Sulle unioni civili Alfano e Lupi han poco da brindare
I leader del Nuovo Centro Destra esultano per il successo ottenuto, ma un esame attento del maxiemendamento approvato dal Senato mostra con chiarezza che è stato approvato un vero e proprio matrimonio omosex, e anche sull'adozione il peircolo è tutt'altro che scontato. Anzi...
Il maxiemendamento sulle unioni civili approvato in Senato introduce sic et simpliciter il matrimonio same-sex, tuttavia non c'è da temere, perché Alfano e Lupi, entrambi uomini d'onore, ci dicono che hanno impedito la rivoluzione contro natura e brindano.
Alle coppie omosessuali unite civilmente sono riconosciuti gli stessi, identici diritti delle coppie eterosessuali unite in matrimonio (dal diritto al mantenimento alla pensione di reversibilità ecc). È vero che alle prime non verrà applicata la normativa sull'adozione, tuttavia, come precisa il testo normativo, "resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti", inciso che non era presente nel ddl Cirinnà. In altri termini non si mette nero su bianco che le coppie omo potranno adottare, ma implicitamente si finisce per legittimare la giurisprudenza “creativa”, ormai divenuta regola nei nostri tribunali. E comunque, dal momento che l’unione omosessuale è stata riconosciuta, ci penserà la Corte Europea per i Diritti dell'Uomo ad imporre allo Stato l’estensione del diritto all'adozione. La Corte di Strasburgo nella sentenza del 21 luglio 2015 da una parte ha affermato che l’Italia non aveva il dovere d'introdurre il matrimonio gay, dall’altra però ha avvertito che, ove vi fosse stato il riconoscimento di un istituto analogo, il nostro paese avrebbe dovuto riconoscere a detto istituto gli stessi diritti del matrimonio, compresa l’adozione per non incorrere in discriminazioni. Dunque, il problema adozione sì-adozione no, a questo punto è un falso problema, e dunque Alfano e Lupi, che sono uomini d'onore, oggi brindano.
Oltretutto il comma 1 dell’articolo 1 del maxi-emendamento richiama l’articolo 3 della Costituzione, secondo cui è discriminatorio trattare in maniera diversa situazioni uguali. E siccome oggettivamente l’unione civile ed il matrimonio sono la stessa cosa, l’esclusione del diritto di adottare (art.1 comma 20) troverà sicuramente vendetta anche davanti alla Corte Costituzionale che non potrà che decretarne l’illegittimità. Eppure Alfano e Lupi brindano.
Volere negare l’equiparazione dell’unione al matrimonio pare un attentato all'intelligenza umana: i commi 11 e 12 sono la copia precisa di norme del codice civile in materia di matrimonio. Più precisamente: il comma 11 dell’art. 143 (diritti e doveri reciproci dei coniugi, con la sola esclusione della fedeltà), il comma 12 dell’art. 144 (indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia). Nel comma 13, dopo la ritrascrizione degli articoli 159 (del regime patrimoniale della famiglia) e 163 (modifica delle convenzioni [matrimoniali]), si rimanda all'applicazione di tutte le disposizioni del codice civile in materia di regime patrimoniale della famiglia. Al comma 20 (che altro non è che l’art. 3 comma 4 del ddl Cirinnà) si afferma che "le disposizioni che si riferiscono al matrimonio … si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile". Sarà dunque forse per i troppi brindisi che Lupi ed Alfano riescono a scorgere le differenze capaci di avere scongiurato l'equiparazione con il matrimonio.
E tuttavia qualche differenza deve pur esserci fra unione civile e matrimonio. La prima, già ricordata, si riferisce al non obbligo di fedeltà che temiamo ponga in germe le basi per la prossima apertura alle relazioni poligamiche e poliamorose. La seconda riguarda il comma 10, secondo cui le parti dell'unione civile sono libere di scegliere, tra i loro cognomi, quello comune. Per le coppie unite in matrimonio invece trova applicazione l’articolo 143bis codice civile per cui è la moglie a dovere aggiungere al proprio, il cognome del marito.
A tal proposito è interessante ricordare che per la Corte Costituzionale (sentenza n. 61 del 2006), quella di cui all’art. 143bis codice civile, è una disciplina inadeguata perché retaggio di una concezione patriarcale della famiglia che discrimina la donna e che pertanto necessita di una soluzione legislativa. Oggi quella soluzione può tranquillamente essere individuata nel comma 20 citato, con la conseguenza che in futuro l’art. 143bis del codice civile potrebbe essere dichiarato incostituzionale e la previsione di scelta di cui al comma 20 potrebbe diventare una regola anche per le coppie unite in matrimonio. Insomma, differenze di lana caprina, "del tutto irrilevanti e che in parte lasciano spazio anche al sorriso", come giustamente ha sottolineato il dott. Gatto, giudice del tribunale di Bologna. Ma Alfano e Lupi sono uomini d'onore ed oggi brindano. Ma noi no, noi non brindiamo e colmi di sdegno ci ricorderemo.