Teologia del Corpo, il dono ignorato di papa Wojtyla
Ieri, nell'editoriale di risposta a Francesco D'Agostino, abbiamo affrontato il tema della differenza sessuale come verità teologica. È stato un tema molto caro a San Giovanni Paolo II, che infatti ci ha donato la sua Teologia del Corpo. In questo stralcio dal libro "Amore e sessualità" un'occasione di approfondimento del tema.
Ieri, nell'editoriale di risposta a Francesco D'Agostino, abbiamo affrontato il tema della differenza sessuale come verità teologica. È stato un tema molto caro a San Giovanni Paolo II, che infatti ci ha donato la sua Teologia del Corpo. Per approfondire il punto espresso nell'editoriale pubblichiamo uno stralcio da "Amore e sessualità", il Quaderno del Timone dedicato a questo insegnamento (purtroppo ignorato) del papa polacco, scritto da Roberto Marchesini, (clicca qui).
Dopo aver trattato il tema della verginità consacrata, Giovanni Paolo II torna ad occuparsi del matrimonio cristiano per giungere a quello che può essere considerato il culmine del suo insegnamento della Teologia del Corpo. Lo fa utilizzando un brano della lettera di san Paolo agli Efesini.
La Lettera agli Efesini comincia con una sintetica ma profondissima presentazione dell'oggetto della stessa: l'eterno piano della salvezza dell'uomo in Gesù Cristo. Questa introduzione (Eph 1, 3-10) è importante perché permette di inquadrare nell'ottica corretta tutto il contenuto della lettera.
Giovanni Paolo II mette in evidenza come il brano della lettera egli Efesini che descrive il rapporto tra i coniugi sia un testo classico in riferimento al sacramento del matrimonio. Egli si interroga dunque sul modo in cui questo brano sia connesso a questo sacramento.
In questo brano san Paolo descrive una metafora paragonando il rapporto tra i coniugi al rapporto tra Cristo e la Chiesa. Il parallelismo tra il marito – Cristo e la moglie – Chiesa caratterizza tutto il brano: “il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto”. Comprendendo il rapporto tra Cristo e la Chiesa si può dunque comprendere il rapporto tra il marito e la moglie.
Secondo il pontefice polacco, la chiave di volta del rapporto tra Cristo e la Chiesa è contenuta in questo versetto: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa”.
Svolgiamo questo pensiero:
- Cristo ha amato la Chiesa;
- per questo amore ha dato se stesso per lei donando il suo corpo ("Questo è il mio corpo che è dato per voi”, Lc 22, 19);
- attraverso il dono di sé ha reso la Chiesa una cosa sola con lui, come il capo è unito al corpo;
- in questo modo, Cristo ha reso santa la Chiesa.
Lo stesso si può dire del rapporto tra gli sposi secondo il piano divino:
- il marito ama la propria moglie;
- il marito dona se stesso alla propria moglie donandole il proprio corpo;
- attraverso il dono di sé l'uomo e la donna diventano un solo corpo (“i due saranno una sola carne” Gn 2, 24);
- in questo modo gli sposi si santificano, diventando perfetta immagine di Dio.
In questo modo, secondo il Papa, San Paolo svela il piano divino per la salvezza dell'uomo; ed è una salvezza che passa attraverso il dono reciproco di sé nel rapporto sessuale. Dopo una lunga preparazione, Giovanni Paolo II ci svela il nocciolo della sua Teologia del Corpo: l'unione sponsale è lo strumento della reciproca santificazione dell'uomo e della donna.
A questo punto è anche possibile capire perché Giovanni Paolo II abbia chiamato il suo insegnamento sull'amore e la sessualità umana “Teologia del Corpo”. Con questa espressione, apparentemente paradossale, Giovanni Paolo II indica un discorso su Dio – e abbiamo visto di quale profondità – a partire dal corpo umano: il corpo umano ci parla di Dio, e del suo amore infinito per l'uomo che proprio attraverso il corpo dell'uomo si realizza.
Il pontefice polacco, tuttavia, non si ferma qui. E ci svela altri aspetti del meraviglioso piano di salvezza che Dio ha preparato per noi.
San Paolo, nel suo classico brano sul rapporto tra gli sposi, esclama: “Questo mistero è grande”.
La parola greca “mystèrion” indicava anticamente il piano segreto di Dio; in seguito si è cominciato ad utilizzare questa parola per intendere gli eventi storici mediante i quali si manifesta la volontà divina di salvare l'uomo. Nel III secolo, probabilmente per prendere le distanze dai riti misterici pagani, la parola “mystèrion” è stata sostituita con il termine latino “sacramentum”, che indicava il giuramento militare prestato dai legionari romani. Poiché il sacramentum indicava una nuova forma di vita, l'impegno senza riserva e il servizio fedele fino alla morte, questa parola fu trovata particolarmente adatta per indicare il Battesimo, la Cresima e l'Eucarestia. In seguito la parola “sacramento” è stata usata per indicare le sette fonti della grazia, quelli che noi conosciamo come i sette sacramenti. Dunque, mentre l'uso contemporaneo della parola “sacramento” fa riferimento al segno visibile ed efficace della grazia, il termine originario indicava la realizzazione dell'eterno piano divino relativo alla salvezza dell'umanità. Per questo la costituzione conciliare Lumen Gentium afferma che la Chiesa è “sacramento universale della salvezza”.
Dunque - per quanto abbiamo imparato dalle precedenti catechesi di Giovanni Paolo II - il matrimonio è sacramento in entrambi i sensi: non solo esso è una delle sette fonti della grazia; ma esso è anche la manifestazione del piano divino per la redenzione dell'umanità.
Non solo il matrimonio è il sacramento più antico, poiché Cristo lo ha elevato prima di tutti gli altri a segno efficace e visibile della grazia; ma esso è anche, nel senso originario del termine, il sacramento primordiale, poiché il matrimonio – per quanto abbiamo visto - è il nocciolo della creazione, e la creazione dell'uomo è sacramento - nel senso più ampio - in quanto è la manifestazione forse più limpida del piano divino per la salvezza umana.
Per questo motivo Giovanni Paolo II ha definito il matrimonio come il “sacramento primordiale”, ed è per questo che, secondo il pontefice, san Paolo l'ha definito un “mistero grande”, inteso come un “sacramento grande”.
Giovanni Paolo II osserva poi che il matrimonio come sacramento si realizza in due momenti: un primo momento è quello delle promesse matrimoniali (“Prendo te come mia/o sposa/o e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”), il secondo è quello della “consumazione”, nel quale gli sposi uniscono il loro corpo. Allo stesso modo, anche il matrimonio redentore di Cristo con la Chiesa si è svolto in due momenti: Gesù ha offerto il suo corpo sacramentalmente nell'ultima cena, mentre la consumazione di questo dono è stata sul Calvario. È come se il sacramento avesse due linguaggi: quello delle parole e quello del corpo. Il linguaggio del corpo non è meno importante di quello delle parole, infatti se un matrimonio giuridicamente contratto non è stato consumato, esso non è costituito pienamente come sacramento. Il corpo esprime l'amore degli sposi quanto le parole, e gli sposi si parlano attraverso il corpo.
Secondo Giovanni Paolo II, uno splendido esempio di linguaggio del corpo è offerto dal Cantico dei Cantici: “Il «Cantico dei Cantici» si trova certamente sulla scia di quel sacramento, in cui, attraverso il «linguaggio del corpo» è costituito il segno visibile della partecipazione dell'uomo e della donna all'alleanza della grazia e dell'amore, offerta da Dio all'uomo. [...] Perfino un'analisi sommaria del testo del «Cantico dei Cantici» permette di sentire esprimersi in quel fascino reciproco il «linguaggio del corpo». Tanto il punto di partenza quanto il punto d'arrivo di questo fascino – reciproco stupore ed ammirazione – sono infatti la femminilità della sposa e la mascolinità dello sposo nell'esperienza diretta della loro visibilità. Le parole d'amore, pronunciate da entrambi, si concentrano dunque sul «corpo», non solo perché esso costituisce per se stesso sorgente di reciproco fascino, ma anche e soprattutto perché su di esso si sofferma direttamente e immediatamente quell'attenzione verso l'altra persona, verso l'altro «io» - femminile e maschile – che nell'interiore impulso del cuore genera l'amore".