ECONOMIA
Tassi tagliati, il coraggio di Draghi
Il nuovo governatore della Banca centrale europea inizia con una decisione a sorpresa che vuole dare fiducia a imprese e famiglie.
Attualità
07_11_2011
Per Mario Draghi il debutto al vertice della Banca centrale europea non è stato certamente tranquillo. Il drammatico aggravarsi dello scenario esterno in queste ultime settimane infatti ha reso ancora più difficile una missione già complessa come quella di pilotare la moneta unica europea.
Ma Draghi ha dato subito un’indicazione allo stesso tempo pragmatica e coraggiosa: ha abbassato di un quarto di punto, portandolo all’1,25%, il tasso di riferimento: quello che viene applicato dalla Banca centrale per i prestiti agli istituti di credito. La mossa era in gran parte inattesa: sia perché si riteneva che il nuovo governatore avrebbe voluto prendere confidenza con l’istituzione prima di adottare decisioni importanti, sia perché il taglio dei tassi nella situazione attuale si pone in diretta contrapposizione con la politica monetaria condotta fino al 31 ottobre da Jean Claude Trichet.
Con la riduzione dei tassi in pratica Draghi ha segnalato di ritenere più pericoloso per la stabilità dell’euro il rischio di crisi in cui si trova l’economia europea che il pericolo di ancora più forti rialzi dei prezzi nei prossimi mesi.
La riduzione dei tassi di interesse va interpretata soprattutto come una iniezione di fiducia e come una spinta agli investimenti rendendo meno costosi i prestiti per le imprese e i mutui per le famiglie. L’effetto positivo sui mutui esistenti a tasso variabile si potrà vedere già nella prossima rata: si tratterà mensilmente di pochi euro, indicativamente tra i 5 e i 20 a seconda della consistenza, della durata, della scadenza del mutuo stesso. Per esempio se una famiglia sta pagando le rate iniziali di un mutuo ventennale il beneficio sarà maggiore perché sulle rate iniziali vi è un forte peso degli interessi e una minore incidenza della restituzione del capitale.
Il beneficio in teoria si estende anche ai mutui che vengono stipulati ora. In teoria, perché su questo fronte gioca l’elemento nazionale. Dopo le difficoltà degli ultimi mesi e la crisi in cui è piombato il debito pubblico della Penisola infatti, l’euro italiano non è più lo stesso dell’euro tedesco: o meglio la moneta è certamente la stessa, ma chiedere un prestito in Italia costa a livello di interessi tre volte più caro che chiedere un prestito in Germania.
Quindi le banche italiane hanno ora maggiori difficoltà e maggiori oneri a fare provvista di capitali e si trovano nella condizione di aumentare i prezzi dei servizi che offrono, come la concessione di un prestito. Normalmente gli interessi applicati su di un mutuo a tasso variabile sono calcolati mensilmente in base a due elementi: l’euribor più lo spread. Mi spiego. L’euribor significa “EURo Inter Bank Offered Rate”, cioè il tasso interbancario che viene calcolato giornalmente sulla base dei contratti per le transazioni finanziarie tra le principali banche europee: è questo il tasso variabile che dà nome al mutuo. Ma per calcolare l’interesse che viene chiesto dalla banca bisogna aggiungere lo “spread”, cioè una quota aggiuntiva di interessi che rappresenta la commissione applicata dalla banca e che di solito resta fissa per tutta la durata del mutuo. Ebbene fino a qualche mese fa lo spread variava a seconda degli istituti e dei diversi tipi di mutuo dallo 0,75 al 3%. Ora gli spread sono saliti e vanno, in Italia, dal 2 al 4%. Ecco quindi che sui nuovi mutui il ribasso dei tasso di riferimento deciso dalla Bce sarà nella maggior parte dei casi più che assorbito dall’aumento degli spread decisi dalle banche italiane.
Questa dinamica tuttavia, come detto, vale solo per l’Italia (oltre che per la Grecia e, in misura inferiore, per la Spagna). Perché la situazione e le incognite politiche hanno fatto diventare a rischio un debito pubblico che è certamente grande, ma che in passato era sempre stato gestito con relativa tranquillità.
Per concludere, l’abbassamento dei tassi di interesse da parte delle Bce va indubbiamente preso come una scelta positiva per smuovere le economie nella direzione della fiducia e della crescita. Ma sarebbe necessario assecondare questa politica anche da parte delle politiche nazionali con interventi, per l’Italia ormai improrogabili, di progressiva riduzione del debito e di rilancio della crescita.