Sudan, milioni di euro in aiuti ma la strage di bimbi continua
Ascolta la versione audio dell'articolo
Anche 13 bambini al giorno stanno morendo nell'orfanotrofio di Mygoma, in una Khartoum sconvolta dalla guerra civile. Ma è solo l'ultima crisi in un istituto che in venti anni è stato più volte soccorso dall'Unione Europea, dall'Italia, dalle Ong e da privati, per un totale di vari milioni di euro. Aiuti vanificati da corruzione e incuria. Ed è ancora corsa contro il tempo per salvare gli orfani di Mygoma.
I bambini continuano a morire a Mygoma, il grande orfanotrofio statale della capitale del Sudan, Khartoum, dove dal 15 aprile infuria la guerra. Muoiono di denutrizione, disidratazione, malattie non curate perché ad assisterli sono rimasti pochi dipendenti, medicinali e cibo scarseggiano, le frequenti interruzioni della corrente elettrica complicano ulteriormente le attività e rendono irrespirabile l’aria in ambienti dove, con ventilatori e condizionatori fermi, la temperatura supera i 40 gradi.
In un solo giorno, il 26 maggio, ne sono morti 13, riferisce l’agenzia di stampa Reuters dopo un ultimo contatto telefonico con l’istituto. Il direttore di Mygoma, Zeinab Jouda, ha riferito che proprio quel giorno si è incominciato a discutere della possibile evacuazione dei bimbi sopravvissuti. Nel frattempo al ministero della salute assicurano che è stata aperta una inchiesta. Mohamed Abdel Rahman, direttore delle operazioni di emergenza del ministero, ha dichiarato che, quando sarà terminata, i risultati verranno resi noti.
Ma quella per salvare gli orfani di Mygoma è una corsa contro il tempo. Mentre ogni giorno qualche altro bambino perde la vita, le autorità sudanesi parlano di evacuarli, aprono una inchiesta: per accertare che cosa, si vorrebbe domandare, quali responsabilità e di chi, quando è evidente che i primi, supremi colpevoli sono i due generali – AbdelFattah al-Burhan, capo dell’esercito e della giunta militare governante, e il generale Mohamed 'Hemeti' Dagalo, suo vice e capo di un esercito paramilitare, le Forze di supporto rapido – che quasi due mesi fa hanno scatenato una guerra per il potere, evidentemente incuranti della gravissima crisi umanitaria che erano ben consapevoli di provocare.
In realtà, poi, agli occhi delle autorità sudanesi l’emergenza in atto a Mygoma non deve apparire che l’aggravarsi di una situazione cronicamente critica che già altre volte in passato, da quando l’orfanotrofio nel 1961 è stato fondato, è degenerata dando luogo a denunce, richieste di intervento e - ma non sempre - a indagini. Una delle crisi peggiori è stata quella del 2002-2003, anni in cui si è verificato un afflusso particolarmente elevato di bambini, per lo più neonati. Dei 567 bimbi ricoverati, alla fine del 2002 ne erano sopravvissuti soltanto 109. L’anno successivo il tasso di mortalità ha raggiunto il 75-80%.
Un altro momento molto critico è stato registrato nel 2007 quando nel solo mese di settembre i morti sono saliti addirittura a 77. Allora era stata avviata una indagine. Ai funzionari dell’Unicef che chiedevano conto di una tale strage di innocenti, la direzione ha risposto spiegando che molti bambini arrivavano all’istituto in pessime condizioni, ammalati, denutriti: i più grandi, trovati abbandonati per strada, i neonati rinvenuti in canali, corsi d’acqua, discariche e fognature nei quali erano stati gettati. La maggior parte dei piccoli ricoverati in effetti non erano e non sono orfani. Ogni anno centinaia di bambini vengono abbandonati a Khartoum da donne che se ne liberano per evitare lo stigma che in Sudan, paese musulmano, pesa sulle ragazze madri. Non si sa quanti muoiano perché non vengono trovati in tempo e quelli che arrivano a Mygoma non ricevono l’assistenza di cui hanno bisogno e così tanti, troppi, muoiono che sopravvivrebbero se solo fossero accuditi e curati.
Anche nei periodi migliori la media dei decessi va dal 12 al 20%. Nel corso degli anni, quando è scesa, è stato quasi sempre grazie alle risorse finanziarie e umane offerte a più riprese da stati e privati cittadini stranieri. Tra i principali donatori figurano, oltre alle agenzie Onu e a Medici senza frontiere, l’Unione Europea e singoli stati, tra cui l’Italia. Una delle nostre più recenti iniziative è stata, nel 2017, lo stanziamento di un milione di euro per un progetto affidato all’Unicef, destinato in particolare ai bambini disabili ospiti di Mygoma. Suad Abdalaal, Segretario generale del Consiglio nazionale per la protezione dell’infanzia, aveva ringraziato l’Italia e sottolineato l’importanza delle attività di sensibilizzazione e advocacy intese “a sviluppare un impegno condiviso di istituzioni e società civile per l’inserimento della protezione dell’infanzia come tematica trasversale e intersettoriale prioritaria nello sviluppo di politiche pubbliche”.
Ma si vede che l’impegno non era condiviso da tutti a Mygoma se, tre anni dopo, il giovane medico sudanese Mohammed Mustafa Abubaker, fondatore della Ong Fill a Heart (FaH), descriveva l’orfanotrofio come una “struttura fatiscente e inadeguata”. FaH è riuscita a subentrare nella sua gestione grazie al fatto che i precedenti gestori sono stati travolti dal cambio di potere seguito al colpo di stato del 2019. “FaH è stata in grado di prendere piede nella gestione – ha raccontato Abubaker – solo dopo che la rivoluzione ha costretto alla ritirata i vecchi gestori i quali traevano i loro profitti proprio grazie al sistema corrotto stabilizzatosi negli anni. Ero un volontario. Ma non ci era permesso lavorare direttamente con i bambini. Il nostro contributo era confinato quasi al solo finanziamento economico. I soldi venivano, tuttavia, rubati dai lavoranti e ogni volta che abbiamo provato ad avvicinarci all’amministrazione erano guai seri per noi. Era un luogo impenetrabile alla gente normale. Erano una setta.”
Ancora una volta in aiuto a Mygoma da tutto il mondo sono arrivati finanziamenti stranieri, molti offerti da privati. “Convincere i finanziatori è stato uno step molto difficile a causa della rinomata corruzione nel nostro paese – è ancora Abubaker a spiegare nel 2020 – ma stiamo riuscendo a bypassare il problema con la rendicontazione costante e il loro coinvolgimento diretto”.
Da una media di 33 decessi al mese con la precedente amministrazione, grazie alla FaH la mortalità era scesa a tre bambini al mese. Ma di nuovo qualcosa non deve essere andato per il verso giusto, forse a causa del Covid forse del nuovo colpo di stato militare del 2021. Medici senza frontiere, che ha lavorato nella struttura nel 2021 e 2022, riferisce che in quel periodo i bambini erano stipati circa 25 per stanza, spesso due o tre per culla. L’orfanotrofio presentava problemi gravi di igiene, carenza di personale, lavoratori sottopagati e mancanza di fondi per le cure mediche. Il numero dei decessi era in media di 12 al mese. Msf ha fornito personale sanitario e sostegno finanziario per pagare i dipendenti e ricoverare in ospedale i bambini che non potevano essere curati a Mygoma. In quel periodo la mortalità si è ridotta di circa la metà.
Ma ora la situazione è di nuovo degenerata.