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TRA LE RIGHE

Storia di Cristo

Giovanni Papini e lo "scandalo" del Dio fatto uomo. Un best seller mondiale in cui i Vangeli sono riletti con toni accesi e appassionati. Lontano dalle dolcezze catechistiche ecco un ritratto ancora attuale di Gesù e della sua carnalità.

Tra le righe 06_08_2011
Papini - Storia di Cristo La parabola umana ed artistica di Giovanni Papini (1881-1956) pare incarnare le principali inquietudini della modernità novecentesca e il loro superamento nel ritorno al Cattolicesimo. Fonda giovanissimo con Giuseppe Prezzolini Il Leonardo, rivista che fa suoi i fermenti superomistici e neopagani ed che agitano la cultura europea ad inizio secolo. Poi si fa araldo italiano della filosofia pragmatista, rifiutando l’egemonia dell’idealismo crociano che ammalia invece il compagno di prime avventure. L’esito di quel raffinato relativismo è il naufragio, verso i trent’anni, nella negazione di ogni valore morale e trascendente.

Sulle pagine di Lacerba Papini accoglie il Futurismo, da lui vissuto più all’insegna della feroce demolizione del mondo ereditato che della sua ricostruzione avanguardista propagandata da Marinetti. Coerentemente, nel 1915 è favorevole all’intervento; in quella che Benedetto XV chiama “inutile strage” lui vede una salutare distruzione, un annientamento della vita che “non è sacra”. Ma è proprio la Grande Guerra, nemmeno combattuta, solo letta nei giornali e nelle lettere degli amici, che lo porta al pentimento e all’abiura delle idee giovanili. Superato il nichilismo, reduce dal suo personale viaggio agli inferi, Papini abbraccia il Cattolicesimo.

Con convinzione, con una radicalità polemica, profetica, militante, mai accondiscendente con il mondo secolarizzato, imparentata con quella dei francesi Léon Bloy ed Ernest Hello. Il primo segnale della sua conversione, così scandalosa per i vecchi amici e perfino imbarazzante per le istituzioni ecclesiastiche più prudenti, è un libro pubblicato nel 1921: Storia di Cristo. In quelle pagine Papini racconta i Vangeli con toni accesi ed appassionati, polemizza con la critica positivista incapace di cogliere il sacro nel Nuovo Testamento e con le dolcezze catechistiche che ne attenuano l’impalcabile sfida al mondo. I dogmi sono presentati “con uno stile violento d’opposizioni e di scorci, ravvivato da termini crudi e risentiti”.

Nessuna carineria è concessa al lettore, a partire dalla Natività non raffigurata in “un presepio pulito e gentile” ma nella “miseria e nel sudiciume” della stalla dove Dio s’incarna fra gli aliti e gli afrori delle bestie. Ed è proprio la materialità, la carnalità di Cristo che il libro evoca, mantenendo nette distanze dalle rappresentazioni troppo spiritualizzate del Nazareno. L’opera diventerà un successo mondiale, il suo autore scriverà ancora molto, sempre fedele alla sua brama di far scandalo, anche se ormai in sintonia con lo scandalo supremo del Dio fatto uomo.

Commetterà ancora molti errori: troppa fiducia nel fascismo, l’ignominia della firma sul Manifesto della Razza, un eccesso di patriottismo acritico in occasione del secondo conflitto mondiale. Così la mondanità lo deluderà ancora, nuovi pentimenti arriveranno. Durante il biennio più buio della nostra recente storia nazionale, il 1943-1944, non si abbandonerà agli odi di parte, alla sete di vendette. Rifugiatosi nel convento sul monte della Verna, diventerà terziario francescano con il nome di fra’ Bonaventura.




Giovanni Papini

Storia di Cristo
Vallecchi, 2007, pagine 464, euro 20.