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LA CAMPAGNA PRO SLA

Teste mozzate e teste bagnate: chi ci salverà?

La campagna «Ice Bucket Challenge», nata per raccogliere fondi a favore della ricerca sulla Sla, si sta trasformando in qualcosa di diverso e di più inquietante. Sotto le docce gelate, forse, si nasconde l'incapacità e la debolezza di una società incapace di valori forti.

Politica 26_08_2014
Secchiate d'acqua gelida in testa per raccogliere fondi per la ricerca sulla Sla

Il destino, di solito cinico e baro, qualche volta è anche tragicamente beffardo. É stato il caso dell’inventore (o uno degli inventori) dell’ultimo tormentone estivo: la doccia fredda a scopo benefico, detta, nella lingua globale (l’americano, che somiglia all’inglese quanto il linguaggio di Cicerone somigliava a quello della Suburra), «Ice Bucket Challenge», letteralmente «sfida del secchio gelato». Come avrete visto nei tg e letto sulla Bussola, consiste nel versarsi addosso o farsi scaricare in testa una secchiata d’acqua, meglio se si è vestiti di tutto punto. Questo, chissà perché, dovrebbe “sensibilizzare” la gente sul problema della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), detta anche Morbo di Lou Gehrig o di Charcot o dei motoneuroni. É una terribile malattia che paralizza progressivamente il corpo e a tutt’oggi non ha rimedio. 

Gli ideatori, americani, tanto per cambiare, della campagna benefica a secchiate hanno realizzato un video selfie e l’hanno postato su Youtube, raccogliendo un bel po’ di soldi. L’iniziativa goliardica era partita due anni fa dagli amici di tal Peter Frates, americano, un trentenne che si era ammalato di Sla. Si vede uno che, dopo essersi tirato una secchiata d’acqua in capo, invita il prossimo a imitarlo, fare offerte pecuniarie alla ricerca sulla Sla e diffondere la cosa. Ma chi d’acqua ferisce d’acqua perisce, è il caso di dire. Infatti, il 16 agosto l’iniziatore della campagna a colpi di autogavettoni è morto annegato. A Nantucket, nel Massachussetts. Si chiamava Corey Griffin, aveva ventisette anni e si era tuffato in mare di notte. Dice il Boston Globe che un testimone l’ha visto riaffiorare ma poi tornare sotto e non più riemergere. Si potrebbe pensare alla famosa “maledizione dei ventisette anni”, ma questa colpisce solo le rockstar (Amy Winehouse, Kurt Cobain, Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin) e si tratta di suicidio oneshot (tipo fucilata autoinflitta) o “a rate” tramite overdose. É pur vero che anche il Griffin aveva finito per far parte del mondo dello spettacolo, data la diffusione planetaria della sua “sfida” a mezzo video. Boh. 

Sia come sia, qualcuno si è giustamente chiesto se innaffiarsi d’acqua in diretta sia un modo serio di raccogliere fondi a favore della ricerca medica. Il metodo di Griffin, in effetti, ha funzionato, perché il poveretto, solo il giorno prima di annegare, aveva raggranellato ben centomila dollari di offerte. Vabbe’, ennesima americanata. Tuttavia, quando vedi il premier e una fetta di governo italiano contagiati dall’ennesima americanata, ti vien da pensare alla corte di Bisanzio che dibatteva sul sesso degli angeli mentre l’islam premeva alle porte. É vero, è una leggenda, ma almeno –ti dici- i capi bizantini discutevano di raffinata teologia, questi qua si tirano secchiate in testa. E il pericolo islamico è il medesimo. L’islam radicale sta riempiendo il vuoto lasciato dal marxismo. É un’ideologia totalitaria e, come quello, dice chiaro e tondo di voler conquistare il mondo. Come quello, non tiene in alcun conto la vita umana. E, di nuovo, l’Occidente libero è minacciato da un nemico senza scrupoli che non conta i propri caduti. 

Di nuovo i giovani occidentali irrequieti si ritrovano tentati da una sirena ideologica. E i media fanno la conta di quanti sono quelli tra loro che sono partiti per arruolarsi nel jihad. I “modelli” offerti dall’Occidente –che so, Vasco Rossi o un attore Lgbt- non li attirano e preferiscono il mujahid. Ma solo perché è quest’ultimo, oggi, a somigliare al modello ideale del combattente per una causa. Il cristianesimo, demolito e pure autodemolito da chi lo ha ridotto a sentimentalismo buonista, non ha più appeal. E anche sul piano psicologico l’odio è più facile dell’amore: il primo va contro gli altri, il secondo ti costringe a vincere te stesso. Video contro video: l’avanzante Califfato diffonde le altrui teste mozze, l’America obamiana le proprie teste bagnate. Si ha veramente l’impressione che, all’Occidente dominato dai sessantottini cristofobici, è come se quel Cristo cacciato dalla scena abbia detto: il mio giogo leggero e soave vi è sembrato troppo pesante? Ok, beccatevi allora quello di Maometto. I più anziani tra noi ricordano l’ostinazione con cui molti intellettuali parlavano delle Brigate “sedicenti” Rosse e, quando non fu più possibile negarne il colore, fu lanciato lo slogan «meglio rossi che morti». 

La storia si sta ripetendo: si comincia con l’autoillusione («l’islam religione di pace») e si finisce con «meglio islamici che morti». Questione di tempo. Anche questo, di nuovo, sarà un problema tutto europeo. Agli americani, tanto, che gli frega? I loro immigrati sono tutti sudamericani e messicani, dunque cristiani. Come dice il politologo Edward Luttwak, José Martinez entra negli Usa sognando di diventare Joe Martin e, se non lo fa, viene rispedito a calci a casa. Da noi Ahmed, musulmano, non ha alcuna intenzione di diventare Amedeo, e pretende di avere cibo halal alla mensa pubblica. Sa bene che noi, cattocomunisti, lo accontentiamo scusandoci dell’eventuale ritardo.