«Terra, casa, lavoro e libertà d'educazione per tutti»
Dopo Washington, papa Francesco è a New York all'assemblea delle Nazioni Unite. Lavoro, terra, una casa e la libertà di educazione: questo il Papa chiede per rispettare e applicare la Carta delle Nazioni Unite con trasparenza e sincerità.
- I VALORI DIVERSI DI PAPA FRANCESCO, di Riccardo Cascioli
La terza giornata di Papa Francesco negli Stati Uniti, 25 settembre 2015, è stata dedicata a New York. Si era aperta nella serata del 24 con l’incontro con il clero, i religiosi e le religiose nella cattedrale di Saint Patrick e ha avuto come momento centrale la visita alle Nazioni Unite, seguita dall’incontro interreligioso a Ground Zero. Nella nottata italiana, si conclude con la visita a una scuola di immigrati a Harlem e la Messa al Madison Square Garden. Il Papa ha ricordato ancora l’ambiente e i poveri, ma ha sottolineato con particolare enfasi la libertà di educazione, oggi spesso minacciata e negata, e che è strettamente collegata alla libertà religiosa e ai diritti delle famiglie, minacciati dalle «colonizzazioni ideologiche» e dai «falsi diritti». E ha chiesto un «esame di coscienza» sui cristiani e le altre minoranze perseguitate in Medio Oriente e sul problema, ancora troppo sottovalutato, della droga.
Già nell’incontro a Saint Patrick ha evocato due santi americani che sibatterono per i diritti delle scuole cattoliche: «santa Elisabetta Anna Seton, che fondò la prima scuola cattolica gratuita per ragazze in America», e «san Giovanni Neumann, fondatore del primo sistema di educazione cattolica in questo Paese». Francesco non ha mancato di fare cenno al problema della pedofilia, confessando la sua «vergogna a causa di tanti fratelli che hanno ferito e scandalizzato la Chiesa nei suoi figli più indifesi» e ha manifestato il suo affetto alle religiose americane, divise e con molti problemi ma spesso «in prima linea nell’annuncio del Vangelo». Ha però anche richiamato le religiose, i religiosi e i sacerdoti a non perdere lo «spirito di gratitudine» e lo «spirito di laboriosità». Un consacrato dovrebbe sempre essere grato a Dio per averlo chiamato, e dovrebbe fare di questa gratitudine l’asse centrale della sua vita. «La gioia di uomini e donne che amano Dio attrae altri ad essi; sacerdoti e consacrati chiamati a trovare e irradiare una permanente soddisfazione per la loro chiamata. La gioia sgorga da un cuore grato. È vero: abbiamo ricevuto molto, tante grazie, tante benedizioni, e ce ne rallegriamo. Ci farà bene ripercorrere la nostra vita con la grazia della memoria».
Dalla gratitudine sgorga la laboriosità apostolica. «Un cuore grato è spontaneamente sospinto a servire il Signore e a intraprendere uno stile di vita operoso». La vera laboriosità ha due nemici. Il primo è la «spiritualità mondana», che induce a «misurare il valore dei nostri sforzi apostolici dal criterio dell’efficienza, della funzionalità e del successo esterno che governa il mondo degli affari». «Non che queste cose non siano importanti! – ha detto il Papa –. Ci è stata affidata una grande responsabilità e giustamente il Popolo di Dio si aspetta delle verifiche». Ma «il vero valore del nostro apostolato viene misurato dal valore che esso ha agli occhi di Dio». La croce di Gesù «ci mostra un modo diverso nel misurare il successo: a noi spetta seminare, e Dio vede i frutti delle nostre fatiche». Il secondo pericolo è quello del sacerdote e del religioso che difende il suo diritto al tempo libero come se fosse un lavoratore qualunque e pensa che «circondarci di confort mondani ci aiuterà a servire meglio». Così «pian piano ma sicuramente diminuisce il nostro spirito di sacrificio, il nostro spirito di rinuncia e di laboriosità. E pure allontana la gente che sta soffrendo per la povertà materiale ed è costretta a fare sacrifici più grandi dei nostri, senza essere consacrati». Certo, «il riposo è una necessità, come lo sono i momenti di tempo libero e di ricarica personale, ma dobbiamo imparare come riposare in maniera che approfondisca il nostro desiderio di servire in modo generoso».
C’era molta attesa per il discorso del Papa alle Nazioni Unite. Come fa spesso, Francesco ha ricordato i suoi predecessori che hanno parlato al Palazzo di Vetro: il beato Paolo VI nel 1965, san Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995, Benedetto XVI nel 2008. Ha citato due volte Benedetto XVI, per mostrare che le preoccupazioni per l’ambiente erano già presenti in Papa Ratzinger e per riaffermare il primato del diritto naturale sul diritto positivo, anche internazionale. Le Nazioni Unite, ha detto il Papa, sono nate dalla constatazione che il potere, nelle mani di «ideologie nazionalistiche o falsamente universalistiche, è capace di produrre tremende atrocità». Dopo la Seconda Guerra Mondiale, «la codificazione e lo sviluppo del diritto internazionale, la costruzione della normativa internazionale dei diritti umani, il perfezionamento del diritto umanitario» sono stati visti come il rimedio per «contrastare l’oscurità del disordine causato dalle ambizioni incontrollate e dagli egoismi collettivi». Nonostante i risultati conseguiti, sono però «ancora molti i gravi problemi non risolti». Con un accenno non troppo velato al problema del Consiglio di Sicurezza, dove pochi Paesi ancora possono esercitare il diritto di veto, il Pontefice ha chiesto riforme che possano «concedere a tutti i Paesi, senza eccezione, una partecipazione e un’incidenza reale ed equa nelle decisioni. Questa necessità di una maggiore equità, vale in special modo per gli organi con effettiva capacità esecutiva, quali il Consiglio di Sicurezza, gli Organismi finanziari e i gruppi o meccanismi specificamente creati per affrontare le crisi economiche».
Francesco ha ricordato che «la limitazione del potere è un’idea implicita nel concetto di diritto. Dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali. La distribuzione di fatto del potere (politico, economico, militare, tecnologico, ecc.) tra una pluralità di soggetti e la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere». «Oggi il panorama mondiale ci presenta, tuttavia, molti falsi diritti», ha aggiunto il Pontefice, riprendendo un tema già sottolineato da Benedetto XVI.
Papa Francesco ha a cuore «le parti fragili della realtà»: l’ambiente e gli esclusi. Ha affermato che «esiste un vero “diritto dell’ambiente”», il quale «comporta limiti etici che l’azione umana deve riconoscere e rispettare». «Qualsiasi danno all’ambiente (…) è un danno all’umanità» e «ciascuna creatura, specialmente gli esseri viventi, ha un valore in sé stessa, di esistenza, di vita, di bellezza e di interdipendenza con le altre creature». «L’abuso e la distruzione dell’ambiente, allo stesso tempo, sono associati ad un inarrestabile processo di esclusione». Gli stessi gruppi, spinti da «una brama egoistica e illimitata di potere», non si curano dell’ambiente e «scartano» i più deboli. «I più poveri sono quelli che soffrono maggiormente questi attentati per un triplice, grave motivo: sono scartati dalla società, sono nel medesimo tempo obbligati a vivere di scarti e devono ingiustamente soffrire le conseguenze dell’abuso dell’ambiente. Questi fenomeni costituiscono oggi la tanto diffusa e incoscientemente consolidata “cultura dello scarto”».
Non è questione di parole, ma di giustizia. «Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi», ha ricordato il Papa: «la giustizia è la volontà perpetua e costante di riconoscere a ciascuno il suo diritto». In concreto, le Nazioni Unite devono combattere «tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato». Attenzione, però. Troppo spesso gli organismi internazionali si limitano a «un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze» e si limitano «all’esercizio burocratico di redigere lunghe enumerazioni di buoni propositi – mete, obiettivi e indicazioni statistiche», che in concreto lasciano i problemi come sono. Francesco ha voluto ricordare che la giustizia, cioè il rispetto del diritto di ciascuno, «si assicura in primo luogo rispettando e rafforzando il diritto primario della famiglia a educare e il diritto delle Chiese e delle aggregazioni sociali a sostenere e collaborare con le famiglie nell’educazione delle loro figlie e dei loro figli». Agende e documenti lasciano il tempo che trovano se non è garantita «la libertà di spirito, che comprende la libertà religiosa, il diritto all’educazione e tutti gli altri diritti civili». Questi «pilastri dello sviluppo umano integrale hanno un fondamento comune, che è il diritto alla vita, e, in senso ancora più ampio, quello che potremmo chiamare il diritto all’esistenza della stessa natura umana». Il Papa denuncia la «crisi ecologica» e «le nefaste conseguenze di un irresponsabile malgoverno dell’economia mondiale, guidato unicamente dall’ambizione di guadagno e di potere», ma afferma, citando ancora Benedetto XVI, che questi mali si combattono con «una severa riflessione sull’uomo». «L’uomo non si crea da solo. È spirito e volontà, però anche natura». Non bastano le soluzioni tecniche. Occorre, dietro il diritto internazionale, «il riconoscimento di una legge morale inscritta nella stessa natura umana, che comprende la distinzione naturale tra uomo e donna e il rispetto assoluto della vita in tutte le sue fasi e dimensioni».
La legge morale naturale è anche il più sicuro presidio contro le guerre. «Senza il riconoscimento di alcuni limiti etici naturali insormontabili» gli appelli alla pace rischiano «di diventare un miraggio irraggiungibile o, peggio ancora, parole vuote che servono come scusa per qualsiasi abuso e corruzione, o per promuovere una colonizzazione ideologica mediante l’imposizione di modelli e stili di vita anomali estranei all’identità dei popoli e, in ultima analisi, irresponsabili». Francesco ha condannato ancora «la proliferazione delle armi», si è rallegrato dei risultati raggiunti dai negoziati sul nucleare, che attendono però – ha detto – la prova dei fatti, e ha ricordato che esistono «gravi prove delle conseguenze negative di interventi politici e militari non coordinati tra i membri della comunità internazionale». E ha continuato: «Seppure desiderando di non avere la necessità di farlo, non posso non reiterare i miei ripetuti appelli in relazione alla dolorosa situazione di tutto il Medio Oriente, del Nord Africa e di altri Paesi africani, dove i cristiani, insieme ad altri gruppi culturali o etnici e anche con quella parte dei membri della religione maggioritaria che non vuole lasciarsi coinvolgere dall’odio e dalla pazzia, sono stati obbligati ad essere testimoni della distruzione dei loro luoghi di culto, del loro patrimonio culturale e religioso, delle loro case ed averi e sono stati posti nell’alternativa di fuggire o di pagare l’adesione al bene e alla pace con la loro stessa vita o con la schiavitù». Su queste persecuzioni, Francesco ha chiesto un «esame di coscienza» alle organizzazioni internazionali.
Ha citato anche «un altro tipo di conflittualità, non sempre così esplicitata ma che silenziosamente comporta la morte di milioni di persone. Un altro tipo di guerra che vivono molte delle nostre società con il fenomeno del narcotraffico. Una guerra “sopportata” e debolmente combattuta. Il narcotraffico per sua stessa natura si accompagna alla tratta delle persone, al riciclaggio di denaro, al traffico di armi, allo sfruttamento infantile e al altre forme di corruzione. Corruzione che è penetrata nei diversi livelli della vita sociale, politica, militare, artistica e religiosa, generando, in molti casi, una struttura parallela che mette in pericolo la credibilità delle nostre istituzioni». Francesco ha concluso, con un cenno anche all’aborto, invocando «il rispetto della sacralità di ciascuna vita umana, di ciascun uomo e di ciascuna donna; dei poveri, degli anziani, dei bambini, degli ammalati, dei non nati, dei disoccupati, degli abbandonati, di quelli che vengono giudicati scartabili perché li si considera nient’altro che numeri di questa o quella statistica». E ha invitato alla concordia politica con le parole del poema nazionale argentino, il «Martin Fierro»: «I fratelli siano uniti perché questa è la prima legge. Abbiano una vera unione in qualsiasi tempo, perché se litigano tra di loro li divoreranno quelli di fuori».
Il mondo ha bisogno di una pausa di riflessione, ha detto il Papa alle Nazioni Unite. Ed è andato a riflettere a Ground Zero, il luogo del dramma dell’11 settembre 2001. Lì ha affermato che «la vita è sempre destinata a trionfare sui profeti della distruzione, sulla morte, che il bene avrà sempre la meglio sul male, che la riconciliazione e l’unità vinceranno sull’odio e sulla divisione». L’11 settembre è stato il giorno del male e del crimine, ma anche dell’eroismo di chi ha dato la vita per salvare quella di altri. «Questo luogo di morte si trasforma anche in un luogo di vita, di vite salvate, un canto che ci porta ad affermare che la vita è sempre destinata a trionfare sui profeti della distruzione, sulla morte». Qui, ha detto Francesco, si è anche vista la «capacità di bontà eroica di cui è anche capace l’essere umano, la forza nascosta a cui sempre dobbiamo fare appello. Nel momento di maggior dolore, sofferenza, voi siete stati testimoni dei più grandi atti di dedizione e di aiuto. Mani tese, vite offerte. In una metropoli che può sembrare impersonale, anonima, di grandi solitudini, siete stati capaci di mostrare la potente solidarietà dell’aiuto reciproco, dell’amore e del sacrificio personale». Alla fine, l’immagine dell’11 settembre che più deve farci riflettere e dare speranza è quella dei «pompieri di New York [che] sono entrati nelle torri che stavano crollando senza fare tanta attenzione alla propria vita. Molti sono caduti in servizio e col loro sacrificio hanno salvato la vita di tanti altri».
- I VALORI DIVERSI DI PAPA FRANCESCO, di Riccardo Cascioli