Teoria di genere, il frutto del risentimento
Ha ragione papa Francesco nell'affermare che la teoria del genere mira non già a rispettare le diversità ma a cancellarle. È un meccanismo ben noto in psicologia, per cui si tende a distruggere l'ordine, la bellezza e l'armonia di ciò che non si è in grado di raggiungere.
Nell'udienza generale del 15 aprile, papa Francesco ha di nuovo denunciato la menzogna della teoria del gender, cogliendo un punto centrale ingenere sottovalutato. Ha detto infatti il Papa che tale teoria è «espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa». È l'opposto di quanto comunemente si fa passare nella nostra cultura, tanto che i programmi (dis)educativi proposti nelle scuole amano parlare di "educazione alla diversità". Invece, dice il Papa, il vero obiettivo è proprio la cancellazione delle diversità. Abbiamo chiesto a uno psicologo esperto del tema di spiegare questo punto.
La Rivoluzione può essere anche un fenomeno psicologico: il disprezzo, il desiderio di distruggere una norma che non si riesce (o si fa fatica) a seguire. Si tratta di un meccanismo psicologico descritto, circa duemila anni fa, da Fedro, nella favola intitolata "La volpe e l'uva":
«Spinta dalla fame una volpe tentava di cogliere, saltando con tutte le sue forze, l'uva su un'alta pergola. Come si avvide di non poterla raggiungere mentre si allontanava commentò: «Non è ancora matura, non voglio raccoglierla acerba».
Coloro che svalutano a parole quanto non sono in grado di fare devono applicare a se stessi questo esempio.
L'autore che ha espresso questo meccanismo in modo magistrale è senz'altro Scheler. Questo autore, rifacendosi a Nietzsche, chiama il processo descritto da Fedro «risentimento». Scheler situa l'origine del risentimento nell'invidia, il sentimento di chi vorrebbe avere il bene che un altro possiede. L'invidia può però degenerare, spingendo l'invidioso a negare che l'oggetto desiderato abbia quei pregi che riconosce come pregi (l'uva della favola di Fedro non è dolce, ma la dolcezza resta un pregio); ma una ulteriore degenerazione (quella che Scheler chiama «risentimento») porta l'invidioso a negare i valori stessi che non può avere (la dolcezza non è più considerata un pregio).
Il risentimento è un sentimento rivoluzionario, anzi: il sentimento rivoluzionario per antonomasia. Il risentito (un invidioso degenerato) nega l'ordine, l'armonia, la bellezza che non può raggiungere (o che pensa di non poter raggiungere); nega che siano pregevoli; desidera, anzi: brama la loro distruzione. L'odio rivoluzionario nei confronti della realtà può quindi essere la conseguenza di una invidia degenerata in risentimento: il proprio limite, la propria incapacità viene assurta a nuova norma. Viene respinta la virtù dalla quale ci si sente respinti; si rifiuta l'ordine dal quale ci si sente rifiutati; si giudica la norma dalla quale ci si sente giudicati.
Tutto questo vale anche per quel particolare aspetto del fenomeno rivoluzionario chiamato “ideologia di genere”. È opportuno notare come le femministe radicali (così come Money) avevano il loro interesse personale nell'abolizione dei generi. Le loro principali esponenti, infatti (Shulamite Firestone, Grace Atkinson, Anne Koedt, Monique Wittig, Gayle Rubin, Judith Butler...), hanno tutte dei seri problemi nel riconoscersi nel ruolo di genere femminile: hanno tutte, infatti, tendenze omosessuali.
Nella sua udienza di mercoledì 15 aprile scorso papa Francesco si è posto una domanda, a proposito dell'ideologia di genere: “[...] io mi domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”.
La risposta sembra essere positiva. Perlomeno, sembra che le principali teoriche dell'ideologia di genere abbiano abbracciato tale teoria per una personale difficoltà a confrontarsi con la differenza sessuale. Può essere, quindi, che la diffusione di tale ideologia (che nega una natura umana) sia frutto dell'attuale difficoltà dell'uomo occidentale contemporaneo a confrontarsi con un progetto. Un ottimo motivo, pare, per affermare (un po' infantilmente) che non esiste alcun progetto.
È ben triste, ma è così: l'ideologia di genere non è frutto di una ricerca per la verità, di un avanzamento del pensiero antropologico, di una passione per la conoscenza e il sapere. È, semplicemente, il frutto banale del risentimento.