Storie di fede sul podio olimpico della vita
Alcuni sono famosi, come il tennista Del Potro che ha eliminato Diokovic, altri sono leggendari come Michael Phelpls, molti altri ancora non hanno le copertine dei magazine, ma hanno tutti un tratto in comune: la loro fede. Si tratta della "nazionale" degli atleti di Rio 2016 che tra cadute e sacrifici non hanno mai dimenticato di essere chiamati a un destino più alto del podio.
Per una Fede in pena, una fede che fiorisce. Non ci sono solo i tormenti di Federica Pellegrini e l’inquietante e triste storia di Alex Schwazer a delineare il tratto umano degli atleti in gara a Rio 2016. La nuotatrice italiana e il marciatore altoatesino alle Olimpiadi stanno catalizzando il circuito mass mediatico a seguito delle loro vicissitudini agonistiche la prima e legate alla giustizia sportiva il secondo. Ma nella calca che affolla i villaggi olimpici della città carioca ci sono anche molte altre storie di rinascita e di speranza. Storie che in tanti casi hanno a che fare con la fede. Storie minori che non conquistano le copertine dei giornali sportivi, ma storie che sono il motore principale di una rinascita e infine di una prestazione olimpica.
E’ possibile così fare una sorta di catalogo degli atleti cristiani che non hanno avuto paura di mostrare un rosario mentre salivano sul podio o di nuotatori che non nascondono come la fede li abbia salvati da una vita che stava precipitando verso il baratro.
Il caso più famoso e più eclatante, perché il personaggio è famoso ed eclatante, riguarda il re assoluto di questi giochi olimpici. Quel Michael Phelps che anche a Rio 2016 ha dimostrato di meritare il soprannome di squalo. Ieri ha vinto la sua quarta medaglia d’oro rinforzando la bacheca di casa con le altre 22, di cui 18 d’oro conquistate alle precedenti Olimpiadi. Che sia il nuotatore più grande della storia di questo sport ormai non lo mette in discussione più nessuno. Ma in pochi hanno raccontato di quel brutto periodo seguito ai giochi di Londra dove anche per lo squalo è arrivato il momento di fare i conti con un avversario insidioso che si è intrufolato in vasca: la disperazione e il vuoto di vivere.
Aveva tutto: fama, successo, soldi, ma due anni fa, lo ha raccontato lui stesso alla ESPN aveva pensato addirittura di farla finita. Senza considerazione di sé, senza stima, come unica prospettiva un mondo senza di lui. Come immaginare in quelle parole la fotografia di un campione assoluto, anzi un mostro del nuoto che è entrato nella leggenda? Eppure questo dimostra che le tentazioni di Satana arrivano proprio quando sei in cima all’alto monte, condotto o tentato da lui, non importa.
Ma Phelps, dopo una vita di eccessi che lo avevano portato anche all’abuso di droghe e alcol ha saputo riscattarsi. Merito di un percorso di riabilitazione che lo ha aiutato a trovare lo scopo della sua vita e a riscoprire la sua fede. Ma soprattutto ad affrontare i demoni che hanno iniziato a fare capolino nella sua vita con il divorzio dei genitori e l’assenza della presenza paterna. Oggi lo squalo è un papà innamorato di Nicole, la fidanzata e madre di suo figlio che, appena tornato a Baltimora dall’esperienza brasiliana, sposerà.
La storia di Phelps è la storia di una rinascita. La stessa di tanti altri atleti che hanno incontrato Dio.
Come il nostro tiratore Giovanni Pellielo, che ha conquistato nel tiro a volo la medaglia d’argento. In una recente intervista si è guadagnato l’appellativo di “tiratore di Dio” dopo aver ha dichiarato la sua fede. “Sono un cattolico praticante – ha detto – e per consumare le lunghe ore della vigilia a Rio ogni sera leggevo un brano dei tre libri che Papa Benedetto XVI ha dedicato alla figura di Gesù”. Non certo un testo distensivo, ma sicuramente un libro che permette di comprendere che il Cristo della fede è lo stesso Gesù della storia e di rimanere così ancora più convinti della assoluta perfezione del dettato evangelico. Riprendendo l’anticipo di simpatia richiesto dal papa emerito nell’introduzione di quella fortunata pubblicazione, si direbbe che Ratzinger ha fatto centro per un cecchino molto esigente.
Ma quanti sono e soprattutto quali sono gli atleti cattolici che non fanno mistero della loro fede? Il singolare censimento è stato svolto con precisione dall’agenzia Aci Prensa che ha elencato un catalogo di 12 atleti. Un numero certamente non casuale, anche se di altre storie di fede non conclamate e non emerse pubblicamente ce ne saranno sicuramente, ma un numero sufficiente per avvicinare questi “marziani” dello sport alla gente normale, che soffre, gioisce e prega.
Così si racconta di Katie Ledecky, nuotatrice 19 enne che ha fatto incetta di ori nei 200 e 400 stile libero, costringendo la nostra Fede al deludente quarto posto che l’ha mandata in crisi. Al Catholic Standard ha dichiarato che la fede la aiuta a tenere le cose in prospettiva e l’Ave Maria le dà molta tranquillità. La stessa fede che anima la sua conterranea Katharine Holmes nella scherma. Il catalogo prosegue con la saltatrice in lungo Thea La Fond per i cui successi olimpici c’è pronta una squadra di preghiera e Amanda Polk nel canottaggio.
L’oro l’ha già vinto e la chiamano l’erede di Nadia Komaneci: Simone Biles, con una vita problematica famigliare alle spalle oggi dichiara di andare a messa tutte le domeniche e di non separarsi mai dal suo Rosario, donatole dalla madre. E ancora: la siepista Sydney McLaughlin, il triatleta Joe Maloy, Steven López (Taekwondo), la cestista americana Kerri Walsh alla sua quinta Olimpiade, il lottatore Kyle Snyder fino ad arrivare ad una delle sorprese di questi Giochi. Lo sapevate che Juan Martín del Potro ha una fede cattolica granitica e quando è impegnato a giocare a tennis una delle sue principali preoccupazioni è quella di trovare una chiesa, possibilmente aperta? Ecco spiegata la forza di questo tennista argentino amico di Papa Francesco che da semi sconosciuto che era è arrivato ad eliminare alle Olimpiadi niente meno che sua maestà Novak Djokovic.
La maggior parte degli atleti censiti è americana, forse più a loro agio nel raccontare con orgoglio la propria appartenenza. Non poteva mancare una coppia di marito e moglie, entrambi atleti ed entrambi cattolici ferventi: i brasiliani Marilson Gomes dos Santos y Juliana Paula dos Santos, lui maratoneta lei ostacolista che proprio stasera scenderà in pista per i 3000 siepi. Su Facebook è tutto un fiorire di preghiere, dichiarazioni d’amore e incoraggiamenti reciproci. Con la Madonna sempre al centro di tutto e la consapevolezza che se “siamo qui a Rio, insieme, è merito suo”. Il risultato di stasera in fondo, qualunque esso sia, è già conseguenza della pienezza della loro vita.