Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
GUERRA INFINITA

Siria, tutti contro tutti e le alleanze si ribaltano

Gli americani, per difendere i curdi democratici del Rojava, hanno bombardato milizie sciite pro-Assad vicino a Deir Ezzor. Intanto la Turchia, ancora ufficialmente nemica di Assad, interviene contro i curdi ad Afrin. Facendo, in pratica, gli interessi di Assad. La Russia teme che gli Usa non se ne vadano più dalla Siria e appoggia la Turchia.

Esteri 09_02_2018
Siria

La Coalizione militare internazionale guidata dagli Stati Uniti ha condotto nuovi raid aerei contro le forze alleate del regime di Damasco. La televisione di Stato siriana accusa Washington di una ''nuova aggressione'' dopo i raid aerei effettuati nei mesi scorsi contro le forze di Damasco. Secondo quanto riferito dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, nel raid sono stati uccisi 45 uomini delle forze filo Assad ma fonti americane ne riportano oltre il doppio con circa 100 morti tra le truppe fedeli ad Assad in un raid di rappresaglia per gli attacchi subiti dalle basi delle Forze Democratiche Siriane (Fds), milizie curde e arabe sostenute da Washington. L'agenzia di stampa siriana Sana ha riferito che le truppe lealiste combattevano "i gruppi terroristici del Daesh e la milizia arabo-curda".

L’attacco aereo è avvenuto nella provincia orientale di Deir Ezzor, dove le forze di Damasco cercano di riconquistare territori e pozzi petroliferi che le Fds hanno sottratto allo Stato Islamico. L’alleanza con gli Usa, che in Siria schierano qualche migliaio di soldati, ha permesso ai curdi di occupare ampie regioni inimicandosi però Damasco e Ankara. E’ ovvio infatti che le Fds fanno il gioco del Pentagono, che vuole impedire ad Assad e ai suoi alleati russi e iraniani, di riconquistare l’intero territorio nazionale.

Gli Stati Uniti vogliono dividere la Siria, "piani per la partizione esistono e noi ne siamo al corrente", ha denunciato ieri il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov anticipando che Mosca intende sollevare la questione con i suoi interlocutori a Washington. Dopo aver affermato che la loro presenza in Siria era esclusivamente giustificata dal contrasto ai gruppi terroristi, "ora dicono che continueranno a rimanere presenti fino a che non saranno certi dell'inizio di un processo per una soluzione politica stabile che porterà a un cambiamento del regime. Gli Stati Uniti stanno corteggiando diversi gruppi della società siriana contro il governo, inclusi quelli armati, e questo porterà frutti molto pericolosi", ha concluso Lavrov confermando così come la “guerra per procura” condotta in Siria non elimini i rischi di un confronto militare tra russi e americani.

Gli Usa utilizzano le fanterie curde, Assad le milizie sciite e i paramilitari oggi in prima linea a Deir Ezzor e nella battaglia contro i qaedisti a Idlib, i Turchi stanno attaccando la roccaforte curda ad Afrin schierando sul terreno le sacrificabili milizie dell’Esercito Siriano Libero costituito sei anni or sono da Recep Tayyip Erdogan per abbattere il regime di Damasco: in questa guerra ancora caotica nonostante la disfatta dello Stato Islamico ogni attore persegue interessi diversi ma a volte coincidenti.

Erdogan esclude ogni possibile contatto o intesa con Bashar Assad ma combattere i curdi delle Fds (e gli americani) è ormai interesse comune per siriani e turchi. Damasco rivuole i suoi territori petroliferi a Deir Ezzor e Ankara pretende di istituire una zona cuscinetto di 30 chilometri al confine siriano per tenere lontano i curdi, anche a costo di chiudere le relazioni già molto tese con Washington. Prospettiva che avvicinerebbe ancor di più la Turchia alla Russia, perfetta mediatrice per un’intesa turco-siriana che possa allontanare gli americani dal paese.

Le reiterate ambiguità di Washington in Medio Oriente e nella lotta al Califfato stanno quindi mettendo in difficoltà il ruolo degli Usa nella regione. Mentre in Siria le forze statunitensi resteranno senza un termine definito, In Iraq gli Usa cominciano a ridurre il numero delle truppe in un paese ancora segnato da sanguinosi attacchi terroristici dell’Isis. Dall'Iraq, come ha confermato anche il Pentagono, molti soldati statunitensi vengono trasferiti in Afghanistan mentre un alto funzionario iracheno ha affermato che si ritirerà in tutto il 60% delle truppe statunitensi attualmente presenti: cioè resteranno circa 4mila degli attuali 9mila militari. La Nato, su richiesta del Segretario alla Difesa americana, James Mattis, starebbe inoltre esaminando l'invio di una missione di addestramento "a lungo termine" in Iraq che avrebbe compiti addestrativi simili a quella varata dopo la caduta del regime di Saddam Hussein (Nato Training Mission-Iraq).

La determinazione degli Usa a restare ben presenti in armi in Siria, dove le forze americane tra l’altro non sono legittimate dal diritto internazionale, potrebbe non riuscire a scongiurare nuove escalation di una guerra ormai suddivisa in “sotto-conflitti”, quasi un tutti contro tutti in cui spesso le alleanze si rovesciano. Un contesto bellico caotico in cui sarebbe interessante comprendere il senso della presenza, nella provincia meridionale turca di Kahramanmaras, di una missione italiana con missili da difesa aerea SAMP/T inviati per proteggere lo spazio aereo turco contro eventuali attacchi balistici di Damasco, ormai del tutto improbabili.

Come ha riferito lo stesso Erdogan ai reporter turchi, durante gli incontri di lunedì a Roma con il presidente Sergio Mattarella e il premier Paolo Gentiloni, il presidente turco ha infatti ottenuto dall'Italia il prolungamento fino a settembre della presenza della batteria di missili Aster 30, sotto l'ombrello Nato. L’intesa potrebbe anche riguardare aspetti industriali poiché la Turchia vuole partire proprio dall’italo-francese SAMP-T per sviluppare un sistema di difesa antimissile nazionale.

L’aspetto paradossale però è che la notizia è stata resa nota da Erdogan ai reporter turchi sul volo di ritorno mentre in Italia nessuno ne ha riferito.