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IL GIUDIZIO

Sinistra illiberale, se n’è accorto pure l’Economist

Le etichette di bigottismo, la cancel culture, l’imposizione delle pretese di gruppi d’interesse, la rimozione di statue, eccetera: l’Economist mette a nudo l’illiberalità di sinistra (ma sbaglia nel parallelo con i populisti di destra). Conferme arrivano da un’intervista del Guardian all’ideologa del gender, Judith Butler, e da una Risoluzione dell'Ue.

Attualità 18_09_2021

C’è voluto tempo, ma almeno il liberale Economist, nel numero dello scorso 4 settembre, ha denunciato il pericolo di una sinistra estrema e illiberale che sta assumendo posizioni tiranniche in tutto l’Occidente. Ennesime riprove: l’intervista a Judith Butler sul Guardian del 7 settembre, dove sono bollati come “fascisti” tutti coloro che si oppongono ai dogmi del gender; la Risoluzione del Parlamento europeo (16 settembre) in cui si chiede alla Commissione di stabilire come reati penali non solo le violenze contro le donne ma anche “tutte le forme di violenza e discriminazione basate sul genere, contro le donne e le ragazze e le persone Lgbtiq”.

Scrive l’Economist nell’incipit del suo articolo: “Qualcosa è andato molto male nel liberalismo occidentale. Nel suo cuore, il liberalismo classico crede che il progresso umano sia portato dal dibattito e dalle riforme. Il modo migliore per navigare nel cambiamento dirompente in un mondo diviso è attraverso un impegno universale per la dignità individuale, per la libertà del mercato e per forme di governo limitate”. Sei anni or sono era stato l’Atlantic a denunciare con forza le movenze della sinistra illiberale e quel politically correct con cui “i membri più radicali della sinistra tentano di regolare il discorso politico definendo le opinioni opposte come bigotte e illegittime”.

L’Economist traccia un lungo elenco di come e quanto si sia accresciuta l’intolleranza della sinistra che è passata dalle definizioni di bigottismo alla cancel culture, sino alla decapitazione e rimozione di statue di personaggi storici nazionali, abbandonando i settori sociali e le battaglie di riferimento (operai, giustizia sociale, povertà etc.) per sostituirle con l’imposizione a tutta la società di interessi e pretese di gruppi d’interesse in base al sesso (o genere), alla razza, alle preferenze sessuali. Un desiderio di potere assoluto che possa permettere di realizzare, con qualsiasi mezzo, quella società ideale dove i privilegi di pochi gruppi siano rappresentativi di un malinteso “bene comune”, anche a scapito della libertà personale e della volontà della comunità nazionale. Ogni metodo è lecito pur di imporre una nuova uguaglianza che priva di ogni libertà gli avversari (e ne censura le ragioni), siano essi singoli, gruppi o intere comunità nazionali.

La gogna pubblica e la conseguente esclusione dalla vita sociale sono solo alcuni degli strumenti adottati. L’Economist ben ricorda con Milton Friedman che la “società che mette l’uguaglianza prima della libertà non avrà nessuna delle due”. Noi aggiungiamo che senza verità non c’è libertà che tenga, né uguaglianza reale esiste fuori dalla consapevolezza di una paternità comune (grazie a un Altro). Gli effetti prodotti dalla sinistra illiberale, fortemente debitrice del pensiero marxista e del pragmatismo gramsciano, erano già tutti presenti nel dibattito giuridico internazionale di inizio secolo ed evidenziati da Mary Ann Glendon e altri autorevoli studiosi nel volume Il traffico dei diritti insaziabili.

L’Economist sbaglia nell’immaginare una specularità tra populisti di destra e sinistra illiberale: la ghigliottina censoria appartiene solo alle contemporanee schiere sinistre che emulano Robespierre, non certo a coloro che difendono in Europa o negli Usa la dignità umana, le verità storiche e le libertà sociali ed economiche. Addolora il silenzio dell’Economist sull’inquietante alleanza tra molti dei plutocrati globali, pressoché tutte le grandi fondazioni filantropiche multimiliardarie e la sinistra.

Ma andiamo al Guardian che nei giorni scorsi, come detto, ha intervistato la maggiore ideologa del gender, Judith Butler, sul tema della femminilità e delle donne. Nell’intervista, tra le innumerevoli amenità, le signore Butler (la filosofa predilige il pronome “loro”) ha accusato le donne che sostengono la realtà del sesso biologico di essere fasciste, “anti-intellettuali” e “Terf” (trans-exclusionary radical feminist), ovvero l’insulto usato per le donne che dicono che non è possibile per un uomo trasformarsi in una donna. Secondo la Butler il genere “è un’assegnazione che non accade solo una volta: è in corso”; e quindi, mentre “si impone alla nascita”, può evolversi “lungo la strada” della vita. Da qui l’obbligo degli altri di usare il pronome che uno desidera in quel momento e il diritto di liberare le giovani generazioni con l’educazione, punire o marginalizzare i dissidenti (famiglie, intellettuali, politici, gruppi sociali, chiese). Coloro che si oppongono a questa folle teoria del gender sono “anti-femministi, omofobi e transfobici… l’ideologia anti-gender è uno dei ceppi dominanti del fascismo dei nostri tempi”.

Ebbene, a poche ore dalla pubblicazione online dell’articolo, il giornale ha eliminato alcuni dei commenti più incivili della Butler - a causa della protesta di molti lettori - tra essi questa conferma dell’illiberalità sinistra: «Il movimento anti-gender fa circolare lo spettro del “genere” come forza di distruzione… dobbiamo fare meglio nel raggiungere un pubblico più ampio».

Si può dire che i parlamentari europei abbiano ascoltato la Butler e approvato il 16 settembre, a poche ore dal discorso di Ursula von der Leyen sullo stato dell’Unione, una Risoluzione in cui chiedono alla Commissione di riconoscere entro fine anno la “violenza di genere come nuova sfera di criminalità” tra quelle elencate all’articolo 83, paragrafo 1 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). In pratica si chiede di individuare e combattere su tutto il territorio dell’UE la nuova presunta sfera di criminalità verso le persone Lgbt, come gli stereotipi di genere (maschili e femminili), eccetera. Chesterton ci aveva messo in guardia: “La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo… Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio”.