Tajani riceve il ministro siriano come se i massacri non esistessero
Il ministro degli Esteri Tajani riceve in pompa magna l'omologo siriano Asaad al Shaibani. Formule retoriche (governo inclusivo, ecc...) e molta diplomazia, mascherano il massacro in corso in Siria ai danni degli alawiti.

Martedì 18 marzo alle sette di sera, in un meeting annunciato solo poche ore prima, il Ministro degli esteri Tajani ha incontrato alla Farnesina l'omologo siriano Asaad al Shaibani, membro del gruppo jihadista Hayat Tahrir al Sham attualmente al potere in Siria.
Dopo l'incontro i due ministri hanno rilasciato una dichiarazione congiunta a favore di stampa, in realtà farina del sacco italiano, o meglio, europeo; il ministro siriano, evidentemente poco avvezzo agli ambienti istituzionali, è apparso decisamente spaesato. Nel suo discorso ha ricalcato pedissequamente le dichiarazioni del suo leader Ahmed Al Sharaa, che da quando ha preso il potere va ripetendo le parole che Al Shaibani ha fatto sue: «L’amministrazione siriana sta lavorando per formare un governo inclusivo che rappresenti la diversità della società civile».
«Sono lieto di avere Al Shaibani a Roma dopo la riunione che si è svolta a Bruxelles» ha dichiarato Tajani, a cui il ministro siriano ha assicurato che Damasco opererà «una transizione pacifica, non violenta e inclusiva» della cosa pubblica siriana. È imbarazzante notare come Tajani non si periti di ripetere letteralmente la terminologia usata dall'Ue per parlare di Siria; del resto, il nostro ministro ha aspettato a confermare la presenza di Al Shaibani a Roma solo al termine della conferenza di Bruxelles, dove il ministro siriano, ospite quantomeno ingombrante stanti i massacri di civili a firma Hts delle ultime settimane, è stato ricevuto con tutti gli onori.
Evidentemente Tajani ritiene che i suoi buoni uffici basteranno a trasformare i nipotini di Al Qaeda in una compagine istituzionale capace di guidare una democrazia moderna: «Ho espresso al ministro la mia preoccupazione in merito alla presenza dell’Isis e mi ha garantito l’impegno del suo governo contro il terrorismo», ha dichiarato ai giornalisti.
Ad onor del vero corre l'obbligo di ricordare al ministro Tajani le migliaia di vittime civili, appartenenti per lo più alle minoranze alawita e cristiana, che le milizie governative o filogovernative hanno provocato in Siria dieci giorni fa; e che il leader di Hayat Tahrir al Sham nonché auto proclamatosi presidente siriano al Sharaa ha appena prorogato la durata del “governo di transizione” da tre mesi a cinque anni ed ha firmato la nuova Costituzione siriana secondo cui la legge islamica, la shariah, è la fonte principale, se non unica, del diritto del Paese.
Lo stesso Al Shaibani ha dichiarato nel suo discorso alla conferenza di Bruxelles che «sotto il regime di Assad le minoranze religiose la facevano da padrone, ma noi non vogliamo assolutamente che questo si ripeta. Cinquantaquattro anni di dominio delle minoranze hanno portato alla diaspora quindici milioni di siriani». Per quanto sia arduo definire “dominio delle minoranze” il regime personalista della famiglia Assad, alawita e formalmente alleata delle minoranze ma dedita a perseguitare i propri oppositori senza guardare troppo per il sottile, il discorso è peraltro molto chiaro, e traccia il destino delle minoranze nella Siria attuale. Il problema della nuova Siria per Al Shaibani sono le minoranze religiose, il cui sterminio preventivo è infatti già iniziato.
Nonostante questi importanti segnali d'allarme «L’Italia è pronta a investire 50 milioni di euro per progetti in Siria», ha dichiarato Tajani, «ed è stata tra i primi Paesi a chiedere di sospendere le sanzioni», effettivamente già in parte sospese dalla Ue.
Per accogliere a braccia aperte le istanze di un governo appena nato e già pesantemente compromesso, la posta in gioco per la Ue e dunque per l'Italia dev'essere veramente alta. Abbiamo provato a rintracciare tra le righe di risoluzioni e comunicati i veri interessi in gioco che spingono il vecchio Continente a stendere tappeti rossi alla “nuova Siria”, chiudendo occhi e orecchie davanti ai gravi fatti in corso nel Paese.
Il 12 marzo il il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggiorana una risoluzione che impegna i Paesi membri ad aiutare la ricostruzione siriana. Come contropartita, la Ue non chiede a Damasco di porre fine ai massacri di civili, in quella data in pieno svolgimento, bensì “alle alleanze storiche con Teheran e Mosca“, al fine di azzerare le influenze di Iran e Russia sul Mediterraneo e tentare di prenderne il posto. Lo stesso Tajani ha rivelato ai giornalisti l'esistenza di «una strategia iraniana per destabilizzare la Siria», rispetto alla quale «noi vogliamo esattamente il contrario».
È ancora Tajani che ci fornisce un ulteriore indizio sui desiderata europei nei confronti della Siria, quando ha dichiarato che con Al Shaibani si è trovato d'accordo ad impegnarsi “contro l’immigrazione clandestina”, fenomeno di cui la Ue ha tardivamente preso coscienza e che sta cominciando a spaventare il vecchio Continente.
A livello economico, è indubbio che la ricostruzione siriana rappresenti un ghiotto boccone per l'Europa, soprattutto adesso che l'amministrazione Trump ha sospeso o ridimensionato gli aiuti americani al Paese. Il tutto, in palese violazione di ogni diritto umano.