Singer, il "papa" dell'animalismo fa rimpiangere il Vangelo
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L'autore di "Animal Liberation" a Milano ha esposto la sua visione del mondo invitando a ribaltare le abitudini, così come lui ribalta la differenza tra uomini e animali. E senza volerlo fa capire quanto sia liberante il messaggio cristiano.
Lunedì 3 giugno presso l'aula Pio XII, a Milano, si è tenuta l'attesa conferenza del professor Peter Singer, autorità indiscussa del movimento animalista, già autore nel 1975 del bestseller Animal Liberation, rieditato nel 2023 col titolo di Animal Liberation. Then and now. La lecture milanese è stata organizzata nel contesto dei festeggiamenti nel centenario dell'Università degli Studi di Milano, e ha offerto al filosofo la possibilità di ripercorrere con l’uditorio gli elementi fondamentali della sua visione etica nella loro evoluzione pluridecennale.
L’intervento, accademicamente inappuntabile, è stato dunque un grande manifesto della visione animalista, propugnata peraltro non da un autore qualsiasi, bensì da colui che è stato presentato come “the pope of animalism” (il papa dell’animalismo).
A margine di tale ricostruzione, alcune riflessioni possono tornare utili. Anzitutto precisiamo, qual è la tesi centrale del filosofo? Minimalizzare il dolore e massimalizzare la felicità di tutti gli animali, siano essi umani o non umani.
Singer infatti da sempre ritiene che non sia possibile individuare una differenza netta tra uomini e animali. Siamo tutti animali, dotati in misura maggiore o minore della capacità di provare piacere o dolore.
Affermare la differenza uomo-animale è una nuova forma di pregiudizio – come nel caso di razzismo o sessismo – e si chiama specismo. Ovviamente, aggiungiamo, la dissoluzione dello specismo non lascia margini alla sopravvivenza dell’idea di persona.
L’indole del pensiero singeriano è attivista. Aderire alla sua filosofia equivale a riconoscere il dovere di agire in favore degli animali. In ciò si coglie il retaggio marxista dell’autore: pensare per agire.
L’approccio è tattico. E in particolare Singer suggerisce di focalizzare gli sforzi dell’attivismo soprattutto nella denuncia contro l'allevamento intensivo. Alla platea che lo incalzava, Singer ha chiarito che questo obiettivo è il più plausibile ed efficace, preferendo perciò lasciare da parte altre possibili azioni presentate in sala dagli astanti, quali la denuncia tout court dell'uccisione di animali o la tutela della sofferenza delle piante. Non era chiaro se alcuni interventi fossero sottilmente provocatori o spassionatamente devoti alla causa o filosoficamente capziosi.
Lascia delusi l’aggiornamento del pensiero animalista, quel “now” suggerito dalla riedizione del capolavoro singeriano nel 2023. La presentazione delle novità delle sue tesi, almeno nella conferenza, si è limitata infatti a rare informazioni relative all’evoluzione delle norme in materia di allevamento intensivo.
Fa inoltre un certo effetto sentire il professore denunciare la pratica di sottrarre i vitelli alle madri nelle fattorie, pratica utile per la produzione intensiva di latte, e mi sono chiesto se l’autore fosse contrario anche alla pratica dell'utero in affitto e al sottrarre bambini alle madri gestatrici. Ma probabilmente la risposta sarebbe stata sempre la stessa: minimalizzare il dolore per qualsiasi animale, umano o no – da soppesare con l’altra considerazione emersa a più riprese: gli uomini, nutrendosi di carni e prodotti dell'allevamento intensivo, causano il maggior dolore nel mondo animale.
Gli accenni al pensiero di altri teoreti (cattolici e non solo) sono stati pochi e di routine.
L'auspicio generale è stato che l'umanità nei prossimi decenni possa cambiare abitudini alimentari, così come negli ultimi anni sono cambiate le abitudini sessuali (i.e. al modo in cui l’accettazione dell’omosessualità ha rovesciato la visione cristiano cattolica – esempio dell’autore). Anche se, aggiungiamo, in questo secondo caso si è trattato di accettare una pratica di alcune minoranze, mentre nel primo caso si dovrebbe operare per lo stravolgimento delle abitudini delle maggioranze. Come? Nessuno lo ha precisato.
Ugualmente è rimasta inevasa una domanda ben più importante: perché? Perché dovremmo combattere per fuggire la sofferenza? In vista di cosa? E perché, se siamo tutti animali, gli animali umani dovrebbero preoccuparsi con tanta foga della sorte degli animali non umani? La visione del pontefice degli animalisti non ha risposto a questi interrogativi e non ha quindi aiutato a gettare ponti né verso i significati ultimi del vivere umano, né verso una convivenza equilibrata e giusta tra le varie creature della Terra.
D’altra parte le sottigliezze filosofiche in aula Pio XII – fatto salvo il problema del dolore delle piante – hanno lasciato piuttosto spazio ai progetti di rivoluzione animalista. In ciò confermando una visione orizzontale e solamente orizzontale della sfida esistenziale umana, orizzontale come il volo del pappagallo ritratto sulla locandina dell’evento mentre ad ali spiegate fende il cielo. E proprio questa immagine si presta a chiudere e commentare l’esperienza della lecture di UniMi, col disegno del cocorito che attraversa tutto intorno l’orizzonte, in curioso contrasto con l'immagine del grande crocifisso esposta pochi metri più in alto sul soffitto della sala. Stat crux dum volvitur orbis? Perché era proprio suggestivo contemplare il grande crocifisso ligneo sospeso sopra la testa del relatore, in un impietoso contrasto tra il sogno animalista di minimizzare il dolore e l'annuncio cristiano di dargli un senso, e un senso che sia proiettato verso una felicità di vita non solo massimalizzata, ma eterna.
Ascoltare le dotte e posate teorie dei filosofi più moderni ed applauditi risveglia fortissima la nostalgia del Vangelo capace di nobilitare la persona, e aiuta a comprendere quanto proprio oggi il nostro mondo illuminato e borghese abbia bisogno di un annuncio autentico e coraggioso.
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