Sentinelle in Piedi contro la legge sul cyber-bullismo
Domani, sabato 8 ottobre, le Sentinelle in Piedi terranno la loro cinquecentesima veglia. Sarà a Brescia (piazza Vittoria ore 16.30) e a Erba (parco Majnoni ore 16). Le Sentinelle denunceranno, con il loro silenzio, la nuova legge contro il cyberbullismo, che, pur introducendo un vero reato d'opinione, sta passando inosservata ai più.
Domani, sabato 8 ottobre, le Sentinelle in Piedi (Sip) scenderanno in piazza per la cinquecentesima veglia. A denunciare, esattamente come la prima volta in cui manifestarono (il 5 agosto del 2013 a Brescia), una norma di cui nessuno sta parlando. Allora era il ddl Scalfarotto che prevedeva il carcere per l’indefinito crimine di “omofobia” introducendo così il reato di opinione, oggi è il ddl sul Cyberbullismo che fa lo stesso.
Come allora, sottolineano nell’ultimo comunicato le Sip, la politica è concentrata su altro: “Mentre tutti si preoccupano del referendum su una riforma che mira a dare ancora più potere allo Stato, bisogna rendersi consapevoli che siamo già in una dittatura ben mascherata”. Il progetto di legge nel 2013 venne bloccato, ma ora si ripresenta in forma peggiore. E, ancora una volta, il ddl è "stato modificato in fretta e furia a settembre per trasformarlo in norma penale che prevede il carcere fino a sei anni. La legge è nebulosa e parla di reato nel caso di “atti o comportamenti vessatori”, di “pressioni” e “violenze psicologiche”, persino di semplici “offese o derisioni, anche aventi per oggetto la razza, la lingua, la religione, l’orientamento sessuale”. Il testo poi, come in ogni regime che si rispetti, prevede l’educazione preventiva in tutte le scuole di ogni ordine e grado e la “rieducazione” per i colpevoli. Si capisce quanto sia pericoloso tutto questo per la libertà di espressione.
La situazione è dunque la medesima di tre anni fa, se non più grave, perché il mondo pro family è cambiato. Infatti, se il ddl Scalfarotto diede inizio alla sua mobilitazione fino allo stop dell’iter legislativo, la recente approvazione delle unioni civili (sconfitta subita anche per via di un Parlamento costretto dal premier a votare il testo apponendo la fiducia) ha significato per molti una battuta d’arresto nel dibattito sulla norma. Infatti, aggiungono le Sip, spesso “chi è contrario a questo testo (sulle unioni civili, ndr) si limita a dire che sono sbagliate le conseguenze, ovvero le famiglie cosiddette omogenitoriali e l’utero in affitto, poiché un giudizio su questa legge è considerato pubblicamente inaccettabile”.
Non per le loro, però, che domani manifesteranno a Brescia (piazza Vittoria ore 16.30) e ad Erba (parco Majnoni ore 16) mostrando il vero scopo della loro testimonianza. Perché, infatti, continuare nonostante la legge che sta aprendo le porte al reato di opinione sia ormai passata? Per capire basta ricordare i loro discorsi, volantini, comunicati dove non c’è traccia della neolingua né di alcun tentativo di mutuare il discorso dall’avversario per scendere sul suo piano politico. Motivo per cui le Sentinelle continuano a giudicare interamente inammissibili, con o senza figli, la normalizzazione delle unioni fra persone dello stesso sesso “intrinsecamente sbagliata”. Uno scandalo insopportabile al politicamente corretto che le ha portate in questi anni a subire attacchi mediatici e insulti di piazza. E che di fronte alle mediazioni e ai compromessi di chi sperava nella politica le ha viste invece ribadire che una legge “contraria a quella naturale è di per sé inaccettabile”.
La loro funzione, pur non capita e che ora emerge più chiaramente, è sempre stata una sola: quella di ricordare a tutti ciò che tutti vogliono dimenticare: la verità. Consapevoli che in pubblico come nella vita privata non solo basta anche una singola sentinella a ricordarla per salvare il seme dell’evidenza, ma che quella sentinella è necessaria. Poiché l’evidenza è inscritta in ogni cuore, sebbene secondo le Sip “occorre stare insieme”, visto che il cuore da solo non regge di fronte a “tutto ciò che tende ad oscurarlo”.
Se dunque tre anni fa molti intesero la loro azione come prevalentemente politica oggi, alla cinquecentesima veglia, è più chiaro che non può essere così. Chi raccontò la loro storia spiegò che erano nate da un gruppo di amici coscienti di quanto stava accadendo all’insaputa dei più e decisi a rinserrare le fila attirando centinaia di cittadini decisi a lottare per la salvaguardia dell'uomo. Alle piazze di Brescia e Bergamo seguì quella milanese che i primi di ottobre del 2013 si riempì di 500 cittadini. Di lì fu un dilagare di veglie fino a superare le 100 città. Così, ordinate a scacchiera, silenti e con un libro in mano, cominciarono a dire che nemmeno una norma, che prevedeva il carcere per un indefinito reato di “omofobia” (volendo cucire le bocche di chi pensa che la natura sia da rispettare) avrebbe potuto fermarle dall'affermare la loro obbedienza alla realtà. Né tanto meno avrebbe potuto oscurare le loro coscienze. Coscienze urlanti in un silenzio di piazza additato da mass media e tv, ma anche da alcuni cristiani, come violento. Perché, disse una contestatrice durante una veglia milanese “io la mia coscienza non la voglio sentire”.