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RIEDUCAZIONE A SCUOLA

Studenti “deportati” ad una unione civile

8 marzo ad alto tasso di ideologia in una superiore di Montevarchi: gli studenti sono stati portati ad una cerimonia in Comune di “unione” tra due uomini. Presente anche il sindaco Pd. Famiglie all'oscuro di tutto minacciano iniziative: «La richiesta di autorizzazione parlava genericamente di una uscita didattica». E il caso finisce in Parlamento con un'interrogazione di FdI. 

Famiglia 13_03_2016
La “pantomima” di Montevarchi

Come festeggiare a scuola la Giornata internazionale della donna? Omaggiando le prof con le mimose? Parlando della condizione della donna nel mondo? Macché, roba vecchia. Molto meglio portare gli studenti ad assistere a una “cerimonia” di unione civile tra due uomini e a un documentario su una coppia di donne che si sposano in Svezia. Magari all’insaputa dei genitori e degli stessi studenti.

Per lo meno così hanno fatto alcune classi dell’ISIS “Benedetto Varchi” di Montevarchi nell’aretino, che il 5 marzo scorso sono state portate in orario scolastico alla cerimonia di iscrizione della prima coppia omosessuale nel registro comunale delle unioni civili. Di fronte alla platea di studenti e convenuti all’auditorium comunale il vicesindaco Elisa Bertini con tanto di fascia tricolore ha dato lettura davanti alla coppia di uomini dell’articolo 3 della Costituzione e dell’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. “Questa firma oggi non è qualcosa scritto su una carta, ma un qualcosa che fa prevalere l’amore e, come ha detto il padre della cultura italiana, «l’amor che muove (sic) il sole e l’altre stelle». (Capito ragazzi? Anche il Sommo poeta è dalla nostra parte: #loveislove).

«Si tratta di un primo passo», ha chiarito al microfono uno dei due uomini, «a maggior ragione in un momento come questo in cui in Italia si lotta per riuscire ad avere dei diritti che in realtà dovrebbero essere un po’ scontati ma che in questo paese ancora non lo sono». La firma è stata preceduta dalla proiezione di “Lei disse sì,” un film-documentario sulla storia di due donne italiane alle prese con l’organizzazione del loro matrimonio in Svezia:

«È il racconto di due donne che si amano. È una festa dove il menù di nozze è a base di diritti civili». Tutto questo era inserito nel cartellone organizzato dal Comune di Montevarchi e dal Comitato 8 marzo del Valdarno nell’ambito dei festeggiamenti per la Giornata internazionale della donna, con il patrocinio dalla Provincia. Ciascuno può valutare se questo spottone a senso unico per il matrimonio omosessuale può essere definito “uscita didattica,” così come ciascuno può tentare di capire cosa c’entri tutto questo con i contenuti della Giornata internazionale della donna.

Ma non è nemmeno questa la cosa peggiore, quando si scopre che dello svolgimento di questa “uscita” non erano informati né gli studenti né i genitori, come racconta F.B., padre di uno dei ragazzi coinvolti. «Sabato mattina mi ha chiamato da scuola l’insegnante che mi ha chiesto il permesso di portare mio figlio a vedere un documentario: mio figlio non aveva infatti riconsegnato il foglio del consenso, in cui si parlava semplicemente di un’uscita generica. Ho fatto presente che è maggiorenne, ma l’insegnante ha detto che serviva anche il mio consenso: dato che genericamente i documentari sono attinenti alle materie di studio ho acconsentito» racconta il padre che è venuto a sapere solo a cosa fatte dei contenuti dell’iniziativa. «Sull’autorizzazione, d’altronde, non era specificato di quale tipo di uscita si sarebbe trattato e l’insegnante mi aveva semplicemente detto che avrebbe portato ai ragazzi a vedere un documentario. Anche agli studenti era stato detto che sarebbero andati a vedere un film e invece si sono trovati davanti a tutto questo. In tutto ciò alcuni insegnanti si sono giustificati dicendo che la porta era aperta...».

Il genitore è ora determinato a fare chiarezza sull’accaduto: «Chi ha autorizzato la scuola a fare propaganda su questi argomenti? Si tratta di una vera e propria ingerenza nel primato educativo dei genitori». Nel frattempo il caso è divenuto politico. Così è intervenuto Giovanni Donzelli, capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Toscana. «Siamo di fronte ad un episodio grave: un genitore ha il diritto di sapere dove viene portato il figlio. Fratelli d'Italia mette a disposizione gratuitamente l'assistenza legale per i genitori che hanno visto i propri figli costretti dalla scuola a fare da spettatori alla prima unione civile tra gay: la scuola ha mentito e chi deciderà di agire legalmente avrà l'aiuto da parte nostra». Alcuni media riportano che la stessa Giorgia Meloni starebbe pensando di presentare un’interrogazione parlamentare sull’accaduto.

Attorno alla vicenda sono intervenuti anche membri del Consiglio comunale di Montevarchi e altri esponenti politici della Regione, fino ad arrivare al sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, Gabriele Toccafondi: «La scuola non può essere luogo di scontro ideologico, i ragazzi non sono platea per convegni e ciò che entra a scuola deve essere condiviso con i genitori cui spetta, Costituzione alla mano, il dovere e diritto dell’educazione».

Nedo Migliorini, preside dell’Istituto, è intervenuto sul Fatto affermando che la richiesta dei genitori è passata attraverso le classi e che il manifesto della giornata era pubblico: «Non ho chiesto alcuna firma di autorizzazione perché i genitori attraverso i ragazzi e il sito della scuola, sapevano cosa sarebbe accaduto quella mattina». Hanno difeso l’iniziativa il sindaco e alcuni esponenti del Pd come la consigliera regionale Valentina Vadi: «Io c’ero e posso confermare lo spirito civico della giornata. Cittadini e studenti hanno reso ancor più ricco il nostro patrimonio d’umanità, diritti e doveri. A Montevarchi comincia un’Italia nuova».

Questa storia mostra chiaramente che la costruzione di questa “Italia nuova” – in cui il concetto di famiglia viene completamente stravolto e ridefinito – prevede come tappa fondamentale la propaganda a senso unico dell’agenda LGBT sui banchi di scuola, meglio ancora se all’insaputa dei genitori. È davvero il caso di tenere alta la guardia.