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EDITORIALE

Senza timore della morte e del martirio

Lo sguardo del Papa di venerazione per il coraggio delle prime comunità cristiane nel testimoniare Cristo in un mondo ostile, ci riporta agli esempi attuali di cristiani perseguitati e soprattutto richiama ognuno di noi a vivere la stessa prontezza nel fare la volontà di Dio in una società che ci ha narcotizzati.

Editoriali 30_06_2015
Cristiani perseguitati

«…Non vorrei soffermarmi sulle atroci, disumane e inspiegabili persecuzioni, purtroppo ancora oggi presenti in tante parti del mondo, spesso sotto gli occhi e nel silenzio di tutti. Vorrei invece oggi venerare il coraggio degli Apostoli e della prima comunità cristiana; il coraggio di portare avanti l’opera di evangelizzazione, senza timore della morte e del martirio, nel contesto sociale di un impero pagano». Vale la pena soffermarsi su queste parole pronunciate ieri da papa Francesco nell’omelia della messa celebrata nella festa dei Santi Pietro e Paolo.

Quando parliamo di cristiani perseguitati non basta denunciare, seppure anche questo sia necessario; non basta ricordarli nella preghiera, per quanto sia questa la prima arma da usare per correre in loro difesa; dobbiamo soprattutto imparare da loro, dobbiamo guardare alla testimonianza di Cristo che rendono a noi e al mondo intero chiedendo a Dio di darci la stessa forza e la stessa fede.

«Penso che finiranno per distruggere la nostra comunità. Ci uccideranno – ha detto poche settimane fa padre Douglas Bazi, sacerdote iracheno e parroco a Erbil, parlando a degli studenti in Brianza -. Ma guardate la mia faccia: vi sembro spaventato? Anche la mia gente ha lo stesso volto: non abbiamo paura. La nostra fede è così importante che non ci arrenderemo». È questo il volto odierno di chi porta avanti «l’opera di evangelizzazione, senza timore della morte e del martirio». Sono questi i volti su cui fissare lo sguardo per imparare la stessa passione e la stessa saldezza nella fede. 

«La presenza qui dei sacerdoti è una grande grazia - dice il vicario apostolico di Aleppo (Siria) Georges Abou Khazen, in un'intervista a Tempi, mentre descrive l'inferno che questa città è diventata - : nessun vescovo o parroco o religioso ha lasciato il suo posto. Questo per la gente è importante, è un segno di speranza e incoraggiamento. Quando mi chiedono che cosa dovremmo fare, io rispondo: non lo so, non ho una risposta, ma sono qui e resterò qui. Per costruire».

Ognuno al posto in cui Dio ci ha chiamati, come dice Claudel nell'Annuncio a Maria: «Santità non è farsi lapidare in terra di Paganìa o baciare in bocca un lebbroso, ma fare la volontà di Dio, con prontezza, si tratti di restare al nostro posto, o di salire più alto».

Fare la volontà di Dio, con prontezza; portare avanti l'opera di evangelizzazione, senza timore della morte e del martirio. Dovunque noi siamo, a qualunque compito Dio ci chiami. Come fu per Pietro e Paolo; come è oggi per tanti cristiani perseguitati; come deve essere per noi, qui, in una società che invece di eliminarci con la forza ci ha narcotizzati.