Soldi e pressioni per convincere le donne ad abortire
Dipendenti delle cliniche misurati in base a quante donne fanno abortire, perciò "le richiamano a casa se hanno cambiato idea". Così un rapporto sul business dell'aborto inglese svela il volto nascosto dell'omicidio degli innocenti.
Al personale viene detto di richiamare le donne che hanno deciso di non abortire per offrire loro un nuovo colloquio; il rendimento del personale viene misurato sul numero delle donne che hanno deciso di abortire; i bonus sono concessi sempre con questo criterio.
Sono i risultati di un’indagine della Care Quality Commission, una commissione che ha lo scopo di vigilare sui servizi sanitari del paese, pubblicata giovedì scorso dal Daily Mail. Accade così che, dopo gli scandali che hanno coinvolto il colosso degli aborti americano Planned Parenthood, è la volta del leader dell'industria abortista inglese rappresentato dalla Marie Stopes International.
Secondo il rapporto, destinato a sollevare anche in Gran Bretagna il problema dei fondi pubblici concessi ai centri abortivi, i loro dipendenti sono “incoraggiati” a spingere le donne a sottoporsi all'eliminazione dei loro figli perché il numero degli aborti "è legato ai bonus-prestazioni”. Inoltre le donne che decidono di non abortire, spiega il documento, vengono bollate come “Did Not Proceed” (“Non ha proceduto”) con “il personale che era preoccupato che (queste donne, ndr) non procedessero”.
Ovviamente la Marie Stopes International, che serve circa 70 mila persone all’anno, ha dichiarato che quanto è emerso è falso, ma senza alcuna controprova. Inoltre, la Care Quality Commission, già l’anno scorso, aveva scoperto delle falle pesanti nel sistema abortista: venne alla luce che alcuni medici avevano firmato almeno 60 consensi per l’aborto senza nemmeno sapere chi fossero le donne che lo avevano domandato. Mentre secondo un’indagine successiva altri medici firmavano i consensi anche dopo una sola telefonata e senza aver mai incontrato di persona la donna.
Il rapporto della commissione afferma di ritenere che questa sia una "politica generica" adottata in tutte le cliniche di Marie Stopes. La parlamentare Fiona Bruce ha quindi definito “scioccante” il fatto che le cliniche della morte stiano approfittando delle donne in gravidanza cercando di fare più aborti possibile, piuttosto che fornire loro una consulenza genuina” e ha aggiunto che “ciò mina totalmente la legittimità di queste organizzazioni finanziate con fondi pubblici che devono essere poste sotto indagine”. La Bruce chiede giustamente un ulteriore accertamento dei fatti, ma non dovrebbe scandalizzarsi se l’industria dell’aborto non si fa problemi nel lucrare su quella che per loro non è vita.
Clara Campbell, dell’associazione Life, ha infatti dichiarato: “Questo dimostra la vera natura del profitto dell'industria dell’aborto”. Altro che aiuto alle donne. Anche perché se gli esecutori dell’aborto non hanno paura di uccidere i bambini innocenti, perché dovrebbero temere troppo di “mettere la salute e la sicurezza (delle mamme, ndr) a rischio per fare profitto”?
Non è dunque la Marie Stopes il vero problema, ma l’aborto legale. Come dimostrano le inchieste legate al mondo dell’aborto che in questi anni hanno smascherato la Planned Parenthood, scoperta a vendere bambini, a trattare le donne come carne da macello e a spingere le ragazzine verso il sadismo sessuale. Non c’è bene, e quindi meno peggio, per sbandierato che sia, a cui un male tanto disumano come quello dell’omicidio degli innocenti possa mirare. Convincersene è illudersi. E queste inchieste hanno il pregio di svelarlo.