Siria, incertezza per i rifugiati. E ora cresce il timore per i cristiani
Dopo la caduta di Assad migliaia di rifugiati siriani sono già rientrati in patria. Ma per altri milioni la situazione rimane sospesa in attesa che si chiarisca il futuro del Paese. Quanto ai cristiani ci si chiede se saranno loro i prossimi a dover fuggire dal nuovo governo jihadista.
La fuga del presidente Bashar al-Assad mette fine in Siria a un regime autoritario che ha indotto centinaia di migliaia di persone a lasciare il paese e a chiedere asilo anche dopo il 2020, l’anno del cessate il fuoco che, se non ha messo fine alla guerra civile scoppiata nel 2011, ne aveva però contenuto l’impatto sulla popolazione. Dall’inizio del 2024 al 18 dicembre su 65.106 emigranti illegali arrivati in Italia, ben 12.355, vale a dire il 19%, sono siriani, secondi per numero solo ai bangladesi (che sono 13.594). Il dato italiano riflette quello dell’Unione Europea. A ottobre, ultimo mese per cui sono disponibili dati ufficiali diffusi dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), i siriani sono stati i più numerosi richiedenti asilo all’UE: 16mila, pari al 17%, su un totale di 97mila, il numero più alto registrato nel corso dell’anno. In tutto, alla data del 12 dicembre, i rifugiati siriani risultavano essere 4.814.333, quasi due milioni dei quali in Turchia e gli altri in gran parte ospitati, oltre che in UE, in Libano, Giordania e Iraq. Considerando che inoltre almeno 7,4 milioni di siriani al momento della caduta di Assad erano sfollati, quella della Siria, con oltre12 milioni complessivi di persone costrette a vivere lontano da casa, si conferma la crisi di profughi attualmente più grave del pianeta insieme a quella del Sudan dove a causa della guerra i profughi hanno ormai superato i 12 milioni.
Non sono disponibili dati precisi, ma si sa che a migliaia i siriani perseguitati da Assad hanno già incominciato a rientrare in patria, soprattutto provenienti dal Libano e dalla Turchia, mentre altri stanno invece lasciando il paese. La maggior parte dei rifugiati, però, sono in attesa di capire che conseguenze gli eventi delle ultime tre settimane avranno su di loro e sulle loro famiglie. «Si è creata una straordinaria opportunità per la Siria di andare in direzione della pace e quindi per la sua popolazione di iniziare a tornare a casa – ha dichiarato il 16 dicembre l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi – ma con la situazione ancora incerta, milioni di rifugiati stanno valutando attentamente quanto sia sicuro farlo». Ha aggiunto che i rifugiati devono essere in grado di prendere decisioni in base a informazioni sicure e che è necessario uno sviluppo pacifico degli eventi affinché dei ritorni “volontari, sicuri e sostenibili” diventino finalmente possibili. Ha concluso che l’Unhcr è pronto a dare sostegno e assistenza ai rifugiati che tornano in Siria, se e quando le condizioni lo consentiranno. Tuttavia, data l'attuale incertezza, i rifugiati continueranno ad aver bisogno di protezione nei paesi che li ospitano e di tempo per decidere se tornare a casa, e questo senza indebite pressioni. Va da sé che, nel frattempo, i siriani in attesa che la loro richiesta di asilo venga esaminata, “pienamente e individualmente”, come specifica l’agenzia delle Nazioni Unite, continueranno a godere degli stessi diritti degli altri richiedenti asilo.
Per molti l’attesa è destinata a prolungarsi. La Gran Bretagna e diversi paesi UE, tra i quali Germania, Francia, Grecia, Norvegia, Svezia, Danimarca e la stessa Italia, hanno deciso di sospendere l’esame delle richieste di asilo pendenti dei siriani dal momento che, come ha spiegato il ministero dell’interno austriaco, «la situazione politica in Siria è radicalmente e improvvisamente cambiata» e che la situazione politica è talmente confusa che non è possibile decidere se e per chi il paese è sicuro oppure no.
In Italia la decisione ha suscitato prevedibili critiche da parte delle associazioni e dei politici sostenitori non del diritto di asilo, che è garantito, ma del diritto assoluto a emigrare illegalmente. Il Tavolo Asilo e Immigrazione, una coalizione di diverse sigle che vanno dall’Asgi all’Oxfam Italia alla Commissione Migrantes GPIC Missionari Comboniani a Medici senza frontiere, denuncia come gravemente irregolare e del tutto inaccettabile la sospensione che “relega in un limbo” i richiedenti asilo siriani. Il Tavolo con un comunicato ha chiesto aiuto all’Unhcr, sollecitando inoltre una sua posizione circa la fattibilità dei rimpatri e un fermo richiamo alla «necessità di offrire ai richiedenti asilo e ai rifugiati siriani una piena protezione».
È fuori luogo la seconda richiesta perché nessuno, almeno per quel che riguarda i paesi europei, mette in dubbio i diritti di richiedenti asilo e rifugiati. Quanto alla sospensione dell’esame delle richieste di asilo l’Unhcr, solitamente tanto severo nei confronti dei paesi occidentali, ne ha preso atto e l’ha accettata “alla luce della situazione incerta e molto fluida”. Ha solo ribadito l’ovvio principio che le persone, siriani inclusi, devono poter fare domanda di protezione internazionale ed essere messe in grado di presentarla. Si è poi impegnato a fornire quanto prima possibile “indicazioni agli Stati sulle esigenze di protezione internazionale dei profili rilevanti di siriani a rischio”.
Il Tavolo Asilo e Immigrazione e le altre voci critiche, se la sorte dei siriani sta loro a cuore, dovrebbero piuttosto chiedere al nostro governo e all’Unione Europea che, di concerto con l’Unhcr, predispongano fin da ora ottimi piani di rimpatrio assistito affinché siano pronti nel caso che, come tutti auspicano, diventi fattibile il ritorno a casa di molti siriani in esilio. Uno dei compiti dell’Unhcr, affiancato da governi, Ong e altre agenzie Onu, è aiutare i profughi a tornare a casa non appena possibile.
Per fortuna, mentre nuove crisi si aprono, altre finiscono. Nel 2023 un milione di rifugiati e più di cinque milioni di sfollati hanno potuto fare ritorno a casa perché la crisi che li aveva messi in fuga è stata superata. Lo status giuridico di rifugiato può essere revocato se vengono meno le cause che hanno indotto una persona a chiedere asilo. Di solito non succede perché ogni profugo se ne va di propria iniziativa poiché desidera tornare a casa più di ogni altra cosa e viverci libero e sicuro.
Altri profughi siriani, e quali, avranno bisogno di protezione internazionale in futuro, è la domanda che tutti si pongono. Questa volta potrebbe toccare ai cristiani, se il nuovo governo jihadista decidesse di trattarli come dhimmi o peggio. «Siamo qui a Damasco, sulla Via Dritta da Al-Marymiya, accanto alla Moschea degli Omayyadi, e diciamo al mondo che noi, come cristiani, veniamo dalla terra del Levante e dai cedri del Libano, dagli spazi di Homs e dalla storia autentica di Aleppo, dalle ruote idrauliche di Hama e dal fragore delle sorgenti di Idlib, dal Mare di Latakia e dall’Eufrate di Deir ez-Zor. Non siamo ospiti su questa terra e non siamo figli di oggi o di ieri. Veniamo da Antiochia degli Apostoli, da questa terra che ha impregnato l'Universo del nome di Gesù Cristo». Così si è espresso domenica 15 dicembre, dopo la messa, Yohanna X Yazigi, Patriarca greco ortodosso di Antiochia, per rivendicare la natura autoctona delle comunità cristiane siriane. Le sue parole esprimono le attese e i timori dei siriani cristiani.
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