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LA VICENDA GIUDIZIARIA

Storia di un tesoriere

Una condanna passata in giudicato, una causa civilistica e una di lavoro ancora pendenti. Facciamo il punto sulla complessa vicenda giudiziaria.

Attualità 13_02_2012

Dal 1995 al 2005, ho ricoperto l’incarico di Tesoriere del Partito Radicale, nel quale ho militato e collaborato sin dal 1986. Oltre all’organizzazione di tutte le campagne elettorali e referendarie - rispetto alle quali gestivo i rapporti con i fornitori, decidendo, per conto di Pannella, spese di rilevantissima entità - avevo la responsabilità di tutte le strutture del Partito. Promossi l’autofinanziamento, con una raccolta di denaro che in dieci anni superò i 25 milioni di euro. Valorizzai i beni dell’area, con importi economici pari ad oltre 20 milioni di euro.

Rimisi il mio mandato al gruppo dirigente del Partito ai primi di luglio del 2005.
Nell’ottobre del 2005, iniziai il percorso della causa di lavoro, nella quale chiedevo  il riconoscimento economico dei miei vent’anni di lavoro svolti con prestazione occasionale, senza maturazione della pensione e di quant’altro corrispondeva ai miei diritti.

La risposta dei radicali fu una denuncia che ricevetti nei primi mesi del 2006. Mi accusavano di indebite appropriazioni di somme pari a circa 200mila euro, dal 1999 al 2005, tutte regolarmente contabilizzate, oggetto di ricevute e dichiarate nei bilanci, illustrati nelle mie relazioni, visionabili e approvati in Congresso.

Ricevuta la denuncia, presentai allo stesso Procuratore che stava istruendo il mio processo una auto-denuncia-querela su fatti circostanziati e documentati di cui ero stato testimone nella mia attività di Tesoriere, di cui non ho mai ricevuto notifica di archiviazione.
Il rinvio a giudizio l’ho ricevuto nel maggio del 2007. Il processo di primo grado durò due anni. In una delle udienze, testimoniò anche Pannella: mi definì “impostore e dedito tecnicamente ad attività truffaldina”. Si chiuse il 5 ottobre del 2009. Fui condannato alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione ed € 500 di multa - sospese con beneficio di non menzione - nonché al risarcimento del danno nella misura di €.206.089,23, di cui liquidati in via provvisionale €.187.353,85, perché “per procurarsi un ingiusto profitto, abusando della sua qualità di tesoriere del partito radicale, avendo la disponibilità giuridica e di fatto dell’amministrazione dei fondi del partito, si appropriava nel corso degli anni di ingenti somme di denaro, per spese personali prive di causa giuridica e/o giustificazione documentale, comunque non riconducibili all’attività del partito né per tale scopo in qualche modo giustificate o giustificabili” (dalla sentenza).

Le somme a cui ci si riferiva erano in realtà scritte nei bilanci approvati e costituivano miei compensi e rimborsi spese documentati. In forza della provvisionale esecutiva statuita nella sentenza di primo grado, il 15 aprile 2010 il Partito Radicale agì attraverso l’ufficiale giudiziario, che si presentò a casa mia con un atto di pignoramento relativo alle somme di denaro statuite nella sentenza. Feci l’opposizione civilistica, che si discuterà nel 2014.

Mi rivolsi, quindi, con un ricorso alla Corte di Appello di Roma, avverso la sentenza di I grado e presentando un’istanza di sospensione della condanna provvisionale, rinunciando di fatto ad ulteriori termini di prescrizione. La Corte d’Appello emise la sentenza il 17 gennaio 2011, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, veniva dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione in ordine agli episodi di appropriazione a tutto il 17 luglio 2003, confermando la condanna per il resto e determinando la pena, per gli episodi successivi, in mesi 10 di reclusione ed euro 300 di multa, confermando le statuizioni civili della sentenza di primo grado limitatamente alla condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile, riservando la liquidazione a separato giudizio e revocando la provvisionale assegnata.

Afferma il mio difensore, il Prof. Francesco Saverio Fortuna: “Se il Partito Radicale ritiene che si tratti di somme indebitamente percepite, avrebbe potuto chiederne il rimborso, ma compensandole con le somme di importo superiore dovute a Danilo Quinto come trattamento di fine rapporto. La Corte d’Appello di Roma si è resa conto dell’anomalia ma ha dovuto utilizzare i risultati di una perizia contabile disposta nel giudizio di appello, stesa da un consulente (un ragioniere) del tutto inadeguato alla bisogna. In ogni caso, la Corte d’Appello ha revocato la provvisoria esecuzione disposta dal giudice di primo grado.
Quanto al grado in Cassazione (il giudizio in Cassazione si è tenuto nell’ottobre scorso) è noto a tutti – anche se la decisione della II Sezione della Corte è censurabile sotto il profilo della intrinseca logicità – che nei casi in cui la Cassazione ritenga in qualche modo adeguata la motivazione della sentenza impugnata è solita dichiarare, senza troppa fatica, il ricorso inammissibile”.

Per comprendere il senso dell’intera vicenda, sarebbe necessario leggere per intero la memoria-ricorso in Cassazione, firmata dal Prof. Fortuna, della quale riporto qui solo due passi finali:
“L’approvazione del bilancio copre qualunque possibilità di contestazione, salvo che vi siano poste non iscritte o occultate, ipotesi nel caso di specie esclusa dal fatto che la responsabile dell’amministrazione, sentita in dibattimento, ha confermato che il ricorrente aveva dato precise disposizioni affinché le somme dallo stesso percepite, fossero iscritte in un apposito capitolo di spesa, evitando di occultare gli importi dei compensi ovvero dei prestiti. In mancanza di contestazione, i vertici del Partito Radicale hanno quindi legittimato l’operato del Tesoriere, che ha dunque operato sulla scorta del consenso dell’avente diritto ex art. 50 c.p.”.

Ancora, in conclusione della memoria, scrive il prof. Fortuna: “La motivazione dell’impugnato provvedimento soffre il riscontro con gli atti del processo, anche nella parte in cui trascurava che la gestione della Cassa sotto la Tesoreria Quinto era sempre stata ratificata ed approvata dai vertici del Partito e dal Congresso, circostanza dimostrata dalla puntuale approvazione dei bilanci e dal fatto che lo stesso On. Pannella – che in dibattimento ha chiarito di aver denunciato il Quinto per risentimento personale e comunque solo dopo che questi aveva instaurato una causa di lavoro al Partito Radicale – dopo un brevissimo periodo di assunzione delle funzioni di Tesoriere, aveva riconfermato il ricorrente nella qualità. Non era dunque illogico ritenere la condotta scriminata alla luce del disposto dell’art. 50 c.p., secondo il quale ‘non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne’”.

Insomma, sarei stato così presuntuoso da volerla fare in barba a Pannella, mettendo addirittura a bilancio tutte le poste che mi vengono contestate.

Invece, si tratta di una vicenda che ha poco di giuridico e molto di vendetta personale, consumata tra le pieghe di atti processuali e chicche di un’umanità politica persa in un profondo delirio d’onnipotenza. Per questo, ho riunito documenti e carte che hanno fatto vent’anni della mia vita. E ho scritto un libro.

Per quanto riguarda la causa di lavoro, perso il primo grado di giudizio, attraverso il mio legale, il prof. Giulio Prosperetti, ho presentato il ricorso in appello, che in conclusione chiede di dichiarare:
“Che dall’Aprile del 1986 al 18.08.2005. è intercorso tra il Sig. Quinto Pasquale detto Danilo e i seguenti soggetti: 1) Partito radicale Transnazionale, 2) Lista pannella, 3) Società Servizi Torre Argentina S.p.A., 4) Centro di produzione-Radio Radicale S.p.A. nella persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, un unico e ininterrotto rapporto di lavoro subordinato avente natura dirigenziale e per l’effetto condannare, per differenze retributive, ferie non godute, indennità di mancato preavviso e TFR, i suddetti appellati a corrispondere al ricorrente l’importo complessivo lordo già rivalutato al 2005 di euro 1.449.253,00., ovvero la somma maggiore o minore che dovesse ritenere di giustizia anche all’esito della CTU contabile; voglia inoltre dichiarare il diritto del ricorrente alla contribuzione previdenziale ed ai danni per i contributi prescritti; con interessi e rivalutazione delle somme, con vittoria di spese competenze ed onorari del doppio grado di giudizio. In via istruttoria si chiede l’ammissione dei capitoli di prova di cui al ricorso introduttivo e CTU contabile in ordine a spettanza del ricorrente ex art. 36 Cost. con riferimento al Contratto Collettivo dei dirigenti del settore terziario”.