Spagna, Messe vietate e Ramadan in libertà
Come in Francia e Germania, anche in Spagna ci sono state disparità di trattamento tra cattolici e musulmani. Alle Messe interrotte bruscamente dalla polizia per la presenza di pochi fedeli ha fatto da contraltare la libertà di cui ha goduto la comunità islamica per tutto il Ramadan. Segno, per molti analisti, della codardia del governo Sanchez e di una nuova islamizzazione del Paese.
Da queste pagine vi avevamo già raccontato del doppiopesismo tra Chiesa cattolica e islam che di fatto è stato sperimentato in Germania e Francia: delle ordinanze interne della polizia francese che chiedevano alle forze dell’ordine di non intervenire durante il Ramadan per comportamenti fuori dalle norme da quarantena, per non provocare scontri! (sic); o della riapertura delle chiese in casa Merkel, che è stata una conseguenza del via libera dei giudici per le moschee.
In Spagna le cose non sono andate diversamente. Ovviamente anche nell’ex cattolicissimo Paese iberico è imperversato il dibattito sul divieto delle celebrazioni eucaristiche. E come in Italia, il governo socialista di Pedro Sanchez ha emanato un decreto che proibiva categoricamente le funzioni religiose allo scopo di tutelare la popolazione dalla diffusione del nuovo coronavirus.
Nelle lunghe settimane di quarantena spagnola è successo che nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, a San Fernando de Henares (Madrid), la polizia facesse irruzione durante la Messa, interrompendola bruscamente per la presenza di cinque fedeli. Nel bel mezzo della Settimana Santa la stessa irruzione - violenta al punto da ricordare un passato che sembrava lontano in Spagna - era avvenuta nella cattedrale di Granada. Nella chiesa andalusa si stava celebrando il Venerdì Santo, quando l’ingresso della polizia ha interrotto la diretta della celebrazione, con tanto di sanzione amministrativa. La Domenica delle Palme la Messa nella chiesa di San Vincenzo de’ Paoli, a Siviglia, veniva celebrata sul tetto dell’edificio di culto, con gli altoparlanti, alla presenza di tre persone, ma anche in quell’occasione la polizia aveva interrotto la celebrazione.
Di episodi simili, in tutta la Spagna, ce ne sono stati molti. Eppure, lo stesso trattamento non è stato riservato anche ai musulmani, che il 23 aprile hanno iniziato il loro mese sacro. Una circolare del ministero dell’Interno ha voluto regolamentare il comportamento della polizia riguardo a preghiere e raduni per il Ramadan. Che è il mese, ricordiamo, durante il quale il mondo islamico digiuna dall’alba al tramonto - intervallando diversi momenti di preghiera - per poi dedicarsi a due banchetti comunitari, uno dopo il tramonto e uno prima delle 4 del mattino.
Sostanzialmente il ministero ha fornito indicazioni utili a valutare “l’opportunità di interrompere una preghiera in strada per evitare possibili disturbi”. Nei tre scenari immaginati, due hanno previsto che nessuno venisse sottoposto a sanzione e niente interruzioni per le preghiere. È così che per tutto il Ramadan l’islam spagnolo ha goduto della massima libertà. E le preghiere - anche nelle strade, completamente libere grazie al lockdown - si sono svolte regolarmente, con tanto di altoparlanti dalle sei del mattino.
Quanto è stato ripreso, allora, a Tarragona (Catalogna) - dove decine e decine di musulmani con altoparlanti e microfoni si sono ritrovati a pregare in strada senza il benché minimo disturbo da parte della polizia, anzi, secondo quanto riferito dalla stampa locale, con l’autorizzazione del sindaco - non era niente di inaspettato. Immagini che hanno fatto molto discutere. Al punto che sono stati montati diversi video atti a denunciare la disparità di trattamento tra cattolici e islamici: qui si vede come è stato (mal)trattato un sacerdote mentre diceva Messa nella chiesa di San Gennaro a Madrid e come invece l’imam, che occupava il suolo pubblico, abbia potuto agire indisturbato.
Non poche critiche sono piovute e in tanti hanno denunciato la codardia del governo sottomesso all’islam. Anche perché il governo ha nel frattempo concesso, a diverse comunità islamiche che l’hanno richiesto, la libertà di spostarsi - quando non era permesso - in altre località per poter fare tutti gli acquisti necessari per le cene del Ramadan.
Per molti analisti questi non sono che i sintomi di una nuova islamizzazione del Paese. La storia dell’affermazione dell’islam in terra iberica è durata quasi otto secoli. La vecchia Hispania ci mise solo cinque anni per ritrovarsi totalmente sotto l’influenza dell’islam e chiamarsi al-Andalus nel 716. La cronaca di oggi non è che una non più troppo remota eco di quel tempo.