Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
SLOT MACHINES

Stato biscazziere Con una mano dà con l’altra toglie

L'ultima follia burocratica arriva da Orzinuovi, comune di 12mila abitanti a una manciata di chilometri da Brescia, dove Terry Morandi, titolare del caffè Portico, è stata multata per aver tolto la slot machine dal suo locale.  Impossibile, direte voi. Purtroppo, invece, lo è. E grazie alla stessa legge che, un anno prima, aveva stanziato 50 milioni di euro proprio per la cura del gioco d'azzardo compulsivo nei Sert.

Economia 06_05_2016
Slot machine, un business miliardario

Quando leggi certe notizie pensi che esse provengano da un mondo a parte, dove qualsiasi cosa (incluse le più folli e impensabili) diventa possibile. Poi scopri che sono accadute nel mondo in cui tutti noi viviamo: l'Italia. L'ultima follia burocratica arriva da Orzinuovi, comune di 12mila abitanti a una manciata di chilometri da Brescia, dove Terry Morandi, titolare del caffè Portico, è stata multata per aver tolto la slot machine dal suo locale. Impossibile, direte voi. Purtroppo, invece, lo è. 

A raccontare come siano andate le cose – alle telecamere di TeleOrzi - è la stessa titolare Terry Morandi che ha spiegato di essere stata tanto colpita dal vedere un anziano signore dilapidare tutti i suoi guadagni nell'unica macchinetta mangiasoldi del suo bar da decidere di spegnerla. Peccato che la procedura si sia rivelata tutt'altro che semplice: dopo una serie di solleciti – spiega Morandi - «due giorni fa mi è arrivata una raccomandata dove diceva che dovevo dare al monopolio di Stato 1.564 euro di mancato incasso. Cercavo di tenerla spenta, loro mi chiamavano tutti i giorni per farla riaccendere. La commercialista mi ha detto che non c'è niente da fare perché la procedura è prevista dalla legge di stabilità del 2015». 

La stessa legge che, un anno prima, aveva stanziato 50 milioni di euro proprio per la cura del gioco d'azzardo compulsivo nei Sert. Una contraddizione? È dir poco. Il rapporto dello Stato col gioco d'azzardo è piuttosto «la quintessenza dell’incoerenza», come lo ha definito la barista di Orzinuovi. Basti pensare che – come riporta Il Fatto Quotidiano (clicca qui) - nel 2015 lo Stato ha incassato dal comparto gioco d'azzardo la bellezza di 12 miliardi di euro, il 4,7% in più rispetto al 2014. Un ricavo talmente alto da mettere in allarme la stessa Commissione europea: nella opinione ufficiale di valutazione sul bilancio italiano consegnata alle autorità di Roma del 16 novembre scorso, il commissario Pierre Moscovici ha messo in dubbio le additional revenues from gaming, cioè gli incassi aggiuntivi ottenuti dal gioco. 

Anche la famosa sanatoria concessa all'inizio del 2015 alle 5.500 sale scommesse illegali con un giro d'affari complessivo di due miliardi e mezzo di euro (non autorizzate secondo la legge italiana, ma in regola secondo le leggi di altri paesi dell’Unione europea), bollata come un regalo alla lobby del gioco, non è stata altro che un'operazione con cui lo Stato ha puntato a recuperare nuove risorse economiche. Già perché, ovviamente attraverso il pagamento di un'imposta, le sale avevano la possibilità di regolarizzarsi garantendo – da quel momento in poi – una nuova fonte di reddito per lo Stato. 

Lo stesso Stato che – trincerato dietro ipocrite pubblicità progresso o scritte del tipo “gioca responsabilmente” – si comporta da vero e proprio biscazziere come dimostra la tassa una tantum da 500 milioni di euro che la legge di stabilità 2015 ha piazzato sui concessionari di slot machines. Un'imposta che il Tar del Lazio ha ritenuto illegittima in quanto – scrivono i giudici «presenta dubbi di compatibilità costituzionale con riferimento sia al profilo della disparità di trattamento sia al profilo della ragionevolezza». Già perché la tassa è stata addossata ai concessionari non in base agli incassi accertati, bensì sulla base del semplice numero di apparecchi gestiti. Ovvero, facendo un paragone neanche troppo azzardato (e perdonate il gioco di parole), come se si tassassero i bar sulla base della grandezza della loro macchina per il caffè invece che sulla base dello scontrini battuti.

Inoltre, è imposta a uno solo dei settori del gioco d’azzardo (le macchinette) lasciando indisturbati tutti gli altri settori come le lotterie nazionali alle quali, sempre la legge di stabilità, ha consentito di adottare ogni iniziativa idonea a sostenere l’offerta di quei “giochi” per i quali le giocate si sono ridotte almeno del 15% negli ultimi tre anni, col preciso intento di rilanciare il Superenalotto. A conti fatti, rispetto allo Stato regolatore e biscazziere, fanno molto di più le associazioni private fra cui spicca la Caritas Ambrosiana che – con 114 centri d'ascolto a Milano e numerosi altri in tutta la Lombardia – assiste da un punto di vista psicologico, legale ed economico chi è caduto nella ludopatia. 

Da un'indagine interna (clicca qui) risulta che metà dei centri assistono stabilmente da una a 20 persone dipendenti dal gioco d'azzardo. A livello italiano, secondo gli ultimi dati della Consulta permanente contro il gioco d’azzardo, ci sarebbero ben 708mila giocatori d'azzardo patologici, pari a una persona su 80, neonati inclusi. Un fenomeno talmente ampio su cui, almeno lo Stato, farebbe bene a non lucrare. O potrebbe, almeno, smettere di farci la paternale.