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IL CASO

Sindrome post Covid, i benefici dell'ossigeno ozono terapia

Spossatezza, dolori generalizzati, mancanza di fiato, difficoltà nel concentrarsi, incapacità a fare esercizio fisico, mal di testa, difficoltà a dormire. Sono i sintomi più frequenti della sindrome post Covid in pazienti che sono guariti e sono già negativi, ma perdurano con disturbi spesso fastidiosi. Un problema che la scienza sta studiando e cercando di risolvere. L'ossigeno-ozonoterapia sta dando risultati incoraggianti. 

Attualità 12_02_2021

Un gruppo di pazienti che avevano contratto il Covid-19 e che erano diventati negativi ai tamponi molecolari, ma che continuano ad avere sintomi, in particolare spossatezza, condotto da Amy Watson dell’Oregon negli USA si sono associati creando un gruppo di decine di migliaia di pazienti post-Covid che si sono chiamati “Long haul Covid fighters”, cioè lunghi trasportatori, soprattutto donne abbastanza giovani di circa 40-45 anni, molto diverse dai tipici pazienti anziani con preesistenti problemi di salute con Covid-19 in atto.

Hanno attivato gruppi di supporto e alleanze con pazienti affetti da CFS/ME. Un gruppo inglese Long Covid Sos ha iniziato una campagna per il riconoscimento, la ricerca ed il supporto in Gran Bretagna. In altri paesi europei, compresa l’Italia, si chiamano pazienti con Sindrome Post-Covid. Infatti il 50-80% dei pazienti dopo il Covid continua ad avere sintomi molto fastidiosi tre mesi dopo l’insorgenza del Covid-19 anche se ripetuti tamponi molecolari non evidenziano più SARS-Cov-2 nel tampone.

I sintomi più comuni sono spossatezza, dolori generalizzati, mancanza di fiato, difficoltà nel concentrarsi, incapacità a fare esercizio fisico, mal di testa, difficoltà a dormire. Poiché il Covid-19 è una nuova malattia iniziata con un outbreak in Cina nel dicembre 2019, non abbiamo informazioni sulle percentuali di guarigione a lungo termine. Oggi non siamo in grado di predire chi sarà un soggetto che svilupperà una sindrome post-Covid, però sappiamo, come un articolo di Science ha riportato recentemente, che anche le persone che sono state affette da una lieve o moderata forma di Covid-19 possono avere questi sintomi e pazienti che invece sono stati colpiti dalla malattia in forma severa possono tornare alla normalità due mesi dopo.

La sindrome Post-Covid, con tutti i sintomi sopra elencati, è più facile che si verifichi nelle persone sopra i 50 anni, le persone con due o tre malattie croniche e persone che hanno avuto una forma severa di Covid-19. Non c’è ancora una definizione formale di sindrome Post-Covid ma si può pensare che una definizione ragionevole potrebbe essere quella che tutti coloro che sono stati diagnosticati con il SARS-Cov-2, che causa Covid-19, e che non sono tornati ai loro livelli di salute e funzionalità precedenti. Dopo sei mesi, possono essere considerati in questa definizione.

Il post-Covid può includere due gruppi di persone che sono state colpite dal Coronavirus: il primo gruppo ha sperimentato qualche forma di danno (non sappiamo ancora se permanente o che si risolverà nel tempo) ai polmoni, al cuore, ai reni o al cervello e che può aver influenzato la loro abilità a funzionare al meglio e questo perché la proteina spike del SARS-Cov-2 può colpire le cellule umane con recettori ACE2 potenzialmente in tutto il corpo, in primis polmone, cuore, fegato, reni e cervello.

Nel secondo gruppo ci sono le persone che continuano a sperimentare sintomi debilitanti come spossatezza, affaticamento anche dopo piccoli sforzi, nebbia nella testa, dolori muscolari ed articolari, sensazione di avere come un’influenza cronica, anche se non ci sono danni riscontrabili ai loro organi, in particolare il polmone.

Il Dr. Anthony Fauci, Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases all’NIH di Bethesda negli Stati Uniti, ha riportato per primo che molti nel secondo gruppo di pazienti avevano sviluppato una condizione molto simile a quella che si chiama CFS/ME. Questa patologia si può sviluppare anche dopo altre malattie infettive, per esempio la mononucleosi, la malattia di Lyme, l’influenza, la SARS che è un’altra malattia data dal Coronavirus, il SARS-Cov-1 e personalmente da 20 anni sto vedendo questi pazienti dopo aver partecipato ai CDC di Atlanta nel 1993-1994 a varie riunioni per formulare la nuova classificazione di CFS che fu pubblicata il 15 dicembre 1994 dall'Annals Internal Medicin.

Negli USA si stima vi siano circa 2 milioni di persone affette da CFS/ME secondo il National Accademy of Medicine, in Italia circa 500mila persone ed è una malattia causata da alterazioni immunologiche, come la produzione abnorme di citochine fra le altre anomalie. Sappiamo che la maggior parte dei pazienti con CFS/ME possono rimanere malati per molti anni, anche se un trattamento sviluppato nell’ambito della SIOOT (Società Scientifica di Ossigeno Ozono Terapia) che si chiama Ossigeno-ozonoterapia ha dato dei risultati sorprendenti ed effettivamente un 70% dei pazienti può avere benefici e a volte anche importanti e duraturi dopo il trattamento, questo per le capacità dell’ozono di agire efficaciemente come immunomodulatore, energetico, anti-infiammatorio ed antivirale tra le altre proprietà.

Effettivamente in questo momento, anche presso la Clinica Tirelli Medical Group di Pordenone, abbiamo un numero consistente di pazienti che affetti da CFS/ME sia Pre che Post-Covid sono in trattamento con l’ossigeno-ozonoterapia secondo i protocolli SIOOT ed alcuni hanno già notevoli benefici nella CFS/ME Post-Covid come si avevano nella CFS/ME pre covid.

Una situazione clinica preoccupante è per coloro che possono avere degli effetti potenzialmente a lungo termine sugli organi colpiti come i polmoni, il cuore, i reni ed il cervello. Già nel mondo vi sono attivate delle cliniche come la nostra che ha grande esperienza con la CFS/ME, con l’intento di studiare e trattare coloro che sono affetti da Sindrome Post-Covid. Sono state studiate le TAC polmonari di circa mille pazienti con Covid-19 che provengono da diversi studi pubblicati in letteratura medica e si è riscontrato che i lobi inferiori dei polmoni sono quelli più frequentemente danneggiati.

Uno studio austriaco ha dimostrato che il danno ai polmoni si riduce nel tempo e mentre l’88% dei partecipanti aveva danni visibili alla tac polmonare 6 settimane dopo essere stati dimessi dall’ospedale, questa percentuale era diminuita a 56% dopo 3 mesi. Sappiamo anche che pazienti infettati con l’altro Coronavirus il Sars-Cov-1 avevano avuto dei danni che potevano perdurare molto a lungo. Uno studio pubblicato ha dimostrato che dopo la SARS, causata dal virus SARS-Cov-1, nel 2002-2003 e che fu descritta per la prima volta da un nostro eroico connazionale il Dr. Carlo Urbani, che si trovava in Vietnam e che morì di questa patologia, e che misteriosamente scomparse nel luglio 2003 dopo essere stata confinata a Cina, Taiwan, Vietnam, Hong Kong, Toronto (Canada) anche dopo 15 anni il 5% di infettati avevano ancora delle alterazioni visibili nei polmoni e il 38% avevano una capacità di diffusione dell’ossigeno ridotta.

Un altro studio fatto a Taiwan su coloro che erano guariti da SARS dimostrava che nel 30% dei casi vi erano dei sintomi a lungo termine che potevano essere classificati come CFS/ME. La sindrome post-Covid rimane pertanto ancora da studiare a fondo e certamente è una problematica medica di potenziale, grave impatto sulla popolazione che è “guarita” dal Covid-19 e noi la stiamo studiando e trattando con successo con ossigeno-ozonoterapia nell’ambito della SIOOT presso la clinica Tirelli Medical Group di Pordenone dove peraltro effettuiamo tamponi rapidi e molecolari e ricerca degli anticorpi neutralizzanti per valutare l’evoluzione dell’immunità nei soggetti che già hanno passato l’infezione e nei vaccinati, nell’ambito della unità COVID-19 che si è costituita nella struttura.

*Direttore della Clinica Tirelli Medical Group di Pordenone