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FORZA GAY

Silvio e Luxuria: Ferrara se ci sei batti un colpo

La svolta gay di Berlusconi siglata nella cena di Arcore con Luxuria preoccupa Forza Italia, ma non il Foglio di Giuliano Ferrara. Che cazzeggia e butta sul ridere le dichiarazioni pro gay dell'ex Cavaliere, sempre più allineato alle voglie della fidanzata Pascale. Ma non molto tempo fa, Ferrara non era così evasivo.

Politica 16_10_2014
Giuliano Ferrara, direttore del Foglio

A pensare male si fa peccato, ma… Difficile non sospettare che la soffiata di Matteo Renzi a Repubblica non sia la risposta alzo zero, il colpo di artiglieria pesante contro il selfie Pascale-Berlusconi-Luxuria e Dudù servito con il caffè alla cena di Arcore. Il premier voleva rubare la scena alla “family gay” dell’ex Cavaliere e così si è inventato la notizia di un testo del governo sui matrimoni gay pronto da mandare in aula nel caso che la proposta in Commissione Giustizia del Senato venisse impallinata dal fuoco amico dell’Ncd. E Repubblica l’ha ripagato con un bel titolo sulla prima pagina: “Arriva le legge sulle unioni civili, ma solo per i gay”. Cronaca più commento. Berlusconi, tiè. Il grande comunicatore battuto dal piccolo Fonzie fiorentino. L’avessero saputo in tempo, quelli del Giornale avrebbero postato la foto del trio in prima, anziché acquattarla in fondo a pagina 5. Ma si sa, le mattane di Silvio e Francesca, la coppia più gay friendly d’Italia, stanno imbarazzando non poco il centrodestra di osservanza berlusconiana, comprese le sue rappresentazioni cartacee. 

Il Giornale di Sallusti abbozza, lasciando di quando in quando al sempre più rincattucciato Feltri il compito di sparacchiare a vanvera sul tema. Libero di Belpietro, un giorno ci scherza e l’altro fiancheggia dolcemente, ma senza troppa convinzione. E il Foglio di Giuliano Ferrara? Beh, il quotidiano dell’elefantino è davvero un "caso cinico", esempio fulgido di singolare sdoppiamento politico e giornalistico. Inflessibile nell’apologia della dottrina montinian-ratzingeriana, defensor fidei et moris su famiglia, divorzio e matrimonio, fino ad accusare i padri sinodali di eresia e attentato al magistero, il Foglio svolazza con gaia nonchalance sugli sbandamenti arcoriani, dannunzianamente cantati come l’ultimo guizzo di genio di un anarchico folle, impolitico, allo stesso tempo «infantile, ludico, adolescenziale e femminile». 

Per la terza vita, quella post bunga-bunga, dell’”Amor nostro”, come affettuosamente lo chiamano i foglianti, Ferrara propone memorie nietzchane e surrealiste: “La gay scienza del Cav”, gigioneggia il titolo della paginata firmata dal brioso Salvatore Merlo, che dà conto della luxuriosa serata in villa. Gli soccorre l’ironia dell’amico Fidel, il sornione Confalonieri che filosofeggia: «(Silvio) É Platone. Alla fine siamo sempre lì. É come Alcibiade che si rivolgeva a Socrate: "Tu non mi volevi". O forse è Gide, la difesa dell’omosessualità... O forse – aggiunge il presidente di Mediaset, con tono veritativo – è semplicemente la Francesca». Pirandello alla milanese: uno, nessuno o qualcuna. Sì, è Francesca, la papessa di Arcore, ma un po’ anche Francesco, quello che sta in Vaticano, a dar retta al professore turbo liberal della maison, quell’Antonio Martino che per l’occasione si improvvisa teologo. Un po’ alla Mancuso, vabbè, ma mica son cattivi, questi teocon da tavernetta. «Berlusconi con questa storia dei diritti omosessuali si è messo in linea con il Sinodo», cippirimerla il fu ministro, «cioè con la Chiesa di Papa Francesco, e dunque si è, chissà, sintonizzato un po’ anche con lo Spirito Santo». Alleluja, dalla cena al Cenacolo.

Pascale, Berlusconi e Luxuria

Ma nessuno crede alla svolta spirituale, perché rivela Merlo, «come spesso nella sua vita, Berlusconi si muove in politica sulla scia di un fatto privato, perché “lei gli ha rotto i coglioni”, come sintetizza Carlo Freccero». Beh, l’analisi non sarà da centro studi, però spiega tante cose. Ma no, non c’è nessun patto del Nazareno da firmare con Renzi sui temi etici, la politica non c’entra, inutile cercarla in quel selfie con Dudù e Luxuria. Quella è pura pop art, “disinibizione ludica”, gaio divertissement, “fantasia semantica” in salsa arcobaleno. Di sicuro, tranquilizza il Merlo fogliante, c’è «più Pingitore che Oscar Wilde». Sono solo cenette, o, al massimo, barzellette.  Come quella di Maurizio Bianconi, tesoriere del Pdl, ex An che dice al cronista: «Com’è noto, il lato B è l’organo sessuale del futuro. E poi voi dite che Berlusconi non è avanti!». Oppure, dietro, secondo la prospettiva. E allora, addio monti sorgenti dall’acque: il manzoniano Merlo ci informa che son tramontati i  tempi del «lifting esibito, del trapianto di capelli con bandana, la cura della chiostra dentaria che il sorriso piacione incastona, e tutta quella adesione quasi filosofica alla parure, ai giochi di corte, dispetti e chiacchiericci. Ora Berlusconi, con Francesca e Vladimir, torna a essere rutilante giostra del privato».

Privato o privè, in fondo è lo stesso. Comunque non ci sarà più una Elisabetta Gardini, portavoce degli Azzurri, a cacciare la trans-rifondarola Luxuria dai bagni femminili della Camera. Ad Arcore, Vladimiro Guadagno ha potuto scegliere tra dieci toilette grandi come una suite. A scortare l’ex drag queen del Muccassassina ci penseranno le ruspanti deputatesse Manuela Repetti e Laura Ravetto, oppure Giovanni Toti, ex giornalista ora ripetitore del verbo e primo bastonatore del traditore Alfano che “usa la religione” contro le coppie gay. O anche Mariastella Gelmini che sotto gli abbottonati tailleur da suorina laica nasconde muscoli da Village People. Avanguardie di un cerchio magico e adorante, capi di un esercito allo sbando, svenuto e stordito dalla “disinibizione ludica” del Cavaliere. Che si abbatte, scrive Merlo, «con l’ineluttabilità di un fenomeno naturale, un fulmine, una cascata su generali e caporali, intendenti e soldati semplici, pigiatori di tasti e nominati da listino, che al telefono con i giornalisti alludono, scivolano, evitano, tagliano l’angolo, farfugliano». Signori, questa è Forza Italia, lo garantisce il quotidiano di Ferrara. 

Vabbè, la vita è tutta un quiz e anche il fu Pdl oggi è un ammasso di peones disorientati, alle prese con i rebus e gli interrogativi di un Cavaliere tutto genio e sregolatezza, l’impolitico che dopo aver fatto del privato (interesse) la sua politica ora metterà la politica a servizio del privato. Quello improvvisamente scoperto grazie a «una fidanzata insistente e sicura di sé che ha pure preso la tessera dell’Arcigay e che gli ha fatto “una capa tanta”, come racconta Luxuria». E questo il futuro promesso?  Chi ci sta alzi la mano, ma non saranno in molti a rimettersi sulle labbra il rossetto rosso fuoco, come fece Ferrara dopo la sentenza Ruby, disposti a riaggiornare il vecchio gingle “siamo tutti puttane” in un più moderno “oggi froci”. 

Il copyright è ancora di Ferrara, ma forse era un altro elefantino quello che scriveva contro la sentenza della Corte Suprema americana che legalizzava i matrimoni omo, che manifestava le sue «idee contrarie alla gay culture, il cui culmine è l'abrogazione della felice differenza, anche erotica o di stile di vita, approdata appunto alle nozze gay», che rivendicava il diritto a «campagne culturali intorno a temi come il matrimonio, la famiglia, l'educazione dei figli, la libertà di amare senza trasformare sentimenti e desideri in diritti, che è un'auto-contraddizione bestiale». Lo stesso che oggi invita i cattolici a vigilare sul Sinodo, bacchetta il Papa, ammonisce vescovi e cardinali a non cedere alla dottrina Kasper, ai finti misericordiosi che stanno, cancellando “d’un colpo il peccato originale e la legge naturale”. “Il Sesso squassa la vigna” (del Signore), titolava ieri la prima pagina del Foglio, avvertendo che “Al Sinodo il tempo presente della fede è in discussione”. Ok, ma se è così, caro direttore, crede davvero che lo Spirito Santo sia sceso ad Arcore, come rivela l’evangelista Martino?