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GUERRA AL TERRORISMO

Sparatoria in Afghanistan, muore alpino italiano

Il caporalmaggiore Sanna colpito da un terrorista in divisa. La Russa: "Non è stato fuoco amico". E si aggravano le condizioni dell'altro militare ferito.
- L'impegno italiano, di G. Gaiani

Attualità 18_01_2011
Afghanistan

L'alpino Luca Sanna è l'ennesimo caduto italiano in Afghanistan. Il militare è stato colpito a morte e un suo compagno è rimasto gravemente ferito ieri durante uno scontro a fuoco avvenuto in un avamposto situato nei pressi della cintura di sicurezza della base militare italiana di Bala Murghab, denominata Hilander.

Secondo il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, Luca Sanna è stato ucciso da un terrorista in uniforme dell'esercito afgano. Sono due però le ipotesi ancora al vaglio degli investigatori: o che il terrorista non fosse un militare ma indossasse l'uniforme, oppure - "meno probabile" - che fosse un infiltrato nell'esercito afgano, arruolatosi proprio per compiere azioni di questo tipo.

Dopo aver centrato Sanna alla testa e l'altro militare alla spalla, l'uomo si è allontanato. "Per questo - ha spiegato La Russa - non è possibile dire ora con certezza se fosse un terrorista che indossava una divisa o un vero e proprio infiltrato nell'esercito afgano. In un caso o nell'altro non si può parlare di fuoco amico, perché è stato sicuramente fuoco nemico". Intanto però le condizioni dell'altro militare rimasto ferito sarebbero più gravi di quanto si era inizialmente pensato.

E la notizia ha scosso l'intero mondo politico istituzionale. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha subito commentato: ''Ci chiediamo se serve restare'' in Afghanistan. Il governo, ha ammesso il premier sta valutando una ''strategia per il ritorno dei ragazzi''. Ma a sollevare dubbi sulla missione italiana chiedendo un cambio di strategia e il ritiro delle nostre truppe sono oggi molti settori delle opposizioni.

Da parte sua il ministro La Russa ha replicato: "Ci interroghiamo tutti, ogni giorno, ogni minuto. Però benché ci si interroghi, come ha detto il presidente Berlusconi, sulla missione in Afghanistan, non credo tocchi a noi in questo momento vanificare lo sforzo di chi è lì da tanto tempo".  Quello che possiamo fare, ha aggiunto La Russa, "é dettare delle condizioni perché i nostri militari possano operare nel modo migliore".

Dopo gli 'Ied', gli ordigni esplosivi improvvisati che molte vittime hanno mietuto in Afghanistan tra i militari occidentali, la nuova minaccia per i militari italiani in Afghanistan è ora costituita dagli scontri a fuoco come quello in cui il 31 dicembre è stato ucciso Matteo Miotto e l'altro, per quanto atipico, che è costato ieri la vita al caporalmaggiore Luca Sanna. La Russa ha spiegato che la minaccia costituita dagli ordigni é di molto scemata negli ultimi tempi, soprattutto grazie all'azione di contrasto ai fabbricanti e ai mezzi tecnologici che neutralizzano gli effetti di queste bombe.

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa con profonda commozione la notizia dello scontro a fuoco avvenuto a Bala Murghab ha espresso i suoi sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei famigliari del militare caduto e un affettuoso augurio al militare ferito.

Anche il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha espresso il suo cordoglio: "Si tratta purtroppo di un ulteriore, carissimo contributo pagato dai nostri soldati nella loro quotidiana lotta contro il terrorismo internazionale. Questo tragico episodio è un ulteriore motivo per proseguire nello sforzo di stabilizzazione dell'Afghanistan ed ancor più accelerare il processo, già avviato, di transizione ed afghanizzazione che consentirà di trasferire all'esercito ed alla polizia afgani le responsabilità di sicurezza del proprio Paese".

Dall’inizio del conflitto, nel 2001, sono 36 i soldati italiani morti nel corso della decennale guerra al terrorismo che si combatte con durezza in una delle regioni più instabili del pianeta. Oggi, del resto, la fondamentale missione di peace-keeping che impegna i soldati italiani nel Paese centroasiatico vedi i nostri militi più esposti al fuoco delle milizia talebane. «Per la prima volta dopo tanti anni - spiega infatti La Russa - non stiamo solo dentro le basi fortificate, ma miriamo a controllare il territorio per fare in modo che la popolazione afghana rientri nei suoi villaggi».