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IL SANTO VESCOVO

Sud Sudan, lo Stato di Comboni

La nascita del 54° stato africano è l'occasione per ricordare una figura straordinaria: un grande missionario, profondo conoscitore dell'Africa, dove trovò la morte tra la sua gente.

Attualità 21_02_2011
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Il prossimo 9 luglio la comunità internazionale accoglierà al proprio interno un nuovo Stato. Si tratta del Sud Sudan, una regione autonoma del Sudan meridionale, la cui indipendenza è stata decisa dai suoi abitanti attraverso un referendum, tenutosi tra il 9 e il 14 gennaio scorsi.

Per la separazione dal governo di Khartoum si sono infatti espressi la quasi totalità dei circa quattro milioni di elettori della regione, pari al 98,8 per cento. Gli abitanti del Sud Sudan sono in tutto otto milioni. La decisione popolare è stata accettata dalle autorità del Sudan nel corso di una cerimonia tenutasi a Khartoum l’8 febbraio. Alla presenza del presidente sudanese, Omar Hassam el Bashir, e di quello sud sudanese, Salva Kiir Mayardit, già responsabile della guida della regione autonoma del Sud Sudan, nonché vicepresidente del governo centrale sudanese, i due governi hanno stabilito di completare il processo di separazione nel rispetto delle decisioni stabilite e seguendo un apposito programma.

Tra i principali nodi da risolvere figurano l’individuazione delle linee di confine e l’assegnazione della contestata regione dell’Abyei, ricca di petrolio e, per tale motivo, rivendicata da entrambi i governi. La nascita del nuovo Stato, con capitale provvisoria Juba, è stata salutata con soddisfazione dai principali governi internazionali. Apprezzamenti sono stati espressi dal presidente Obama, che ha parlato di «una nuova alba nella regione», dal segretario di Stato americano Hillary Clinton e dal segretario generale dell’ONU, il sudcoreano Ban Ki-moon.

L’accordo raggiunto ha messo fine ad una guerra durata oltre mezzo secolo e costata più di due milioni di vittime. Nei prossimi mesi il governo del presidente Mayardit sarà impegnato nella convocazione di un’Assemblea Costituente chiamata a redigere una nuova Costituzione, nonché a stabilire l’esatta denominazione dello Stato. Tra le particolarità del Sud Sudan vi è la presenza di numerose tribù nilotiche nere, di religione animista e cristiana, oggetto in passato di scontri e violenze con gli abitanti delle regioni settentrionali del Sudan a maggioranza musulmana e araba.

La presenza dei cristiani in quella regione è legata in particolare alla figura del santo veronese d'adozione (benchè nato a Limone sul Garda, nel bresciano) Daniele Comboni, vescovo e missionario, fondatore degli istituti Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e delle Pie madri della Nigrizia, la cui vita è stata al centro di un volume del professor Gianpaolo Romanato, L’Africa nera fra Cristianesimo e Islam. L’esperienza di Daniele Comboni 1831-1881 (Corbaccio 2003). Nato a Limone sul Garda, in provincia di Brescia, nel marzo del 1831, Comboni studiò presso il seminario di Verona, città alla quale fu sempre molto legato. Nel 1843 entrò nell’Istituto fondato da don Nicola Mazza (1790-1865), le cui attività erano rivolte alla formazione e al sostegno di giovani poveri e meritevoli.

Nel gennaio del 1849 il giovane Comboni decise di consacrare la propria vita alla missione nell’Africa Centrale, il cui Vicariato era stato istituito dal Papa tre anni prima. All’interno dell’Istituto Mazza, Comboni aveva già avuto modo di incontrare alcuni ragazzi africani. Ordinato sacerdote, nel settembre del 1857 salpò da Trieste per l’Africa. Prima di arrivare al Cairo fece un pellegrinaggio in Terra Santa.

Dalla capitale egiziana si spostò nel Sudan arrivando a Khartoum nel gennaio del 1858. Il mese seguente raggiunse la stazione missionaria detta di Santa Croce, luogo del suo primo incarico. Situata sul Nilo, al 6°40’ di latitudine nord, la missione si trovava in un territorio paludoso dove era facile contrarre febbri tropicali ed altri pericoli per la salute. Nel corso della sua attività Comboni assistette alla morte di due confratelli, colpiti da febbri. Costretti ad abbandonare il sito, i missionari tornarono a Khartoum.

Ammalatosi, Comboni fu costretto a lasciare l’Africa per rientrare in Italia verso la fine del 1859. Ripresosi, continuò la sua attività in favore dell’Africa girando l’Europa e tornando in Egitto, dove si adoperò per far uscire dal paese alcuni ragazzi africani liberati dalla schiavitù. Nel 1864 elaborò un Piano per la rigenerazione dell’Africa, che sarà alla base della sua successiva azione missionaria.

Incontrò Pio IX e i principali responsabili di Propaganda Fide illustrando a tutti i suoi progetti. Nel 1867 creò a Verona un proprio Istituto missionario per l’Africa. La sua attività si rivelò instancabile. Nel 1872 fondò sempre nella città scaligera l’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia. Nel luglio del 1877 fu consacrato vescovo. Nel frattempo aveva continuato a viaggiare toccando varie mete ed incontrando politici, esploratori e religiosi.

All’inizio del 1881 Comboni ritornò nel Sudan dando inizio ad una nuova missione. Toccò varie regioni del paese esplorando i Monti Nuba e la zona di El Obeid. Progettò di allargare la missione verso l’Uganda e il Bahr el Ghazal. Colpito da febbre, morì a Khartoum il 10 ottobre. Il giorno seguente fu sepolto nel giardino della missione. Nel 1885, a seguito della conquista della città da parte dei mahdisti, la tomba di Comboni fu aperta e la salma dispersa.

Nel 1927 prese il via la causa di canonizzazione, le cui tappe successive furono la beatificazione
(1996), e la canonizzazione avvenuta nell’ottobre del 2003. Innamorato del continente africano, Comboni dedicò la propria ad evangelizzarlo. Secondo Romanato, «se a Verona aveva studiato da missionario, la sua università fu l’Africa. E l’Africa lo cambiò, come cambiò tutti coloro che la conobbero non superficialmente, da Vinco a Massaia a Gordon. Imparò che il selvaggio non è un contenitore da riempire, ma un essere umano da rispettare, che la cultura è l’anima profonda di ciascun popolo, e non un monopolio dell’Europa, che è indipendente dal sapere scrivere o dall’essere analfabeti, dall’andar nudi o vestiti, dall’essere cristiani o pagani, che tutto era enormemente più complesso e difficile di quanto apparisse negli schemi teologici dei seminari europei».