Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Marco a cura di Ermes Dovico
I PARLAMENTARI A BORDO

Sea Watch sperona la GdF. Ma per "ragioni umanitarie"

Dopo 16 giorni in mare con 42 emigranti a bordo, Carola Rackete, capitano della nave dell’Ong Sea Watch 3, ha deciso di attraccare nella notte fra venerdì e sabato nel porto di Lampedusa. Nonostante il divieto e rischiando di affondare un motoscafo della Guardia di Finanza. C'erano cinque parlamentari a bordo. Ora giustificano l'operato della Rackete. Per tutti loro la colpa è unicamente di Salvini.

Politica 30_06_2019
Orfini e Delrio, a bordo della Sea Watch 3 con Carola Rackete

Dopo 16 giorni in mare con 42 emigranti a bordo, Carola Rackete, capitano della nave dell’Ong Sea Watch 3, ha deciso di attraccare nella notte fra venerdì e sabato nel porto di Lampedusa. Nonostante il divieto di attracco (l’autorizzazione non è mai stata data), ha accostato al molo e per poco non stritolava anche un motoscafo della Guardia di Finanza. Imperizia o deliberato attacco? Sarà la magistratura a stabilirlo, per ora la Rackete è agli arresti domiciliari con accuse molto gravi: resistenza o violenza contro nave da guerra, che prevede una pena dai 3 ai 10 anni di reclusione, e tentato naufragio, previsto dagli articoli 110 e 428 del codice penale, sanzionato con la pena massima di 12 anni. A bordo, oltre ai 42 emigranti c’erano anche 5 parlamentari dell’opposizione: Graziano Delrio, Matteo Orfini, Davide Faraone (Partito Democratico), Riccardo Magi (+Europa) e Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). Nessuna responsabilità penale è configurabile per i parlamentari ospiti della Sea Watch, stando alla Procura. Ma quanta responsabilità politica hanno? Sono rappresentanti dello Stato italiano e accettano che una nave violi una legge e, nel farlo, vada addosso a un motoscafo della Guardia di Finanza? Uno speronamento che poteva costare la vita alle “fiamme gialle” che erano a bordo?

Prima di tutto è bene sentire quel che dicono i diretti interessati. Matteo Salvini, ministro dell’Interno, ha pubblicato il tweet “È incredibile che alcuni parlamentari italiani fossero a bordo di una nave privata straniera che infrange le leggi italiane e stanotte ha messo a rischio la vita di uomini delle forze dell’ordine italiane. Se fossi in loro e nei loro elettori mi vergognerei”. E il primo a reagire è stato Matteo Orfini (Pd): “A mettere a rischio la sicurezza di migranti, forze dell'ordine ed equipaggio è stata la scelta di Salvini di lasciare 16 giorni in mezzo al mare una barca che aveva bisogno di un porto sicuro. Un ministro sequestratore che non va a processo solo perché si fa salvare dal parlamento”. Nessuna contestazione all’azione della Rackete, dunque. Orfini, intervistato una volta a terra, ha ribadito e rincarato la dose: “L’atto di violenza è stato di chi ha sequestrato oltre sedici giorni su una nave delle persone, dei naufraghi, rispetto ai quali il comandante ha un unico dovere: condurli in un porto sicuro”. Quanto alla manovra di attracco, con tanto di speronamento: “Non spetta a me dare una valutazione sulla manovra, se è stata più o meno corretta, ma mi sento di affermare che, da parte della capitana, non c’è stata alcuna volontà di usare violenza contro l’imbarcazione della Guardia di Finanza. È quello che ho visto, immagino saremo chiamati a testimoniare”.

Il deputato Pd ed ex ministro Graziano Delrio ha giustificato il forzamento del blocco così: “L’autorità giudiziaria farà il suo corso e stabiliranno i giudici se la capitana (sic!) ha davvero commesso un reato. Come sapete in caso di stato di necessità si possono anche violare le leggi, come fa l’ambulanza quando passa con il rosso perché qualcuno sta male. Il capitano è responsabile dell'incolumità di tutti i suoi passeggeri, ha fatto queste valutazioni, va rispettata la sua scelta, come il percorso che farà la giustizia”. Per Fratoianni (Sinistra Italiana), tutto bene quel che finisce bene (per alcuni): “La vicenda si è conclusa felicemente per i naufraghi e bisogna che si concluda allo stesso modo anche per chi ha consentito loro di non morire in mare e di approdare in un porto sicuro”. Anche per Magi (+Europa), la colpa è solo del governo: “non si sarebbe dovuti arrivare a questa situazione, con un governo che costringe decine di persone, in condizioni di estrema vulnerabilità, a restare oltre sedici giorni a poche miglia dalle costa italiane, aspettando che uno alla volta venissero sbarcati per evacuazioni mediche”. Quindi: “Non avrebbe dovuto trovarsi in quelle condizioni. A un certo punto, ha ritenuto che ci fosse uno stato di necessità superiore al divieto di sbarco e io questo stato di necessità l’ho visto, la sua è stata una valutazione coerente con quelli che erano i fatti”. E lo speronamento? “per me l’ipotesi di tentato naufragio non sussiste. La nave procedeva molto molto lentamente anche quando, durante la fase di accostamento alla banchina, la nave ha stretto la motovedetta della Guardia di Finanza”. Infine, per Faraone (Pd), la colpa è comunque di Salvini: “Stanotte hanno rischiato la vita le forze dell’ordine, la guardia di finanza. Hanno rischiato la vita un intero equipaggio e dei migranti così come tutti quelli che stavano a bordo. E l’hanno rischiata per la propaganda e l’utilizzo di temi così delicati come questi da parte di Matteo Salvini”.

Come un’autoambulanza che passa col rosso perché il ferito o il malato a bordo è grave, la Rackete poteva fare tutto quel che voleva? Prima di tutto, nemmeno un autista di ambulanza resta impunito, se, passando il rosso, travolge un passante o distrugge un’auto, (come dimostrano alcuni precedenti). Ma il paragone di Delrio, che è poi alla base anche di tutte le altre dichiarazioni dei parlamentari a bordo della Sea Watch, oltre ad essere alquanto forzato, è pertinente? C’erano malati o feriti gravi, da codice rosso, a bordo della Sea Watch 3? Era impossibile curarli a bordo? Era impossibile, per un medico, salire a bordo? Erano finite le scorte di cibo? Erano finite le scorte d’acqua? A tutte queste domande, la risposta è una sola: no.

Considerato che non c’era un’emergenza a bordo, da codice rosso, tale da giustificare un attracco in violazione delle leggi e far rischiare la vita ai finanzieri, chi c’era a bordo da soccorrere? Non feriti o naufraghi raccolti dopo l’affondamento di una nave incontrata in mare, ma emigranti raccolti al largo della costa libica, circostanza che, già di per sé, è degna di indagine. Perché erano in mare da sedici giorni? Il governo italiano non ha dato l’autorizzazione di attraccare a Lampedusa, questo lo sappiamo ed è ciò che i cinque parlamentari a bordo rimproverano al governo. Ma non esistevano altri porti sicuri? La Tunisia non ha porti sicuri? I difensori della Rackete affermano che la Tunisia non sia da considerare un "porto sicuro", per motivi legali. Ammesso che ciò sia vero, non è da considerarsi porto sicuro neppure Malta (membro dell’Ue), o altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo e raggiungibili in meno di sedici giorni, come la Francia, la Spagna, la Grecia? Perché proprio solo l’Italia? Gli avvocati della Ong ci forniranno tante risposte cavillose e in punta di diritto per dimostrare che l’Italia e solo l’Italia è l’unico vero porto sicuro nell’intero Mediterraneo. Al cittadino comune resta il dubbio che l’Italia sia l’unica meta delle Ong perché è l’unico Paese in cui c’è Salvini. E una sfida mediatica con Salvini paga sempre, come provano le dichiarazioni, praticamente unanimi, dei governi europei finora intervenuti (Germania, Francia, Lussemburgo, Finlandia) pronti ad accusare unicamente il governo italiano.