Sindaci all’attacco: obiezione di coscienza alle unioni gay
Dopo il passaggio della legge Cirinnà al Senato, molti sindaci trovano, in coscienza, inaccettabile celebrare un’unione omosessuale per convinzioni morali o religiosi. E chiedono al Parlamento di includere una clausola sull’obiezione di coscienza. Già più di cento le adesioni di sindaci di ogni schieramento.
In un’Italia in cui le mense si adeguano alle diete dei fedeli di altre religioni, in cui si tolgono i crocefissi dalle aule dei Tribunali e in cui non si allestiscono i presepi nelle scuole per non urtare le sensibilità dei non credenti, qualcuno inizia a porsi il problema delle centinaia di sindaci e delle migliaia funzionari e impiegati comunali che chiedono di poter dichiarare la propria obiezione di coscienza alla costituzione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso.
In seguito al passaggio della legge Cirinnà al Senato, l’Associazione Pro-Vita Onlus ha infatti ricevuto molte segnalazioni di sindaci che troverebbero, in coscienza, inaccettabile celebrare un’unione omosessuale per convinzioni personali di carattere morale o religioso. Perciò poco prima delle festività pasquali la onlus ha lanciato una petizione di primi cittadini italiani che chiedono al Parlamento di includere una clausola sull’obiezione di coscienza e che nel giro di pochissimi giorni ha raccolto già più di cento adesioni di amministratori di ogni schieramento e di ogni parte d’Italia.
L’iniziativa è stata presentata in una conferenza stampa organizzata alla Camera da Pro-Vita, insieme con il presidente del Comitato promotore del Family day, Massimo Gandolfini, e con il deputo di Forza Italia, Fabrizio Di Stefano, il quale ha redatto e presentato il testo dell’emendamento che tutela il pubblico ufficiale obiettore. In pratica, la clausola sull’obiezione prevede la presentazione di una dichiarazione per iscritto al sindaco e al Prefetto, che produce effetto immediato e va eseguita entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge o all'atto dell'assunzione della carica pubblica o dell'instaurazione del rapporto lavorativo. In base a questo emendamento nessuno potrà quindi subire conseguenze sfavorevoli per avere dichiarato la propria obiezione di coscienza e i Comuni avranno inoltre l'obbligo di rendere noto il diritto ad esercitare l'obiezione di coscienza, nonché di predisporre la modulistica per la dichiarazione di obiezione e di trasmettere al Prefetto, per conto dell'obiettore, la dichiarazione ricevuta.
«Certe sensibilità in Italia godono di rispetto altre molto meno», ha osservato l’onorevole Di Stefano, «ma credo che sia giusto rispettarle tutte e, in questa fattispecie, vogliamo difendere quello che tra l’atro è sentimento più diffuso tra italiani come hanno dimostrato i due grandi Family day contro il ddl Cirinnà». «La battaglia faremo comunque perché è giusta», commenta poi Di Stefano ammettendo però che, molto probabilmente, il Partito democratico non consentirà nemmeno questa “apertura di civiltà” sul testo licenziato dal Senato. Il Parlamento in teoria è ancora in tempo a fare tutte le modifiche che ritiene più opportune, ma il cambio di una sola virgola del ddl da parte della Camera dei deputati comporterebbe un ritorno obbligatorio del testo nell’aula di Palazzo Madama, aprendo scenari che non sarebbero più controllabili dalla coalizione di governo.
Resta il fatto che esonerare un funzionario pubblico dall’officiare un’unione tra persone dello stesso sesso non è cosa secondaria rispetto a tutte le implicazioni di questa legge. Oltretutto, sono sicuramente di più le persone pronte ad astenersi dal collaborare alla celebrazione di un’unione omosessuale, che le coppie omosessuali interessate a contrarre un’unione civile. Insomma, la questione non va sottovalutata, fatto sta che negli Stati Uniti e in Francia numerosi sindaci che si sono rifiutati di celebrare sono stati puniti con multe e reclusioni, un rischio a cui potrebbero andare incontro anche molti primi cittadini e funzionari comunali italiani che si espongono a denunce penali per omissione delle proprie funzioni. E anche per questa ragione Pro-vita ha deciso di non pubblicare i nomi dei sindaci aderenti, anche se alcuni di loro hanno deciso di rendere pubblica la loro posizione come il sindaco di Avio, Federico Secchi; quello di Castel del Forte, Massimiliano Gazzani e il sindaco di Castiglione Fiorentino, Mario Agnelli, che era presente alla sala stampa della Camera e che ha ribadito la sua non disponibilità a celebrare unioni tra persone dello stesso sesso.
«Non mi sento un eroe, ma non mi dite neanche che non sono al passo con i tempi, io lascerò libertà di scelta a tutti i consiglieri che non la pensano come me», ha detto Mario Agnelli, dicendosi pronto ad andare incontro a denunce penali: «eccomi qua sanno dove trovarmi!».Sempre Agnelli nel 2015 chiese al Consiglio comunale di approvare una mozione che richiamava la presenza dei crocefissi e dei presepi nelle scuole del paese.
E di «clausola di civiltà, garantita anche delle carte internazionali», ha parlato infine Massimo Gandolfini che poi è tornato a denunciare tutte le forzature che sono state fatte sull’iter parlamentare per arrivare all’approvazione del ddl Senato. E con l’approssimarsi del voto per le amministrative, Gandolfini ha inoltre ribadito l’invito a tutto il popolo del Circo Massimo di guardare attentamente cosa hanno fatto sindaci uscenti per le famiglie e cosa propongono i nuovi candidati, con un occhio particolare all’allocazione delle risorse per i nuclei in difficoltà e gli aiuti alla natalità. Non meno importante sarà poi l’impegno per il “No” al referendum sulle riforme costituzionali di ottobre: «La legge sulle unioni civili rischia di passare senza mai essere stata dibattuta nonostante ancora esistano due rami del Parlamento, cosa avverrà nel momento in cui legifererà una sola Camera che, grazie alla nuova legge elettorale, sarà composta da una maggioranza bulgara? Anche negli Usa in potere ha più contro-bilanciamenti!».
Il presidente del Comitato promotore del Family day ha quindi additato quei diktat politici che oggi arrivano dalla maggioranza e da Palazzo Chigi affinché la legge venga blindata anche alla Camera con la questione di fiducia. Pare, infatti, che la mediazione tentata da alcuni deputati catto-dem sia stata subito stroncata da Renzi che vuole chiudere la partita entro l’estate. E proprio ieri si sono chiusi i termini per la presentazione degli emendamenti, (secondo l’ufficio legislativo dovrebbero ammontare a circa un centinaio), oggi invece il testo sarà calendarizzato in Commissione e seguirà una via privilegiata che non prevede limiti temporali per la discussione.
Tuttavia, si prevede l’approdo in aula per i primi di maggio e - visti i numeri schiaccianti della maggioranza a Montecitorio - l’approvazione della legge entro lo stesso mese. Dopo di che seguirà la firma del presidente delle Repubblica e la conseguente pubblicazione in Gazzetta. Se tutto filerà secondo i piani del governo, entro la fine di giugno saranno celebrati le prime unioni civili nei municipi italiani. E c’è da scommettere che diversi Comuni faranno la corsa per allestire le prime cerimonie per accaparrarsi la benevolenza delle lobby gay. A noi obiettiamo non resterà che la curiosità di vedere chi indosserà l’abito bianco.