Sulle Tracce di Maria: il Santuario di Valmala
In provincia di Cuneo, nel 1834, si verificano le apparizioni di una Madonna piangente, che anticipano di 12 anni gli avvenimenti di La Salette. Veggenti sono quattro ragazzine e un fanciullo...
Continuiamo la pubblicazione delle conversazioni (questo è il nono appuntamento) che Diego Manetti tiene ogni primo sabato del mese a Radio Maria, alla scoperta dei santuari più importanti dedicati alla Vergine.
Un caro saluto da parte di Diego Manetti a tutti voi, cari amici, e un ben ritrovati con “Sulle tracce di Maria”, appuntamento mensile che si propone di seguire – passo dopo passo – il cammino di Maria tra gli uomini, ripercorrendo alcune delle più importanti tracce che la Vergine ha lasciato nel mondo, ovvero i santuari a Lei dedicati, intesi come risposta umana all’iniziativa di Maria di rivolgersi all’umanità con apparizioni o messaggi in precisi momenti della storia.
La traccia mariana che questa volta andiamo a esaminare ci porta presso il Santuario di Valmala, in provincia di Cuneo, a circa 30 km da Saluzzo, in Valle Varaita. Qui, nella zona compresa tra Brossasco e Melle, ad appena 7 km dal piccolo centro abitato di Valmala, in Località Santuario, sorge l’edificio sacro intitolato a Maria Santissima Madre della Misericordia, posto a 1380 m. di altitudine. Mi sono recato in pellegrinaggio in questo santuario in più di una occasione, ma la prima volta sono stato indirizzato ad esso dal prezioso consiglio dell’amico fraterno p. Michele, frate cappuccino, originario della zona. Spinto dal desiderio di visitare quello che è il principale santuario della diocesi di Saluzzo, ho iniziato a raccogliere alcune informazioni e sono rimasto colpito in particolare dal fatto che il Santuario di Valmala viene da più parti indicato come la “La Salette italiana”, poiché in quella località montana del cuneese la Vergine sarebbe apparsa nel 1834 ad alcuni pastorelli presentandosi tra le lacrime, proprio come a La Salette.
Come ricorderete, cari amici, abbiamo già visto le vicende legate all’apparizione di La Salette (clicca qui): nel 1846 a due pastorelli, Melania e Massimino, la Vergine Maria apparve, tra le lacrime, in una località montana non distante da Gap – a La Salette, appunto - per consegnare loro un invito pressante alla penitenza e un richiamo urgente alla conversione, affinché l’umanità del tempo potesse ritrovare la via di Dio e sfuggire al giusto castigo divino. Per questo messaggio la devozione popolare riconobbe in quella apparizione una manifestazione di Maria quale Madre della Riconciliazione.
Bene, nel caso della “La Salette italiana”, ovvero di Valmala, l’apparizione presenta - come tra poco vedremo - diversi tratti in comune con quella che vide protagonisti Massimino e Melania dodici anni dopo, al punto che non pare azzardato pensare che Valmala, nel 1834, abbia costituito nel piano della Celeste Provvidenza una sorta di preparazione agli eventi di La Salette, occorsi nel 1846 a meno di 200 km di distanza dalla località montana cuneese di cui questa volta ci occupiamo.
Valmala e La Salette, dunque. Per questi motivi il desiderio di visitare il santuario si è fatto allora sempre più vivo in me. Era il 2009. All’inizio di maggio, consultando il sito internet del santuario (www.santuariovalmala.com) ho rintracciato il recapito telefonico del parroco di Rossana, don Paolo Gerardi, che ne è il rettore. Ho provato a chiamare, ma la segreteria telefonica della parrocchia rimandava a un recapito cellulare cui rivolgersi “per comunicazioni urgenti”. Urgente forse era un termine un po’ eccessivo per definire il mio caso, ma ho provato a chiamare… Il cellulare suona a vuoto per qualche istante, poi scatta nuovamente la segreteria telefonica. Non sapendo bene quale messaggio lasciare, ho chiuso la comunicazione, pensando che non solo il mio caso non era così urgente ma forse neppure l’ora era la più indicata, essendo circa le otto di sera. Dopo pochi minuti, però, il mio cellulare si mette a squillare: è don Gerardi, che si è premurato di richiamare il numero rimasto impresso sul suo cellulare. Gli spiego che sono intenzionato a recarmi la domenica successiva in pellegrinaggio a Valmala e lui, gentilissimo, mi offre le indicazioni necessarie e gli orari delle Messe.
Trovandosi in una località montana, il santuario osserva infatti orari di apertura differenti a seconda della stagione (estiva o invernale) e diversi sono pure gli orari delle celebrazioni presso l’edificio sacro. Per tali ragioni, è comprensibile il fatto che la maggior parte delle celebrazioni si trovino concentrate proprio nella stagione estiva, quando le favorevoli condizioni climatiche richiamano numerosi pellegrini da ogni parte del circondario (molti di essi facendo tappa a Valmala prima di proseguire per la Francia, alla volta della già ricordata La Salette). Così si fa una festa particolare all’ultima domenica di Maggio, per la chiusura del mese mariano, per spostarsi poi nel cuore dell’estate, alla terza domenica di luglio, con la festa in onore di Sant’Anna rivolta in particolare a bambini, genitori e nonni. Agosto rappresenta però il clou delle celebrazioni, con un intenso programma che si snoda dal 5 agosto – quando si fa memoria dell’Apparizione e si celebra la festa votiva dei Valmalesi – alla seconda domenica dello stesso mese, quando si festeggia la Solennità della Madre della Misericordia, fino alla grande festa dell’Assunta solennemente celebrata il 15 agosto.
Questi primi dati credo che siano sufficienti, cari amici, per dare testimonianza della grande devozione popolare che accompagna il ricordo delle apparizioni di Valmala. E’ giunto ora il momento di ricordare in modo particolare proprio quanto accaduto in quel 1834, quando la Vergine Maria apparve tra le montagne della Valle Varaita. Per rivivere insieme quanto accadde in quel tempo, vi devo chiedere ancora una volta di seguirmi in questo viaggio della mente e del cuore che ci vuol condurre a ripercorrere gli avvenimenti di quei giorni, per rivivere la grandezza del meraviglioso evento celeste che ha reso celebre, da allora a oggi, il piccolo borgo di Valmala.
Torniamo dunque al 5 agosto 1834. In quel giorno, per le contrade e le abitazioni del piccolo centro abitato del cuneese, si sparge la voce di una ignota presenza, secondo quanto riferito da alcuni pastorelli che avrebbero visto “una Signora che piange” presso il Chiotto, cioè il pianoro comunale cui si erano recati quella stessa mattina per pascolare le mucche. Secondo il racconto dei giovani testimoni si tratterebbe di una figura femminile, all’apparenza di circa vent’anni, avvolta in una veste di color rosso scuro, con un velo azzurro e una corona sul capo. La Signora si era presentata tra le lacrime, con le braccia aperte verso i pastorelli: si tratta di 4 ragazzine – Maria Chiotti, 12 anni; Maria Boschero, 11 anni; Maria Pittavino, 12 anni; Maria Margherita Pittavino, 12 anni – e di un fanciullo, Chiaffredo, fratello di Maria Margherita Pittavino. Notate il fatto che le quattro fanciulle portino tutte il nome di “Maria”, probabile segno della devozione mariana che albergava nei cuori di quella gente semplice e laboriosa. Eppure, nonostante questa attenzione per la Vergine, nessuno vuol credere che proprio della Madonna si tratti, pensando piuttosto che possa trattarsi di una strega, o di qualche spirito o folletto, oppure ancora di Sant’Anna o di qualche anima in pena, mescolando – come sovente accadeva allora e come purtroppo avviene spesso anche oggi – la fede religiosa con le credenze e le superstizioni popolari. Alla fine, nessuno sembra dunque intenzionato a dare retta a quelle che paiono fantasie di bambini.
Il mattino del giorno successivo, 6 agosto 1834, benché il cielo minacci un acquazzone, un gruppetto di abitanti del paese sale al Chiotto con i pastorelli per vedere di appurare di persona qualcosa sull’accaduto o per smascherare un eventuale imbroglio. Tra i presenti, c’è anche Bartolomeo Chiotti, la cui schiena è così incurvata da apparire quasi piegato su se stesso e che è salito con la segreta speranza di poter essere guarito dall’eventuale presenza celeste. Il poveretto reca con sé una candela e il desiderio di far erigere un pilone votivo nel caso ottenga la sperata grazia.
Una volta giunti sul pianoro posto appena sopra il paese, ecco che la bella Signora si presenta ai pastorelli, apparendo loro, come il giorno precedente, con il volto scuro e bagnato da copiose lacrime. Di riflesso i fanciulli, intimoriti da quella visione, si mettono a urlare per lo sgomento, facendo accorrere papà Pittavino che, allarmato da quelle grida, subito si precipita al Chiotto, percorrendo in pochi istanti la distanza che separa casa sua, alla Palanché, dal pascolo dove sta avvenendo la celeste apparizione. L’uomo, esperto dei pericoli di quelle zone impervie, spesso percorse da malintenzionati e animali selvatici, afferra la bertuna, ovvero la sua vecchia spada ricurva, e si precipita verso il luogo da cui provengono le voci dei bambini. Appena raggiunge i fanciulli, resosi conto che nessuno è lì a minacciarli, li apostrofa severamente: “Perché avete urlato così?”. I bambini, per tutta risposta, non possono che additare la grossa pietra sulla quale è apparsa loro la misteriosa figura. Papà Pittavino continua però a non scorgere nulla, benché non gli sfuggano le espressioni spaventate dei pastorelli che, per la paura, stanno addirittura tremando.
Si mette allora a menar fendenti con la spada che ha portato con sé, colpendo varie volte la pietra, alla cieca. In quel momento, per meglio convincerlo della reale presenza che si trova dinnanzi a loro, una piccola veggente afferra un lembo del mantello della Signora. Al veder quel gesto compiuto con significativa spontaneità e naturalezza, Giuseppe Pittavino, presentendo di trovarsi dinnanzi a un fenomeno divino, esorta tutti a inginocchiarsi e a pregare. In cuor suo l’uomo fa anche voto di costruire un pilone votivo, cui segue la rinnovata promessa del povero gobbo lì presente che giura: “Verrò anch’io ad aiutarti… se guarisco!”. Mentre ancora l’infermo sta pronunciando queste parole ecco che nota come, nonostante il forte vento, la fiamma della candela che aveva portato con sé continui a bruciare, ferma e sicura. Dopo pochi istanti l’apparizione ha termine, il sereno torna sul volto dei presenti e, miracolosamente, Bartolomeo Chiotti si ritrova con la schiena perfettamente guarita. Da allora, ogni giorno, i pastorelli ritornano al Chiotto per incontrare la bella Signora, animati da sentimenti di fiducia e di profonda pace interiore.
Si giunge così al 15 agosto, festa dell’Assunta. Vale la pena ricordare che il dogma dell’Assunzione della Beata Vergine Maria risale al 1950 e fu proclamato da Pio XII, riconoscendo così quella prerogativa della Madonna che la devozione popolare venerava ormai da secoli. Anche a Valmala, dunque, quel 15 agosto rappresentava già allora l’occasione per una grande festa mariana. La gente del posto, a poco a poco sempre più persuasa della veridicità del racconto dei pastorelli, si reca con essi al pianoro delle apparizioni. Li accompagna Giuseppe Pittavino, armato questa volta non più di spada bensì di fede e devozione sincere. Sul posto si trovano già i fanciulli che, dopo pochi istanti dal sopraggiungere dei fedeli, esclamano: “Eccola!”, portando tutti i presenti a inginocchiarsi prontamente sull’erba per pregare il Santo Rosario. Terminata la recita, papà Pittavino chiede ai veggenti se la Signora sia ancora presente e questi annuiscono. Intanto, giungono alle orecchie dei pastorelli le note di un triste canto, simile alla salmodia proprie delle esequie per i defunti. Quindi, i bambini notano come delle ombre che passano davanti al sole che quel giorno risplende lucente nel cielo della valle; ombre che forse sono anime in cerca di pace, invocanti l’intercessione della Madre della Misericordia, silente monito alla necessità di pregare per i defunti. Dileguatesi le ombre, anche la Signora scompare. La folla si disperde e tutti, fedeli e curiosi, tornano alle case commentando l’accaduto, sempre più convinti della soprannaturalità degli eventi del Chiotto. Nei giorni seguenti, la notizia corre di paese in paese, percorrendo tutta la valle, mentre la Bella Signora torna, puntuale, a visitare ogni giorno i pastorelli.
Un giorno, la Signora dice a Maria Pittavino di riferire a suo padre «che desidero qui un pilone, ed in seguito una chiesa». È questa, cari amici, una richiesta che accomuna tali apparizioni a quelle, più note, di Lourdes, e alle molte altre nelle quali – come più volte abbiamo visto nel corso della nostra trasmissione – la Vergine sembra offrire una conferma della sua venuta chiedendo una sorta di risposta ai fedeli stessi attraverso l’edificazione di un edificio sacro che non solo ricordi il prodigioso evento accaduto – in quel luogo, in quel tempo – ma che rappresenti, negli anni a seguire, meta di pellegrinaggio e devozione per quanti desiderano rinvigorire la fede e rinnovare la propria vita spirituale. In tal modo, si comprende come la funzione del santuario non sia solo quella di ricordare la traccia che Maria ha impresso nel proprio cammino tra gli uomini, ma soprattutto aiutare i fedeli ad avere profonda consapevolezza della presenza attuale della Vergine in mezzo all’umanità, quale mediatrice di salvezza tra Dio e gli uomini.
Torniamo dunque alla richiesta della Signora. Quando Maria la riferisce al padre, questi si chiede come sia possibile soddisfare un tale celeste desiderio, mancando le pietre adatte e i materiali necessari alla costruzione di una chiesa fin lassù. La piccola riferisce le remore paterne alla Signora, il giorno seguente, e questa, per tutta risposta, indica un punto in alto sulla montagna, ove sporgono alcuni spuntoni di roccia: lì avrebbero trovato le pietre e le lastre di ardesia necessarie alla costruzione. Il punto in cui la Vergine richiede venga edificata la chiesa è segnato da una traccia sull’erba che la Signora stessa ha lasciato al suo passaggio sul pianoro, affinché i devoti che vi si recheranno in preghiera possano quasi ripercorrere la strada stessa segnata dalla Madonna. Questo segno celeste, immediatamente colto dalla devozione popolare del tempo, acquista un grande valore anche per noi, cari amici, poiché è l’esempio dell’invito che Maria sempre rivolge agli uomini: seguite le mie orme! E che cosa significa seguire le orme di Maria se non imitarne la santità e le virtù, arrivando per mezzo suo sempre più vicino al Figlio Suo Gesù? Proprio come diceva S. Luigi Maria Grignion de Montfort: a Gesù per Maria!
Secondo quanto riporta la tradizione, le apparizioni proseguono fin verso il 20 settembre di quel 1834. Dal 5 agosto sono trascorse circa 6 settimane, durante le quali la Bella Signora ha accompagnato la vita di quella povera gente di montagna. Eppure, ancora dopo un mese e mezzo, restano gli interrogativi dei fedeli su chi fosse realmente quella Donna che piangeva così abbondantemente. Papà Pittavino conduce i piccoli veggenti per santuari e chiesette, nella speranza che qualche immagine mariana possa indurre i pastorelli a dire: “E’ Lei!”. Ma invano. Finché, in ottobre, disceso al mercato di Venasca, nella valle, trova una bancarella di oggetti sacri. Tra le icone là esposte, i veggenti identificano in un’immagine della Madre della Misericordia di Savona la figura misteriosa che era loro apparsa in quelle settimane appena trascorse. L’episodio contribuisce a confermare la credenza nell’apparizione della Vergine al Chiotto.
L’anno seguente Giuseppe Pittavino, aiutato dal povero gobbo che era stato risanato, edificano il primo pilone votivo sul luogo delle apparizioni, facendovi dipingere una copia dell’immagine ritrovata a Venasca della Madre della Misericordia e riportando la scritta: “Grandissimo miracolo di vedere Maria Santissima della Misericordia in questo luogo durante giorni cinquanta”.
Quel 1835 è però è anche l’anno in cui infuria il colera. Così anche il comune, fino ad allora rimasto abbastanza estraneo agli avvenimenti del Chiotto, fa voto di costruirvi una cappella se il paese fosse rimasto immune del contagio che, intanto, sta flagellando i vicini paesi della vallata. Così avviene, e nel 1840 viene dunque edificata la prima cappella, ingrandita in seguito fino ad assumere le proporzioni dell’attuale santuario, i cui lavori sono ultimati nel 1851. Nel frattempo l’autorità religiosa, superata l’iniziale contrarietà, approva la devozione a Maria Madre della Misericordia di Valmala, ricordando in seguito con sempre maggior solennità il 50°, il 100° e il 150° anniversario delle apparizioni.
E i veggenti? Tutti i protagonisti della vicenda lasceranno il borgo natio per trasferirsi successivamente nei diversi centri abitati della vallata, mettendo su famiglia e conducendo vita umile e laboriosa, scegliendo quel nascondimento che tante volte contraddistingue la vita dei veggenti quando il tempo della loro missione è terminato – e non si può qui non pensare nuovamente a Lourdes e alla vicenda biografica della piccola Bernadette. La folla di pellegrini, negli anni successivi all’edificazione del santuario, andrà sempre più crescendo, rinnovando con fedeltà il cammino sulle orme della Madonna delle lacrime apparsa nel 1834 al Chiotto.
Quando sono tornato sui passi della Vergine recandomi in visita al Santuario, all’inizio del mese di maggio di quel 2009, è stato sorprendente il ritrovare le numerose testimonianze delle storia che abbiamo appena rivissuto insieme, cari amici. Anzitutto si comprendono le difficili condizioni di vita della gente dell’epoca semplicemente facendo caso alla strada, tortuosa e fortemente in salita, che conduce alla località santuario, posta a 7 km di distanza dal comune di Valmala: tanto basta per immaginare quale fosse l’esistenza quotidiana di quella gente, e dei bambini in particolare, in quel 1834, quando tali distanze non erano certo percorse con il conforto dell’automobile ma con carri trainati da animali o, dato il pessimo stato delle mulattiere e dei sentieri, a piedi. Pensate poi che ancora all’inizio di maggio, quando vi sono stato in pellegrinaggio, le montagne circostanti la vallata erano tutte ricoperte di neve, e all’ingresso del santuario stesso si poteva trovare un bel mucchio di neve ghiacciata, segno delle abbondanti nevicate invernali. Per non parlare poi delle temperature, che si aggiravano intorno ai 12°C ad un’altitudine di circa 1.400 metri mentre nella valle si avevano oltre 20°C. Insomma, non era facile all’epoca condurre una vita quotidiana fatta di tanto lavoro, poche comodità e dura fatica. Come avrebbero potuto le persone dell’epoca affrontare tanto sacrificio se non avessero imbevuto ogni aspetto dell’esistenza di quella fede robusta che, sola, poteva condurre ad accettare la durezza di quella vita, ringraziando il Signore per ogni dono loro concesso attraverso i frutti del loro lavoro?
Entrando nel santuario, ciò che colpisce vivamente è lo stile montano della costruzione, edificata appunto con pietre e grandi lastre di ardesia. All’ingresso, un ampio ambiente coperto accoglie diversi confessionali. Non è una disposizione casuale. Suonano infatti come un silenzioso invito a rinnovare il proprio cuore, purificandolo dal peccato, prima di entrare nella casa di Dio. E questo è estremamente in linea con la devozione mariana che qui venera la Madonna quale Madre della Misericordia, poiché proprio la confessione è l’espressione sacramentale più viva ed efficace della Divina Misericordia. Ecco, Maria è dunque Madre di Misericordia in quanto si pone come mediatrice tra l’uomo e Dio, è colei che si presenta tra le lacrime per indurre il cuore dell’uomo peccatore al pentimento e a quella conversione che significa la possibilità per ciascuno di ritornare a Dio.
Come ritornare a Dio, dunque, se non percorrendo nuovamente i passi di Maria? Quegli stessi passi che lei ha mosso quando, apparendo tra gli uomini, in quel 1834 a Valmala come in molte altre circostanze in diversi luoghi che oggi sono segnati da profonda devozione mariana, ha voluto mostrare ai fedeli, ai suoi figli, il percorso da seguire per tornare a Dio. E’ un percorso segnato dalle lacrime di Colei che vede quanta ingratitudine alberga nel cuore dell’uomo che, sempre più lontano da Dio, mira a quell’autonomia e indipendenza totali che altro non sono che il rinnovare oggi l’essenza della originaria ribellione a Dio che causa la condanna di Lucifero prima e la caduta dei nostri progenitori poi. A quest’uomo che tenta di sostituirsi a Dio – cioè a ognuno di noi ogni volta che pensa di poter fare a meno di Dio e di una vita vissuta con la sua benedizione – si rivolge Maria con materna preoccupazione, versando amare lacrime per il dolore del Figlio, amareggiato dalla moltitudine dei peccati oggi commessi, e rinnovando il pianto per ognuno dei suoi figli che rischia di perdersi e di perdere la salvezza.
Dinnanzi a questo pressante invito di Maria alla conversione – che già abbiamo sentito risuonare nelle apparizioni di Caravaggio, di Laus, di La Salette, tanto per citare alcuni casi – ognuno di noi è libero e responsabile, chiamato ad aderire vincendo ogni resistenza e paura. Siamo tutti un po’ nelle condizioni di Giuseppe Pittavino: quando qualcosa di nuovo irrompe nella nostra vita, la prima tentazione è quella di prenderlo di petto, difendendosi tramite l’attacco… Siamo chiamati ad abbandonare la spada del dubbio, dell’esitazione, del peccato che tanto ci tengono lontani da Dio per metterci in ginocchio dinnanzi a Maria chiedendo a Lei di esserci davvero Madre di Misericordia, abbandonandoci completamente, per tramite suo, nella mani di Dio.
Credo che questo sia il senso dell’aver conservato - in una teca incassata nel muro entrando nel santuario, sulla sinistra - la “bertuna” di Giuseppe Pittavino (donata al santuario stesso dal nipote di papà Pittavino, Chiaffredo, nel 1990): proprio per ricordare a ognuno come dobbiamo davvero smettere di difenderci dinnanzi agli inviti di Dio per “arrenderci” e consegnarci totalmente in mano Sua.
La risposta divina a questo umano abbandono non si farà attendere, cari amici, come dimostrano i numerosissimi ex voto custoditi nel santuario – all’interno della Chiesa e nell’ampio ingresso coperto ove si trovano i confessionali di cui abbiamo detto – che testimoniano le abbondantissime grazie ivi concesse da Dio per intercessione della Madonna. Grazie che, a giudicare dai numerosi fiocchi azzurri e rosa esposti in una cappella della chiesa, sulla sinistra – sono tanto numerose da ricordare il Santuario della Madonna dei Fiori di Bra, nella stessa area del cuneese – paiono interessare in particolare le giovani famiglie che qui giungono in pellegrinaggio.
Facciamo dunque nostra la preghiera propria del Santuario di Valmala, rivolgendo una supplica a Maria Madre della Misericordia affinché ci guidi alla riconciliazione con Dio:
“Memorare” (attribuito a San Bernardo di Chiaravalle, 1090-1153)
Ricordati o piissima Vergine Maria, che non si è mai udito al mondo che qualcuno, ricorso al Tuo patrocinio, implorato il Tuo aiuto, chiesto la tua protezione, sia stato abbandonato.
Animato da tale fiducia, a Te ricorro, o Madre, Vergine delle Vergini, a Te vengo e peccatore contrito, con le lacrime agli occhi, mi prostro ai Tuoi piedi, a domandare pietà.
Non volere, o Madre del Verbo, disprezzare le mie preghiere, ma ascoltami propizia ed esaudiscimi. Così sia.
Maria, Madre di grazia e di misericordia, tu dal nemico salvaci, quando moriamo, accoglici.
Amen
Aldo Ponso, Io vidi. Il fatto di Valmala e i suoi protagonisti, Ed. San Giuseppe, Saluzzo
Aldo Ponso, La Salette – Valmala. Le apparizioni e i loro protagonisti. Guida ai due santuari gemelli, Effatà Editrice