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GOVERNO

Sì alle armi ai curdi. Ma non si sa ancora quali

Dopo giorni di chiacchiere sugli aiuti militarti che l’Italia invierà ai curdi nessun chiarimento è giunto dalle comunicazioni alle Commissioni parlamentari Esteri e Difesa dei ministri Mogherini e Pinotti. L'Italia invierà armi leggere ai peshmerga, ma non è ancora chiaro quante e quando.

Politica 21_08_2014
Combattenti curdi

Dopo giorni di chiacchiere sugli aiuti militarti che l’Italia invierà ai curdi nessun chiarimento sostanziale è giunto dalle comunicazioni alle Commissioni parlamentari Esteri e Difesa dei ministri Mogherini e Pinotti. Nessuno dei nodi evidenziati dal dibattito politico e dai media negli ultimi giorni è stato sciolto dal Ministro della Difesa il cui intervento è stato a dir poco vago. La Pinotti ha detto che il governo «è impegnato a valutare con attenzione altre forme di aiuto alle stesse autorità regionali per incrementare le limitate capacità di autodifesa e di protezione locale delle popolazioni, attraverso il sollecito invio, in quel territorio, di materiale militare d’armamento già in uso alle Forze Armate nazionali. Tale contributo, destinato alla difesa personale e d’area, è costituito da armi automatiche leggere dal relativo munizionamento». Difficile però comprendere come si possano inviare ai curdi le armi in modo sollecito se il governo sta ancora «valutando con attenzione» le forme di aiuto.  La Difesa non ha ancora deciso o semplicemente non vuole fornire informazioni?  Tra le «armi automatiche leggere» surplus dell’esercito Italiano spiccano le mitragliatrici Browning e MG ma occorrerebbe addestrarne i curdi all’uso e inoltre i peshmerga avrebbero difficoltà a reperire munizioni e ricambi. 

L’invio di armi leggere italiane non soddisfa infatti le necessità dei curdi che hanno bisogno di armi di tipo sovietico che impiegano da sempre e soprattutto di armi anticarro e artiglieria con cui far fronte ai veicoli corazzati (inclusi i tank americani Abrams) e ai cannoni che i miliziani dello Stato Islamico hanno catturato a centinaia nelle caserme di ben tre divisioni irachene sbandate senza combattere nel giugno e luglio scorso a Tikrit, Mosul e Baji.  La Pinotti ha ammesso che «è all’esame» anche l’invio di armi leggere e contro- mezzi (cioè missili e razzi anticarro) provenienti dagli stock requisiti durante il conflitto balcanico che ammette essere «armamenti più famigliari e confacenti alle esigenze manifestate dai curdi» . 

L'alto rappresentante del governo regionale del Kurdistan in Italia, Rezan Kader, ha detto lunedì che «i peshmerga non possono arginare lo Stato Islamico con i mezzi al momento a loro disposizione», sostenendo la necessità di ricevere in particolare missili anti-carro ed elicotteri. Difficile ipotizzare la fornitura di velivoli ai curdi, ma nell’isola sarda di Santo Stefano sono conservate dal 1994 due mila tonnellate di armi ucraine sequestrate sulla nave Jadran Express che cercò di violare l’embargo internazionale alla ex Jugoslavia sbarcandole in Croazia. Si tratterebbe di 200 container contenenti 30 mila kalashnikov con oltre 20 milioni di proiettili, 4 mila missili anticarro AT-4 Spigot, 50 batterie lanciarazzi del tipo katyusha con 5mila razzi Grad, 400 lanciarazzi Rpg con 11 mila razzi anticarro. Una parte di queste armi è stata fornita in segreto dal governo Berlusconi ai ribelli libici a Bengasi, ma la notizia divenne di dominio pubblico quando i container contenenti le armi vennero imbarcati con scarsa sagacia su un traghetto civile. 

Sulla vicenda il governo pose il segreto di Stato così come doveva restare riservata anche la notizia della visita che lunedì il ministro Pinotti ha effettuato al deposito di Santo Stefano. Perché tanta segretezza? E perché il governo non ha fornito al Parlamento una lista completa delle armi che intende donare ai curdi? Certo pesa il tradizionale approccio vago e poco trasparente che caratterizza tutti i governi italiani in fatto di comunicazione sui temi militari. Basti pensare che nel silenzio più totale del Ministero della Difesa da inizio agosto Roma ha inviato a Gibuti 2 droni e 140 militari dell’Aeronautica come ha riferito anche la Nuova Bussola Quotidiana. 

Tornando alle armi per i curdi l’intervento parlamentare sembra indicare che Roma non confermi l’invio di missili e razzi la cui fornitura irriterebbe di certo Baghdad che non vuole che i curdi ricevano armi pesanti utili ora a sconfiggere lo Stato Islamico e forse domani a sostenere la pretesa di indipendenza del Kurdistan. Del resto senza armi pesanti i curdi non riusciranno a respingere i jihadisti e dopo le penose prestazioni offerte dal ben armato esercito iracheno limitare le capacità operative dei peshmerga significherebbe fornire un valido aiuto allo Stato Islamico. Rispondendo alle domande dei parlamentari il ministro Pinotti ha aggiunto che le armi «sono efficienti e sottoposte a trattamenti di conservazione nel tempo. Le verifiche sono state effettuate anche in questi giorni». Per armi leggere si intende mitragliatrici che le nostre Forze Armate usavano e non usano più, oppure stiamo parlando di razzi anticarro e soprattutto di munizioni e questo fa parte di quelle armi confiscate. 

Non si può però escludere l’ipotesi che il governo Renzi abbia già preso decisioni in merito senza volerne per ora informare nei dettagli il Parlamento e l’opinione pubblica. Impossibile non notare, infatti, che nel lungo intervento delle ministre Mogherini e Pinotti è presente la lista degli aiuti umanitari forniti ai curdi (49 tonnellate di alimenti, in particolare biscotti proteici e acqua potabile, 200 tende e 400 sacchi a pelo) ma neppure un numero relativo ad armi e munizioni. Vaga anche la tempistica nella consegna delle armi. La Pinotti ha riferito di invii via aereo e via nave la cui pianificazione può essere «finalizzata fin dai prossimi giorni» per poi «tempestivamente entrare nella fase operativa avviando la richiesta di tutte le necessarie autorizzazioni internazionali». 

Frase che sembra indicare che la decisione su quando far partire i carichi, quali inviare via aereo e quali via nave e se inviarli direttamente ai curdi a Erbil o prima a Baghdad non è stata ancora presa oppure non venga semplicemente comunicata. Non è superfluo ricordare che le armi trasportate via aereo in Kurdistan arriveranno a destinazione in poche ore mentre per quelle inviate a bordo di navi nella base italiana negli Emirati Arabi Uniti e da lì in aereo a Baghdad o Erbil i curdi dovranno attendere settimane. Nella speranza che i miliziani islamisti che si trovano a soli 20 chilometri da Erbil e Dohuk abbiano il buon gusto di aspettare che i curdi si riarmino.