Supereroi, mica superuomini
È da poco uscito nelle sale Ironman 3. Come lui, la lunga serie di supereori cinematografici dell'ultimo decennio ci mostrano una cosa: l'uomo è tale anche se ha incredibili poteri. La loro fragilità ci ricorda che, più che affidarci ai superuomini, forse è meglio affidarsi a Dio.
È appena uscito nelle sale cinematografiche il terzo capitolo delle avventure di Ironman, il supereroe tecnologico e futuristico che nella vita privata riveste il ruolo di Tony Stark, “multimiliardario, egocentrico, playboy e filantropo”. Il film piace se piace il genere, se – cioè – si è appassionati del filone fumettistico made in Marvel, se si apprezzano l'abbondanza di effetti speciali, esplosioni, vendette e minacce all'umanità. La pellicola – considerandola anche unitamente alle altre due parti della saga – ha dei pregi e qualche difetto, dato dal fatto che le scene d'azione sono a tratti roboanti.
La scelta del cast, specialmente per quanto riguarda l'attore che impersona Tony (Robert Downey jr), si conferma particolarmente azzeccata e, del resto, squadra che vince non si cambia; il malvagio di turno, poi, è un ottimo Ben Kingsley, come sempre impeccabile nelle sue interpretazioni da buono così come da cattivo. Accanto all'azione c'è spazio per l'amore e il romanticismo, così che tutti sono stati accontentati: gli uomini in sala si chiedevano se il Mandarino sarebbe stato, alla fine, sconfitto, mentre le signore speravano che Tony riuscisse ad abbracciare l'amata Pepper; c'è spazio per l'avventura e anche per l'introspezione psicologica, e non mancano le battute di spirito e i brillanti botta-risposta tra Tony e il fedele amico Rody. Non da ultimo – aspetto ben considerevole se consideriamo la media dei tempi che corrono – l'intera saga è abbastanza pulita nel linguaggio e anche nelle scene proposte, adattandosi ad un pubblico di quasi tutte le età.
Guardando alla trilogia intera, Ironman convince abbastanza: ci piace l'intelligenza di Tony, mirabilmente applicata alla fisica, alla meccanica, alla chimica e persino all'astrofisica; è la sua genialità a renderlo Ironman, non tanto i suoi muscoli. Ci piace vedere il playboy che si preoccupa della donna che ama; ci piace l'incurabile egocentrico che chiede aiuto all'amico; ci piace anche quando cerca solo la vendetta personale, dimenticandosi della giustizia e delle buone maniere, perché lo abbiamo visto rischiare la vita senza esitazione per salvare la terra da un attacco alieno. In questo terzo capitolo Tony deve affrontare anche il confronto con Ironman, con l'altra parte di se stesso, chiedendosi se è lui a dare vita all'armatura che indossa, o se è quest'ultima a tenerlo in vita. Tra tutti i supereroi targati Marvel, Ironman è – forse – quello più moderno.
Mai come in questi ultimi anni i supereroi hanno conquistato il cinema. Sebbene Spiderman e l'Uomo Pipistrello già negli anni '90 – e anche prima – avessero lasciato le pagine dei fumetti per il grande schermo, è con la saga degli X-Man e Wolverine, la trilogia di Batman e quella di Spiderman, le avventure di Ironman e i suoi compagni Vendicatori, Hulk, Capitan America e Thor, che i super poteri hanno fatto breccia nel mercato cinematografico: parliamo infatti di una quindicina di pellicole solo negli ultimo decennio. Sicuramente ricchi di situazioni così epiche da risultare iperboliche, contrassegnati da trame apocalittiche – in cui la Terra è di volta in volta minacciata dal peggior nemico possibile, dotato della più temibile arma immaginabile e determinato ad infliggere mali inverosimili all'umanità tutta –, abbondantemente farciti di effetti che, più che speciali, possiamo definire pirotecnici. Tuttavia, non per questo Ironman 3 può essere liquidato come un film superficiale.
Come qualcuno ha già osservato, è innanzitutto sintomatico il ritorno in voga di questi eroi (alcuni un po' dimenticati come Capitan America, o sottovalutati, come Hulk) proprio in un periodo di generalizzate incertezze sul futuro com'è quello attuale, in cui sono forse in molti quelli che sognerebbero il salvifico ritorno di questi eroi mascherati. Se i modelli socio-culturali proposti dallo spettacolo e dalla politica ci paiono insoddisfacenti ecco che ci ricordiamo di quelle figure integerrime, coraggiose e altruiste di cui leggevamo grandi e nobili gesta sui giornaletti per bambini. Senza voler farli apparire tutti come santi – che di certo non sono – possiamo credere che qualcosa di buono ce lo possano insegnare, Batman e compagni?
Innanzitutto la polarità tra bene e male: la coppia protagonista-antagonista ha il pregio di trasmettere, in modo chiaro ed immediato, il contrasto tra tenebre e luce. Evoluzione in chiave consumistica e commerciale degli eroi dell'epica antica, i protagonisti dei fumetti incarnano il buono e il bene per antonomasia, destinati a scontrarsi e a prevalere sul male. A metà tra angeli custodi, lontani ma attenti a salvaguardare l'umanità da se stessa (è il caso di Thor), ed eterni difensori della democrazia e della libertà (come Capitan America), tutti questi supereroi hanno ben chiaro cosa è bene e cosa è male, quale sia la scelta giusta e quale invece no: alla fine di mille avventure, il villain di turno è sconfitto e lo spettatore ha la rassicurante sensazione che la giustizia non sia relativa.
È particolarmente interessante, inoltre, guardare alla genesi di queste straordinarie personalità, cioè al come questi eroi siano diventati tali e perché abbiano acquisito poteri e grandi capacità. Quasi tutti – anche coloro che si ritrovano potenti per caso, come l'Uomo ragno – attraversano una fase di buio, in cui la strada è inizialmente smarrita e i poteri conseguiti rischiano di essere usati male. Per tutti, però, poi c'è la maturazione e la scelta di schierarsi coi buoni: Batman e Wolverine forgiano, ad esempio, la loro straordinaria forza con la disperazione, con la voglia sanguinaria di vedetta, per poi sacrificarsi e proteggere l'umanità prima tanto odiata. Mossi quasi da adamitica superbia, Capitan America e Wolwerine, ancora, non accettano la propria finitudine umana e si sottopongono a sperimentazioni scientifiche per superare limiti fisici e caratteriali; assaggiato il dolore e la solitudine, scendono in campo mettendosi a servizio dei più deboli. Alcuni di essi – ed è il caso di Ironman e Batman – scelgono di essere super, e diventano artefici della loro stessa potenza per decidere, solo poi, di usarla per contrastare il male.
Questo non equivale, però, ad affermare che questi paladini di giustizia siano immuni da tentazioni (alle quali rischia di cedere, ad esempio, Spiderman) e non cadano vittime di egocentriche manie di grandezza che – come accaduto ad Ironman e a Thor – paiono allontanarli, per un periodo, dall'incarico di proteggere la terra. Sono infatti supereroi grazie a particolari poteri, ma non certo dei superuomini: vengono costantemente messi alla prova dalla seduzione del potere, rischiando di cedere alla tentazione di usare le proprie straordinarie capacità per soli scopi personali. E forse, paradossalmente, è proprio questo che ci insegnano, ricordandoci di non credere ciecamente in loro, di diffidare dei superomismi o di troppo facili promesse di onnipotenza tutta terrena. Perché, dopotutto, sono solo dei fumetti e, come recita in una sua battuta Capitan America, «Esiste un Dio soltanto» ed è l'Unico davvero onnipotente.