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LIBERTA' RELIGIOSA/28

Serbia e Kosovo, libertà solo apparente

Nel Paese la legge limità l'espressione di alcune comunità negando loro lo status legale o vietando alcune pratiche religiose.

Attualità 01_10_2011
Kosovo ok

La Costituzione serba prevede la piena libertà religiosa, ma nella pratica la legge pone dei limiti, operando discriminazioni tra le comunità e negando ad alcune comunità lo status legale.
I gruppi maggiormente discriminati sono quelli minoritari, danneggiati dalla richiesta di lunghe e invasive procedure per la registrazione, che ne ritardano il riconoscimento legale.

Durante la visita effettuata nel Paese lo scorso anno, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione, Asma Jahangir, ha raccomandato che tali procedure vengano snellite e
semplificate. Il Ministero della religione ha affermato che la legge non fa altro che rispecchiare una società in transizione e che comunque il governo focalizza i suoi sforzi nel monitoraggio
dell’efficace applicazione della legge.

Nel Paese, la registrazione dei gruppi religiosi non è né obbligatoria né vincolante, anche se le comunità non registrate incontrano considerevoli difficoltà ad espletare diverse necessarie procedure: ad esempio, l’apertura di un contro corrente bancario, la compravendita di proprietà o la pubblicazione di testi. Questo perché la legge sulle proprietà e sul fisco garantisce l’esenzione
dalla tassa di proprietà e valore aggiunto solo alle comunità registrate.

Il Ministero della religione continua a negare lo status legale a diverse comunità che ne hanno fatta richiesta, tra cui la Lega dei Battisti, i Testimoni di Geova, il movimento Hare Krishna, la Chiesa Pentecostale e la Chiesa ortodossa montenegrina.

Sei tra queste comunità religiose si sono appellate alla Corte Suprema per ricorrere contro la negazione della registrazione. I Testimoni di Geova si sono appellati anche alla Corte Europea
dei diritti umani. Anche la stessa comunità islamica lamenta problemi di discriminazione nei confronti dei fedeli musulmani.

Talvolta – riferisce nel suo rapporto l’Opera di Diritto Pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre - funzionari governativi muovono critiche a gruppi religiosi minoritari, apostrofandoli con appellativi dalle sfumature negative e offensive, quali “sette”, “satanisti” e “devianti”.

Continuano, invece, i progressi nella restituzione da parte del governo di proprietà confiscate alle comunità religiose. Nel corso del 2009 alcune proprietà sono state restituite alla Chiesa serbo-ortodossa nelle diocesi di Backa, Zica e Srem; alla Chiesa cattolica sono state rese le proprietà a Pancevo e Sremska Mitrovica; alla comunità ebraica appartamenti e attività commerciali a Belgrado.
Alcuni gruppi religiosi meno numerosi lamentano ancora atti vandalici nei confronti di persone o cose appartenenti alle loro comunità, nonostante che le Organizzazioni Non Governative (ONG) segnalino invece una netta diminuzione. Il motivo religioso e quello etnico sono però spesso così strettamente intrecciati da rendere molto difficoltoso il reperimento della reale causa delle aggressioni.

Il 31 maggio del 2009, per esempio, sono state profanate 713 tombe in un cimitero serboortodosso
nel villaggio di Stapar, presso Sombor. Il 6 giugno la polizia ha arrestato un uomo sospettato di essere il colpevole dell’azione distruttrice; i residenti del paese hanno comunque espresso dubbi sul fatto che un solo uomo sia stato in grado di portare a termine, da solo, un danno così esteso.
Il primo giugno, uomini non identificati hanno distrutto undici pietre tombali nel cimitero ebraico di Subotica. Il 6 giugno sono state danneggiate altre sei lapidi, datate XIX secolo.

In Kosovo è alta la tensione tra le varie comunità religiose, soprattutto dopo la dichiarazione
unilaterale di indipendenza nazionale dalla Serbia, il 17 febbraio 2008.

Per quanto riguarda la Chiesa Cattolica, è da registrare la costruzione della Cattedrale dedicata alla Beata Madre Teresa, inaugurata in occasione del centesimo anniversario della sua nascita.
Per quanto riguarda altre aggregazioni, i leader religiosi si lamentano del fatto che posseggono uno status legale diverso da quello delle organizzazioni non governative, ritenendolo evidentemente un fatto penalizzante. In particolare, i dirigenti della comunità islamica e protestante lamentano la mancanza di un qualunque status legale per i loro gruppi religiosi.

I protestanti, riferiscono in particolare di episodi discriminatori da parte di autorità nazionali e locali: come, per esempio, l’impossibilità di avere cimiteri a loro riservati, fatto che li costringe a svolgere i loro uffici funebri all’interno di cimiteri musulmani con evidente lesione dei loro diritti. Sempre gruppi protestanti riportano che la municipalità di Decani continua a negare loro il permesso di costruire una chiesa su un terreno da loro stessi acquistato. Il caso resta legalmente pendente.

Sono stati ancora riportati episodi di attacchi contro membri e proprietà della Chiesa serbo-ortodossa, inclusi minacce, furti e atti di vandalismo. Le zone più calde, da questo punto di vista, sono le municipalità dell’ovest del Paese, fra cui Pec, Decani, Djakovica, Istok e anche Mitrovica-sud. In tali aree, il clero serbo-ortodosso ha chiesto e ottenuto la scorta delle forze armate di pace della NATO. Infatti si sono registrati episodi di lanci di pietre e altre violenze contro membri
del clero ortodosso all’esterno dei loro monasteri; anche pellegrini serbi diretti al monastero di Decani hanno subito lanci di sassi sulle loro vetture, solitamente per mano di bambini.

Monaci e suore di parecchi monasteri sono costretti a non utilizzare parti di pertinenza dei loro conventi – soprattutto terreni all’esterno delle mura e nel circondario – per motivi di sicurezza.
Nel mese di giugno 2009 il sindaco e le autorità di Klina hanno condannato la profanazione delle  tombe presso il cimitero serbo di Vidanje. Anche i protestanti riportano recenti notizie sull’incremento delle violenze nei loro confronti: per esempio, una lista contenente elenchi di ministri e missionari, con nominativi dei familiari, indirizzi, numeri di telefono e indirizzi delle loro sedi o organizzazioni, è rimasta pubblicata e disponibile su circa cento siti web.