Siria, ora sono diventati tutti temporeggiatori
Dopo che un intervento militare punitivo appariva imminente, ora sulla Siria c'è cautela da parte di tutti. A partire proprio dal presidente Usa Donald Trump che getta acqua sul fuoco con altri tweet distensivi. Probabilmente perché non si trovano prove dell'attacco chimico. E perché colloqui diplomatici sono in corso, anche se discreti.
Emmanuel Macron annuncia di avere le prove dell’attacco chimico siriano a Douma, ma resta vago su tempi e obiettivi del blitz “punitivo” contro Assad e Angela Merkel si dichiara certa che Bashar al Assad non abbia distrutto del tutto i suoi arsenali chimici, ma esclude che la Germania possa partecipare ad azione belliche.
Anche il portavoce della Commissione europea, Maja Kocijancic, annuncia che “in base ai nostri rapporti la maggior parte delle prove indicano che siano state usate armi chimiche in Siria nell'attacco del fine settimana", ma prove finora non ne sono state mostrate e né è stato ipotizzato un movente credibile che avesse potuto spingere Bashar Assad a valutare vantaggioso un attacco chimico contro civili in una battaglia già vinta. Titubante appare invece il capo del Pentagono, James Mattis. "Credo che ci sia stato un attacco chimico, stiamo cercando le prove concrete" ha detto il Segretario alla Difesa senza spiegare perchè da due giorni gli Usa minaccino la guerra a Damasco pur senza avere prove concrete delle colpe di Assad.
Forse anche per questo Donald Trump sembra inaspettatamente voler prendere tempo. "Non ho mai detto quando potrebbe aver luogo un attacco in Siria. Potrebbe succedere molto presto oppure no! In ciascuna occasione, gli Stati Uniti, sotto la mia amministrazione, hanno fatto un grande lavoro per liberare la regione dell'Isis. Dov'è il nostro 'Grazie America?'" ha scritto il presidente degli Stati Uniti in un tweet. Comprensibilmente cauti i toni di Mosca, forse spiazzata dalle incoerenti esternazioni di Trump. "La Russia segue da vicino le dichiarazioni che arrivano da Washington" sulla Siria "e continuiamo a pensare che sia necessario astenersi da qualsiasi passo che possa portare ad un'ulteriore escalation", ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Qualcosa sembra comunque muoversi a livello di diplomazia per disinnescare l’escalation militare in Siria. La Turchia sta avendo un ruolo di mediatore, o quantomeno di 'collegamento' tra Mosca e i Paesi Nato, ha rivelato il quotidiano russo Kommersant, che riferisce anche di contatti segreti tra la Difesa russa e i vertici militari Usa. Secondo le fonti di Kommersant lo Stato maggiore russo conduce colloqui segreti con i colleghi americani e secondo il capo della commissione della Duma per la Difesa, Vladimir Shalamov, ci sono contatti in corso anche con la Nato, con la mediazione della Turchia.
Resta però evidente il singolare atteggiamento di Trump che fino a pochi giorni or sono annunciava l’imminente ritiro dei 2mila militari americani schierati in Siria. Mercoledì ha prima twittato che “i missili sono in arrivo”, poi i un altro tweet molto morbido con i russi ha detto che “abbiamo bisogno che tutti i Paesi lavorino insieme.” E infine ha accusato Robert Mueller, il procuratore speciale che indaga sul Russiagate, per il peggioramento delle relazioni con Mosca. L’impressione è quindi che Trump venga fortemente influenzato dalla minaccia di impeachment legata all’inchiesta e non si può escludere che questo fattore abbia avuto un peso determinante nell’indurre il presidente a rinunciare ai programmi di distensione con Mosca che erano in cima alla sua campagna elettorale. Un peso rilevante nel valutare le opzioni militari potrebbe averlo avuto la visita a Washington e Parigi del principe saudita Mohammed bin Salman, che è coincisa con la denuncia dell’attacco chimico a Ghouta da parte di Jaish al-Islam, milizia ribelle non a caso filo-saudita.
"Non vogliamo la guerra, ma non abbiamo paura e siamo pronti. Siamo molto più forti che in passato" ha detto ieri Bouthaina Shaaban, consigliere presidenziali di Bashar Assad, che ha accusato Israele di essere il principale beneficiario di quel che accade in Siria e per questo "sta cercando di prolungare la guerra”. A smorzare le tensioni intorno al rischio di un conflitto aperto tra russi e statunitensi in Siria ha contribuito anche il vice presidente dell''Accademia militare delle scienze, Sergei Modestov, che ha escluso “uno scenario nel quale gli Stati Uniti possano colpire intenzionalmente un sito in Siria dove sono dispiegati militari russi".
Quanto al ruolo di Roma in eventuali operazioni militari il premier Paolo Gentiloni ha detto che l’Italia non parteciperà ad azioni militari ma, in base agli accordi internazionali e bilaterali vigenti, continuerà a fornire supporto logistico alle attività delle forze alleate.