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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

IL TEMA DEL MOMENTO

Sovranismo e patria

La nazione e la patria si reggono su una memoria storica e valoriale. Il tutto è collocato in quadro di storia della salvezza di grande respiro e non appiattito sugli slogan del momento.

Dottrina sociale 13_08_2019

Papa Francesco è intervenuto qualche giorno fa sul tema del “sovranismo” con un intervento piuttosto problematico. In tutt’altro modo aveva affrontato il tema Giovanni Paolo II nel suo libro Memoria e identità (Rizzoli, Milano 2005). Qui il tema della nazione, della patria e della identità è collocato in un quadro di storia della salvezza di grande respiro e non appiattito sugli slogan del momento. Il quadro è quello della caduta e della redenzione, della filosofia del male e della filosofia del bene. La nazione e la patria si reggono su una memoria storica e valoriale. Secondo Giovanni Paolo II il termine patria deriva da “pater” e rimanda quindi alla paternità degli antenati nei nostri confronti, al fatto che la nazione ci è patria in modo non uguale ma simile a come ci sono padri e madri i nostri genitori, al punto che egli poteva dire di essere “figlio della Polonia”. Secondo lui il fondamento dei diritti alla identità di nazione è costituito dal quarto comandamento: onora il padre e la madre. Anche la nazione va onorata come si onorano i genitori. Infatti l’educazione che l’uomo fa propria dentro la densità della cultura della propria nazione è una prosecuzione della generazione. 

Fondamentale, quindi, per esercitare l’amore di patria è la memoria che crea identità quando è portatrice di verità. La religione cristiana ha animato la memoria dei popoli cristiani, non disprezzando la dimensione nazionale e identitaria, ma riempiendola di verità dall’interno. La rivelazione cristiana si è sempre rivolta alle persona ma anche alle nazioni. La storia della salvezza è fatta di singole persone ed anche di popoli e di un popolo in particolare. La storia della Polonia, che nel libro viene richiamata, è significativa in questo senso.

L’ultimo capitolo del libro è di rara profondità. Vi si fa riferimento a Maria e alla sua memoria: “Conservava queste cose nel suo cuore”. La memoria di Maria è la memoria materna della Chiesa, la Tradizione, da cui nasce la sua essenziale identità. Ma la memoria della Chiesa conserva dentro di sé anche la memoria dell’uomo: “La Chiesa è madre che, a somiglianza di Maria, serba nel cuore la storia dei suoi figli”, conservando cosa l’uomo doveva essere in principio e trasmettendolo a tutte le nazioni. La Chiesa non si oppone alla memoria e alle identità, anzi essa conserva in sé la memoria salvifica di cosa era l’uomo nell’originario progetto di Dio e fa memoria di questa storia.

Tutto il discorso si innesta quindi nell’azione drammatica – storica e cosmica nello stesso tempo – della caduta e della redenzione, perché questa è la memoria della Chiesa, la memoria che essa infonde in quella delle nazioni. Con il peccato originale l’uomo era rimasto solo, autore di se stesso e signore della propria storia. Sono nate così le ideologie del male, ancora persistenti nella nostra società come “lo sterminio legale degli esseri umani concepiti e non ancora nati”. Solo la misura del bene immesso nella storia dalla venuta di Cristo può contrastare queste ideologie del male. Con la sua resurrezione, Egli ha rivelato “la giusta misura del bene inteso da Dio all’inizio della storia umana”, ha reso possibile la memoria, l’unica memoria veramente decisiva per l’unica identità veramente decisiva, quella cristiana. Memoria di come stavano le cose “in principio” che diventa misura di come dovrebbero essere, ossia guida per la vita. In questa memoria trovano spazio anche le memorie dei popoli, delle nazioni e delle patrie. Ecco lo stretto legame che collega il cristianesimo con le nazioni e che nella storia passata, le “nazioni cristiane” come la Polonia hanno realizzato, pur con le debolezze e gli errori dovuti alla situazione umana. 

Molti aspetti del pensiero moderno negano la caduta dell’uomo col peccato originale e non ammettono il dramma della caduta e della redenzione. Considerano ancora che l’uomo sia solo, creatore e salvatore di se stesso. Nascono così le ideologie universalistiche e, possiamo dire oggi con un termine che Giovanni Paolo II ancora non poteva usare, globaliste. Esse negano la memoria delle nazioni e la dimensione naturale delle “patrie”. Vogliono uomini soli e privi di identità nazionali. Nazioni prive della loro memoria non possono essere nemmeno portatrici della memoria della Chiesa, quella che Maria coltivava nel suo cuore.