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IRAQ

Soldati italiani feriti. Non si combatte ma i rischi restano

Cinque soldati italiani sono rimasti feriti ieri sulla strada per Kirkuk a causa di un ordigno esplosivo improvvisato. Non è chiaro se gli italiani fossero l'obiettivo o l'incidente sia casuale. Ai 1.100 soldati italiani in Iraq è vietato partecipare ad azioni di combattimento, ma questo non elimina i rischi.

Esteri 11_11_2019

Cinque incursori delle forze speciali di Esercito e Marina sono rimasti coinvolti ieri mattina nell’esplosione di un ordigno esplosivo improvvisato (Ied) in Iraq. Sono stati tutti evacuati in elicottero e ricoverati ma i tre più gravi sono stati trasferiti in un ospedale americano a Baghdad militari. Nessuno dei militari italiani sembra essere in pericolo di vita ma le serie ferite agli arti inferiori hanno costretto i sanitari ad amputare una gamba a un soldato.

L’attentato è avvenuto in mattinata quando un Ied è detonato in presenza di un team di incursori italiani schierati in Iraq nella zona di Kirkuk, dove ha sede la Task Force 44 che impegna un centinaio di militari delle diverse forze speciali italiane che hanno il compito di addestrare le unità antiterrorismo e le forze speciali irachene e curde.
Da quanto appreso dall’Ansa i 5 militari coinvolti dall’esplosione (3 incursori del GOI della Marina e 2 del 9° Reggimento Col Moschin dell’Esercito) sono stati attaccati alle 11 locali, nella zona di Suleymania, nel Kurdistan iracheno mentre operavano a piedi.Lo Stato maggiore della Difesa ha reso noto che il team “stava svolgendo attività di addestramento (mentoring and training) in favore delle forze di sicurezza irachene impegnate nella lotta all’Isis”,

Raramente le operazioni delle forze speciali vengono rese note e in molti casi l’attività di consiglieri militari impone di affiancare le forze curde anche in combattimento con un evidente rischio che anche i militari italiani vengano coinvolti in azioni a fuoco.
L’aspetto è delicato perché il contingente italiano in Iraq, oggi 1.100 militari che fino all’anno scorso erano 1.600, non è mai stato autorizzato a effettuare azioni di combattimento.
Per ragioni politiche Roma ha inviato fin dal 2014 un robusto contingente militare in Iraq (poi ridimensionato dopo la sconfitta del Califfato) ma non ha mai autorizzato il coinvolgimento in combattimento, neppure per la componente aerea i cui compiti sono limitati a missioni di ricognizione, sorveglianza e intelligence.

Sebbene lo Stato Islamico (probabile autore dell’attentato) sia stato sconfitto sul campo di battaglia e non controlli più città e regioni dell’Iraq, i suoi miliziani mantengono capacità belliche limitate agli attentati e alle imboscate. Una minaccia attuata spesso con l’impiego di ordigni improvvisati lungo le strade per ostacolare i movimenti delle forze irachene, curde e alleate.

Molti osservatori hanno messo in relazione l’attentato contro le nostre forze speciali con il sedicesimo anniversario dell’attacco terroristico qaedista alla base militare italiana di Nassirya (il 12 novembre 2003) ma l’attacco a Suleymania non è detto che fosse mirato a colpire gli italiani in modi specifico ma le forze della Coalizione in generale.
Semmai, quanto accaduto ieri può essere messo in relazione con l’attacco effettuato con un’autobomba suicida contro un veicolo Lince del contingente italiano in Somalia che ferì il 30 settembre scorso un carabiniere e due militari dell’esercito che operavano nella missione Ue che addestra le truppe di Mogadiscio.

Il fatto che nei teatri di guerra i militari italiani non abbiano compiti di combattimento non li mette al riparo dal fuoco e dagli attacchi del nemico.
Attualmente i militari italiani in Iraq sono circa 1.100 nell’ambito di una missione che prevede anche 305 mezzi terrestri e 12 mezzi aerei (tra cui 4 elicotteri NH-90 dell’esercito basati in Kurdistan) per una spesa di 166 milioni di euro nel 2019 che fanno della missione in Iraq la più costosa tra quelle che vedono oggi impiegati i nostri militari oltremare.

Le attività concernono l’addestramento delle forze di sicurezza curde (peshmerga) a Erbil, delle forze speciali curde e irachene a Kirkuk e della polizia federale irachena a Baghdad, quest’ultima curata da una novantina di carabinieri.
In Kuwait sono schierati 4 caccia Typhoon, 3 droni Predator e un aereo da rifornimento KC- 767A dell’aeronautica.