Shalom, la rivolta di famiglie ed ex contro Formigli e FanPage
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Alla conferenza stampa convocata da suor Rosalina Ravasio per rispondere alle gravissime accuse lanciate da Piazza Pulita su La7, Corrado Formigli e una troupe di FanPage si sono ritrovati a fare i conti con ex ospiti e genitori che hanno contestato le loro menzogne e presentato una realtà di accoglienza e rinascita ben diversa da quella dipinta in tv.
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«Se non fosse per la Comunità Shalom, oggi porterei i fiori sulla tomba di mia figlia»; «Perché oltre ad ascoltare persone che non hanno finito il percorso, non intervistate anche chi ce l’ha fatta, persone come me che sono entrato qui a 18 anni, hanno creduto in questo posto, sono uscite, sono diventate genitori, hanno un lavoro?». Alla Comunità Shalom di Palazzolo sull’Oglio (Bs), finita nella bufera per gli scandalosi servizi di Fan Page e Piazza Pulita trasmessi giovedì scorso su La7, in cui la comunità di recupero è stata definita un lager, ieri 18 aprile è andata in scena la rivolta degli ospiti e soprattutto delle famiglie e degli ex salvati dalla comunità.
Suor Rosalina Ravasio, fondatrice e vera anima di questa comunità aveva ieri convocato una conferenza stampa che ha visto anche la presenza di Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita, e di una troupe di FanPage decisi a mettere sotto torchio suor Rosalina, la Comunità e i suoi metodi terapeutici, ripetendo le stesse accuse già lanciate giovedì scorso in trasmissione. Un incontro duro, ad alta tensione, anche perché a seguire l’evento si sono presentati anche diversi genitori ed ex ospiti della comunità infuriati per quanto visto a Piazza Pulita. E a un certo punto, di fronte alla presunzione e all’insistenza di Formigli e compagnia che battevano sempre sulle già smentite accuse riguardo a violenze e uso di psicofarmaci, hanno rotto gli indugi e risposto direttamente con le loro testimonianze, mettendo in risalto l’incompetenza e la malafede degli accusatori della Comunità Shalom.
Milena ad esempio, una delle primissime ragazze arrivate, diversi tentativi di suicidio alle spalle e gravissimi disturbi alimentari: a un certo punto era ridotta ad appena 39 chili e con poche settimane di vita secondo i medici dell’ospedale di Vicenza, viste le complicazioni cardiache che erano insorte. Dall’ospedale a uno psichiatra che l’ha riempita di farmaci («sono passata da 2 a 18 farmaci al giorno») e poi dall’anoressia alla bulimia e ancora il ricovero in una struttura di Verona. Un breve periodo di stabilizzazione e poi la ricaduta, vomito 10-12 volte al giorno a cui si è aggiunto il problema dell’autolesionismo.
Infine l’arrivo a Shalom: «Suor Rosalina per me è una seconda mamma, esordisce -. La terapia che ha usato per me: nessun farmaco, la guarigione è arrivata attraverso la preghiera e la fatica, perché solo con i sacrifici si può ottenere qualcosa che dura nel tempo e rimane dentro di te, e diventa soddisfazione per aver raggiunto qualcosa. Ma quello che mi ha commosso tanto è aver incontrato in suor Rosalina una persona che ha creduto in me». E ha avuto tanta pazienza, aggiunge, perché c’è voluto tempo: «Quando una persona vive nella menzogna, nell’egoismo, nell’invidia e si mette al posto di Dio è difficile cambiare. Ma ora mi sento una donna libera, perché sono serena e vivo nella verità. Il Signore mi ha dato la grazia di un marito e di una bambina quando mi era stato detto che non potevo avere figli».
«Otto anni di anoressia per mia figlia, passati da un ospedale all’altro – sbotta Scilla con foga sulle parole del dottor Leonardo Mendolicchio, uno psichiatra che a Piazza Pulita ha giocato il ruolo di grande inquisitore della Comunità Shalom – spendendo una montagna di soldi e peggiorando sempre». Un calvario iniziato quando la bambina aveva appena 11 anni: psichiatri, strutture specializzate a Monza, Milano, Verona, nulla da fare. «Solo suor Rosalina mi ha guardato negli occhi e mi ha detto il 9 settembre 2020 “farò di tutto per aiutare tua figlia”». Una ragazza di venti anni, alta 1.80, è entrata in comunità che non arrivava a 40 chili: «Ora è una ragazza bellissima, è normopeso e sta riprendendo in mano la sua vita. Suor Rosalina è l’unica che ha fatto qualcosa per lei». «L’unica, l’unica», ripete Scilla. Ed è un fiume in piena: «Aveva 11 anni e nelle strutture dicevano che era lei che doveva decidere se entrare in una struttura, in una clinica, il minore deve decidere, ma si rende conto? Noi genitori siamo abbandonati, solo qui ho trovato una vera accoglienza. Se suor Rosalina non mi avesse aiutato, perché io sono una vedova, io oggi andrei al cimitero non solo per mio marito ma anche per mia figlia. Io devo tutto a suor Rosalina».
Ed ecco Sonia, madre di un minore che era stato prima affidato a una Comunità consigliata da cui è scappato quattro volte, poi cacciato con un TSO. «Ne siamo usciti devastati e con la nostra legale abbiamo fatto chiudere quella comunità con una denuncia ai NAS di Parma. Quello era un lager, signori – dice rivolta a Formigli e compagnia – Voi entrate qui e l’aria che si respira, vedete l’ordine, la serenità, i ragazzi sorridono, ti salutano». E prosegue: «Io non ho dormito due anni per seguire mio figlio, è arrivato qui in condizioni pietose, abbiamo fatto un colloquio bellissimo, ci hanno accolti come in una famiglia. Addirittura era appena entrato in comunità che, con mio grande stupore, è stato portato in gita a Cracovia, non lo pensavo possibile. Io anche mi vergognavo all’inizio perché bestemmiava, ma quando l’ho detto a suor Rosalina lei non si è scomposta e mi ha detto “Sono abituata a sentire ben peggio”. Quando ho riabbracciato mio figlio – ed auguro a tutte le mamme di ritrovare quell’abbraccio che io ho ritrovato dopo sei mesi – ho visto in lui quel sorriso, quella serenità, quegli occhi belli che io non avevo più visto negli ultimi due anni e mezzo».
Certo, continua Sonia, «è un percorso duro, non è un villaggio vacanze, ma a mio figlio qui sono stati scalati i farmaci. E noi vediamo i nostri figli ogni mese, passiamo con loro diverse ore, se subissero violenze sarebbe facile per loro dircelo».
A seguire tutto l’evento anche alcuni ragazzi tuttora ospiti della Comunità: mi si avvicina Allen, desideroso di aggiungere la sua esperienza dopo le menzogne che ha sentito. Ha 27 anni, è figlio di uno psicologo, vecchio volontario della Comunità: «Sono qui da sei anni perché ero tossicodipendente, uso di cocaina e abuso di alcol. Poi ho anche una malattia ereditaria, peggiorata con l’uso delle sostanze. Quello che posso dire io è che con la fede, con l’aiuto della suora e degli educatori e dei ragazzi in comunità, mi sono raddrizzato e devo dire grazie alla comunità per la persona che sono oggi». In cui rientra anche l’aver recuperato quattro anni di scuola superiore, visto che aveva abbandonato la scuola e ora gli manca solo un anno per la maturità, e l’aver imparato «dei mestieri». E le presunte violenze? «Le ho viste nei filmati di Piazza Pulita, ma non le ho mai viste qua. E continuo a chiedermi da dove saltano fuori, perché io vivo qui con i ragazzi giorno e notte e non ho mai visto niente del genere. È un’assurdità».
Già, quanto visto su Piazza Pulita è assurdo per chi conosce la realtà della Comunità Shalom, e le testimonianze ascoltate ieri rendono ancora più evidente la vigliaccata di giornalisti inquisitori che hanno vergognosamente speculato su situazioni drammatiche e negato percorsi di rinascita per vendere uno scandalo.