Serve un Presidente che rompa col passato
Le richieste più ricorrenti sono: un Presidente di continuità, un Presidente di alto profilo istituzionale, un Presidente non necessariamente maschio. E a voler ben vedere non vogliono dire niente, se non che si vorrebbe un presidente che segua lo stesso andazzo dei suoi predecessori. Ma quel che serve è proprio una rottura col passato.
Ormai prossimi all’inizio delle votazioni a Camere riunite per l’elezione del Presidente della Repubblica, le richieste più ricorrenti sono: un Presidente di continuità, un Presidente di alto profilo istituzionale, un Presidente non necessariamente maschio. Devo dire che nessuno dei tre “desiderata” entusiasma particolarmente, anzi sono criteri che preoccupano perché sottintendono ideologicamente un Presidente che assecondi l’attuale andazzo. In realtà ci sarebbe bisogno di un Presidente di discontinuità.
Cattolico? In verità poco importa. In questo momento dire “cattolico” è dire nulla, tante sono le versioni in campo di questo modello. Di cattolici alla Presidenza ne abbiamo già avuti anche nella seconda Repubblica con esiti a dir bene modesti, altri li abbiamo fortunatamente scampati, abbiamo già un “cattolico” al governo che però su certi temi garantisce non molto, di nomi di cattolici se ne fanno in questi giorni di previsioni ma Dio ce ne scampi. Viviamo in tempi in cui dire cattolico non indica più nessuna garanzia nemmeno per i cattolici.
Di alto valore istituzionale? Abbiamo bisogno di un Presidente che rispetti le istituzioni e ne sia garante, ma nella loro sostanza e non solo nella loro forma. Le istituzioni sono importanti ma non sono le cose più importanti. Non sono a servizio di se stesse ma del bene di un popolo non inteso come somma di individui, ma come corpo comunitario che porta in sé delle leggi che regolano il proprio benessere. La sentenza della Corte costituzionale sull’eterologa, per esempio, è stato un esercizio delle istituzioni nella forma, ma nella sostanza? L’intervento di Giorgio Napolitano a proposito di Eluana Englaro era certamente “istituzionale” – anche se in forma inusitata e discutibile –, ma nella sostanza? Il Presidente deve essere istituzionale, ma non istituzionalizzato, ossia elemento di un ingranaggio istituzionale che si pensa al di sopra della realtà delle persone e del loro vero bene perché investito di una ideologia da portare avanti.
Una donna? Se ne parla molto, ma in modo di cui proprio le donne dovrebbero dolersi. Perché il fatto di essere donna, preso in sé, dovrebbe cambiare qualcosa? Vorrebbe dire che ci vorrebbe una donna intesa come scatola vuota, indipendentemente da quello che c’è dentro. Parliamo, piuttosto, di quella donna, o di quell’altra donna. In questo caso ci sto, nel merito. Ma allora torniamo ai contenuti. Un (o una) Presidente che faccia cosa?
Dicevo sopra: un Presidente di discontinuità. Discontinuità rispetto a cosa? In primo luogo discontinuità dal PD in generale - l’Italia è più grande del Partito Democratico - e da Giorgio Napolitano in particolare. Discontinuità da un eccessivo presenzialismo, dalla paterna tutela quirinalizia dei governi, dalla politica fatta dal Colle, dalla profluvie di valutazioni politiche non richieste, da un europeismo ideologicamente orientato in senso laicista e di sinistra, dall’appartenenza al circolo dei “migliori”, da una certa mentalità crociana transitata nel marxismo italiano, da un moralismo di tipo azionista privo tuttavia della coerenza di un Norberto Bobbio che aveva il coraggio di dire che la legge sull’aborto è inaccettabile, dalla non terzietà davanti alle grandi problematiche etiche della vita al suo inizio e alla sua fine, da una militanza culturale, anche se non proprio politica, proseguita anche dal Colle.
Potrebbe sembrare superfluo a dirsi, ma vorrei un Presidente che veramente avesse a cuore la Costituzione. Non solo la costituzione formale – gli articoli del ’48 che tutti conosciamo – ma quella materiale e sostanziale. Urge nel nostro Paese un nuovo patto costituzionale sostanziale. Quali sono i valori in cui ci riconosciamo e che ci uniscono? Quei valori che poi ci permettono anche di cambiare la Costituzione formale, come deve essere fatto, ma che se mancano o se si sono persi di vista rimaniamo un Paese smarrito. L’Italia oggi è un Paese smarrito, che non sa più dire la sua, che si fa dettare dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come deve educare i propri bambini, che non riesce a trovare mai nessuno che abbia qualche colpa nei dissesti e nei ritardi, che ha le sue più grandi aziende con sede a Londra, che non dà prova di sapere cosa sia il principio di sussidiarietà e quindi non sa riformare lo Stato, che distrugge la famiglia e la procreazione con leggi che sembrano pensate da un gruppo di anarchici dell’Ottocento. Quale Italia vuole rappresentare il nuovo Presidente?
C’è bisogno di un Presidente che inizi un nuovo cammino di ricomposizione etica dell’Italia, in vista di un nuovo patto costituzionale reale, che esca dal pensiero (quasi) unico di una laicità intesa come corrosione del senso. Più che di altro profilo istituzionale o politico, serve un Presidente di alto profilo etico, che sia consapevole che la morale pubblica non consiste solo nel pagare le tasse o nel non accettare compensi indebiti, ma che c’è un popolo da servire secondo la sua vera vita e secondo una qualità di legami personali che non è invenzione di nessuna istituzione. Serve la discontinuità del coraggio.