il personaggio che vuole demolire il suo mito, in realtà altro non è che un banalissimo e sofisticatissimo metodo di mitizzazione della propria persona, quasi costruito a tavolino.
Non serve scomodare i Salinger del passato, basta guardare Nanni Moretti: “Mi si nota di più se vado o se non vado? O se arrivo in ritardo e faccio il grande ingresso”. Ecco, il mese che Zimmermann si è concesso lasciandoci tutti a bocca aperta in attesa del responso, in realtà era un annoiato e snobistico sfogliare la margherita in vista del grande rifiuto.
Compiuto il quale, adesso tutti dobbiamo rincorrere la geniale trovata del menestrello. Sai che genio, non c’è niente di più conformista che continuare a cantare che i tempi stanno cambiando quando il tuo portafoglio è pieno e hai costruito tutto un successo sul ripiegamento dalla fama che invece ti serve, eccome, per continuare ad esistere.
Forse sarebbe meglio smettere di far finta di vergognarsi del proprio lavoro, perché poi quelli di Repubblica ci cascano come pere cotte, ricordando che, sempre il Qoelet, “che un uomo mangi, beva e goda del suo lavoro è un dono di Dio”. Quindi caro Dylan, si goda i suoi soldi e quel che le resta pensando ad altro e si ricordi che il suo nome è Robert Zimmermann e che il suo anticonformismo che oggi tutti esaltano, si è trasformato in copione con tanto di copyright e royalties.
Quanto dovete ancora ammorbarci con il mito frusto dell’artista maledetto che infatua le masse con la sua finta ribellione al sistema? Certi eventi della cronaca recente sembrano dirci che il tempo è scaduto, le illusioni di un mondo che volevate libero da qualunque costrizione, anche la realtà, sono finite. E già che ci siamo, visto che siamo in tema, un monito: the times are changing anche per te, vecchio Bob.