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RELIQUIE

Sfida alla Sindone: dal Carbonio 14 al Giotto 15

Luciano Buso dice che il sacro Lino è opera di Giotto, ma da più di 30 anni è accertato che non è affatto un dipinto. Un vademecum per orientarsi.

Attualità 09_06_2011
la Sacra Sindone

La firma di Giotto si cela nell’enigmatico Lino conservato a Torino: questa la sensazionale affermazione di un pittore e restauratore veneto, Luciano Buso, che è stata definita «l’ultima delle idiozie sulla Sindone» da uno dei più acerrimi nemici dell’autenticità della reliquia, Antonio Lombatti.

Quando è troppo, è troppo! E adesso come reagiranno i seguaci della teoria di Leonardo? Già, perché da anni c’è chi continua a sostenere che solo un genio come Leonardo poteva realizzare un simile capolavoro. Ma i grandi artisti in Italia abbondano e presto potremo sentire che la Sindone è stata realizzata dal Tintoretto, dal Beato Angelico, da Raffaello, da Caravaggio, da Botticelli, da Tiziano o da Michelangelo.

E perché Giotto avrebbe realizzato la Sindone? Secondo Buso la ragione è la stessa già attribuita alla confezione da parte di Leonardo: rimpiazzare l’originale che «doveva essere in pessime condizioni». Insomma, qui ogni cent’anni si fa una Sindone nuova e quella vecchia va al cassonetto. Però Leonardo avrebbe disseminato sulla Sindone decine di messaggi in codice, mentre Giotto, con poca fantasia, avrebbe ossessivamente ripetuto tantissime volte, dappertutto, solo la scritta «Giotto 15», che starebbe per Giotto 1315. Una data, per la gioia dei negatori, compatibile con i risultati dell’analisi radiocarbonica condotta nel 1988, che fu successivamente smentita da altre indagini. Ma il passaggio dal Carbonio 14 al Giotto 15 risulta molto avventuroso…

Buso sostiene di aver scoperto una tecnica di scrittura nascosta che veniva usata dai pittori dell’antichità, una sorta di incancellabile autentica delle opere. E Giotto si sarebbe divertito a nascondere centinaia di scritte in tutte le sue opere. L’analisi della Sindone avrebbe portato il pittore veneto alla scoperta di quella stessa firma tante volte identificata negli affreschi del grande artista. «La stessa grafia, lo stesso modo di apposizione delle scritte celate, lo stesso modo grafico di esecuzione del numero 15 che tempo addietro evidenziai nei dipinti di Giotto», afferma Buso.

La scritta «Giotto 15» sarebbe dappertutto, nel volto e vicino alle mani incrociate del Cristo, in un caso anche a formare una lunga croce. Quindi Giotto avrebbe dipinto la tela senza nessuna intenzione di dolo, tanto da firmarla in un cartiglio a forma ottagonale, schiacciato, appena sotto il mento di Gesù.

Buso sottolinea che a riprova della paternità del pittore toscano c’è anche la grande affinità iconografica di particolari delle braccia, delle mani e delle gambe del Cristo con i vari personaggi raffigurati da Giotto nei suoi affreschi. «La Sindone», conclude, «è stata e sarà sempre uno tra i più significativi simboli religiosi della cristianità, al di là del suo rifacimento da parte del grande Giotto».

La presunta affinità, però, quand’anche ci fosse davvero, potrebbe derivare da un’osservazione della Sindone, come si nota in una celebre crocifissione di Van Dyck, dove l’artista raffigurò i chiodi nei polsi di Cristo proprio ispirandosi alla reliquia esposta a Torino. Ma nulla del genere esiste nelle opere di Giotto.

Prima di ogni considerazione e formulazione di teorie, andrebbe comunque tenuto presente che sulla Sindone sono state condotte indagini scientifiche rigorose e da più di trent’anni è stato dimostrato che non si tratta di un dipinto. Questo lenzuolo ha certamente avvolto il cadavere di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi, trapassato da una lancia al costato.

L'eventuale falsario-artista non avrebbe raffigurato Cristo con particolari in contrasto con l'iconografia medievale: corona di spine a casco, trasporto sulle spalle del solo patibulum (la trave orizzontale della croce), chiodi nei polsi, corpo nudo, assenza del poggiapiedi. Inoltre avrebbe dovuto tener conto dei riti di sepoltura in uso presso gli ebrei all'epoca di Gesù.

Lo stesso falsario-artista avrebbe dovuto immaginare l'invenzione del microscopio, avvenuta alla fine del XVI secolo, per aggiungere elementi invisibili ad occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite.

Il falsario-artista avrebbe dovuto conoscere la fotografia, inventata nel XIX secolo, e l'olografia realizzata negli anni '40 del XX secolo. Avrebbe dovuto saper distinguere tra circolazione venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita ed in altri con sangue post-mortale.          

Ammessa la conoscenza di tutte queste nozioni scientifiche, il falsario-artista avrebbe dovuto avere la capacità ed i mezzi per produrre l'oggetto.

Alla luce delle conclusioni scientifiche, però, è innegabile che la Sindone abbia avvolto un cadavere. Sarebbe dunque da ipotizzare non un falsario-artista, ma un falsario-assassino; le difficoltà in questo secondo caso non sarebbero minori.

Sarebbe stato impossibile per lo spregiudicato omicida trovare una vittima il cui volto fosse congruente in diverse decine di punti con le icone di Cristo diffuse nell'arte bizantina; e, soprattutto, “pestare a sangue” l'uomo in maniera adeguata, in modo da ottenere determinati gonfiori del viso riprodotti nelle icone.

Procurare alla vittima, ormai deceduta, una ferita del costato con una lancia romana, facendone uscire sangue e siero separati, non è assolutamente un esperimento facile da compiere. Altrettanto arduo sarebbe stato mantenere il cadavere avvolto nel lenzuolo per una trentina di ore impedendo il verificarsi del fenomeno putrefattivo, processo accelerato dopo decessi causati da un così alto numero di gravi traumi.

Un'altra difficoltà, ma non di minor peso, sarebbe stata quella di prevedere che da un cadavere si potesse ottenere un'immagine così ricca di particolari; infine, sarebbe impossibile togliere il corpo dal lenzuolo senza il minimo strappo o il più lieve spostamento che avrebbero alterato i contorni delle tracce di sangue. La realizzazione artificiale della Sindone è impossibile ancora oggi; a maggior ragione nel Medioevo.

 

L'autrice, Emanuela Marinelli, gestisce un sito Internet ricco d'informazioni sindonologiche che invitiamo i nostri lettori a consultare, così come suggeriamo di rivisitare alcuni dei suoi scritti di alta divulgazione pubblicati sul mensile di apologetica Il Timone e qui riprosti (cliccare i link sottostanti).