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IL PROCESSO

Sentenza Formigoni, fango sul modello lombardo

In dieci anni di governo della Regione Lombardia, Roberto Formigoni è stato assolto cinque volte in processi per presunto abuso d'ufficio. Ora è condannato a 6 anni di carcere, in primo grado, per corruzione. Nel mirino ci sono i pagamenti agli ospedali Maugeri e San Raffaele, che però risultano regolari. La condanna si basa, dunque, solo su vacanze e pranzi offerti?

Politica 23_12_2016
Roberto Formigoni

Nel corso del suo primo decennio di governo della Lombardia Roberto Formigoni venne per cinque volte chiamato in giudizio con l’accusa di abuso d’ufficio, ma in tutti e cinque i casi uscì infine assolto (per chi voglia saperne di più: Speciale/Confronti, “Abuso d’ufficio” e democrazia, Regione Lombardia, marzo 2006). Ogni volta infatti la magistratura giudicante accertò infine che quanto si era preteso fosse “abuso d’ufficio” non lo era affatto. Come purtroppo è però la regola nel nostro Paese, tali assoluzioni fecero molto meno notizia degli avvisi di garanzia con cui i procedimenti erano iniziati. 

Con la condanna in primo grado a sei anni di carcere e ad altrettanti di interdizione dai pubblici uffici, inflittagli ieri dal tribunale di Milano, per l’ex-presidente lombardo e attuale senatore del Nuovo Centro Destra ha di nuovo inizio una storia che con tutta probabilità andrà a finire nello stesso modo. Assolto dall’accusa di associazione a delinquere, ieri Formigoni è stato però condannato per corruzione con riguardo a pagamenti della Regione Lombardia agli ospedali Fondazione Maugeri di Pavia e San Raffaele di Milano/Segrate. Si è accolta la tesi dell’accusa secondo cui vacanze al mare in Sardegna e nei Caraibi in grandi alberghi, in ville esclusive o su panfili, nonché pranzi in ristoranti di lusso - offerti all’allora presidente della Regione da un suo amico che era in quel tempo un grosso fornitore di beni e servizi agli ospedali lombardi - fossero una “tangente” pagata in cambio del versamento ai due ospedali, privati ma convenzionati con il Servizio sanitario regionale, di somme non proporzionate alle loro prestazioni. 

Ci si potrebbe domandare come ciò sia possibile considerando che per ogni prestazione vige un tariffario in base al quale la Regione paga allo stesso modo ogni ospedale. Nel caso però dei due ospedali in questione, che sono non soltanto luoghi di cura ma pure centri di ricerca in campo medico-chirurgico, al prezzo standard delle prestazioni di cura si aggiunge appunto pure quello della ricerca nonché di altre funzioni “non tariffabili”, ossia che per natura loro non sono riconducibili a un preciso e uniforme tariffario. Ed è in questo settore che, secondo i giudici, Formigoni avrebbe chiuso un occhio in cambio delle vacanze e dei pranzi che gli erano stati offerti.  

Ebbene, sull’inopportunità di tali vacanze e di tali pranzi non c’è dubbio. Formigoni avrebbe fatto meglio a pagarseli di tasca sua; e anche dopo un’attenta verifica della loro opportunità sostanziale oltre che formale. Siamo però nel campo dell’inopportunità, e non dell’illiceità. A quest’ultima si giungerebbe soltanto se alle vacanze di lusso al mare e ai pranzi pagati corrispondessero dei favori illeciti ai due ospedali. La loro ottima fama e l’alta qualità ovunque riconosciuta delle loro prestazioni sanitarie non presta però affatto il fianco al sospetto che la loro attività di ricerca sia fasulla. Gli stessi giudici hanno peraltro escluso ogni illiceità e distorsione nei rapporti tra la Regione e i due ospedali mandando assolti i due alti dirigenti regionali, imputati nel medesimo processo, che avevano firmato tutti i relativi ordini di pagamento. Se dunque tutti quei pagamenti sono in regola e a norma di legge, come si spiega che Formigoni sia colpevole? Qui sta l’enigma che ci si attende venga chiarito dai giudici del  futuro processo di secondo grado. E, stando a quel che finora risulta, sembra di poter concludere che allo scopo un po’ di buon senso sia più che sufficiente.

In quanto al clima del processo ora conclusosi sono illuminanti alcuni passaggi delle requisitorie dei due Pubblici Ministeri, secondo i quali Formigoni era “capo” di un “gruppo criminale” che avrebbe “sperperato 70 milioni di euro di denaro pubblico con un grave danno al sistema sanitario”. Soldi tolti ai malati per i suoi sollazzi, grazie a una “corruzione sistemica durata per dieci anni”. Soldi “rubati, rubati ai malati della Regione Lombardia, soldi pubblici che erano destinati a curare malattie, ad accorciare liste di attesa, ad aumentare posti letto, a comprare farmaci…(…)”. Se si  confrontano queste parole con la realtà degli ospedali e in genere della sanità della Lombardia, e in particolare con la realtà dell’impulso che ha avuto negli anni di governo di Formigoni, non si può che restare esterrefatti. 

Su atteggiamenti e su requisitorie del genere è evidente l’influsso di una  campagna di discredito dei governi di centrodestra della Lombardia e in particolare della sanità lombarda - che ha... il difetto di funzionare bene e di essere basata sul principio dell’autonomia responsabile - nella prospettiva di un ritorno a modelli di gestione centralizzata e burocratica. Può anche darsi che  qualcuno creda in buona fede che così si possa estendere anche al Lazio e al Mezzogiorno il livello della sanità lombarda. Di sicuro però accadrebbe invece il contrario. 

Nella prospettiva di chi pilota questa campagna tutto fa brodo, anche le foto degli improvvidi tuffi di Formigoni dal bordo degli yacht nel mare della Sardegna. E’ una trappola in cui però è meglio non cadere.