L'EDITORIALE
Se un vescovo crea confusione
Eccellenza Reverendissima mons. Mogavero,
ho letto la Sua intervista su "Famiglia Cristiana" che si apre con la drastica affermazione secondo cui il presidente del Consiglio "deve dimettersi punto e basta..."
Editoriali
07_10_2011
Eccellenza Reverendissima mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo,
ho letto la Sua intervista su "Famiglia Cristiana" che si apre con la drastica affermazione secondo cui il presidente del Consiglio "deve dimettersi punto e basta. Sarebbe la prima volta che fa qualcosa che giova al Paese", e si conclude con una critica alle iniziative della CEI dove, a proposito dei cattolici presenti in politica, Ella esprime il timore che "si cerchi di ricondurli dentro lo steccato, organizzando una nuova falange offensiva".
ho letto la Sua intervista su "Famiglia Cristiana" che si apre con la drastica affermazione secondo cui il presidente del Consiglio "deve dimettersi punto e basta. Sarebbe la prima volta che fa qualcosa che giova al Paese", e si conclude con una critica alle iniziative della CEI dove, a proposito dei cattolici presenti in politica, Ella esprime il timore che "si cerchi di ricondurli dentro lo steccato, organizzando una nuova falange offensiva".
Non so se "Famiglia Cristiana" abbia l'abitudine di fare rileggere i testi agli intervistati prima della pubblicazione e, vittima talora anch'io di fraintendimenti, Le chiedo scusa in anticipo se fossero state riportate parole non Sue, certo che in tal caso non mancherà la smentita.
Da sociologo, Le confesso la mia perplessità sulla Sua affermazione secondo cui mentre il cardinale Bagnasco parla come vescovo, Lei esprime opinioni "come cittadino italiano" e non ama "nasconderle per convenienze ecclesiastiche". In linea di principio, il ragionamento non fa una piega e questo giornale ha sempre sostenuto che i vescovi non hanno certamente meno diritti di altri cittadini italiani di dire la loro. In linea di fatto, una elementare sociologia della comunicazione ci insegna che i lettori hanno difficoltà a distinguere fra l'opinione del cittadino e quella del vescovo quando si tratta della stessa persona, e questo anche a prescindere dalla puntuale e prevedibile strumentalizzazione di quotidiani come "Repubblica" che hanno presentato la sua intervista come presa di posizione "dei vescovi" e non di un privato cittadino.
È per questo rischio - che è più di un rischio - che mi permetto rispettosamente di entrare nel merito della Sua intervista. Certamente ci sono affermazioni condivisibili, come quella secondo cui il ciclo politico dell'onorevole Berlusconi sembra ormai volgere alla fine, e l'altra che i suoi comportamenti privati diffondono scandalo fra molti fedeli cattolici. Anche se in questo caso si dovrebbe forse aggiungere che la responsabilità dello scandalo - rispetto a comportamenti privati riprovevoli, ma che avvengono a casa propria dopo avere chiuso la tenda che dà sull'esterno - è condivisa da chi tira la tenda e sbatte il privato in prima pagina. Mi creda, Eccellenza, anche diversi esponenti politici e culturali a Lei più simpatici non rivelerebbero un privato immacolato se fossero colpiti da oltre centomila intercettazioni offerte ai giornali per la libera pubblicazione, il che - Lei così attento alla superiore moralità dei politici stranieri - vorrà convenire che è cosa che accade solo in Italia.
Gli stessi fedeli potrebbero però rimanere sconcertati dalla Sua opinione secondo cui, dimettendosi, l'on.le Berlusconi "sarebbe la prima volta che fa qualcosa che giova al Paese". Sconcertano infatti i fedeli le divisioni tra le autorità ecclesiastiche. Il Santo Padre in discorsi molto importanti ha ringraziato non una ma tre volte il governo italiano per la decisione di ricorrere alla Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sul caso del crocifisso nelle scuole, vincendo poi la causa di appello. Si tratta di una decisione presa dal Presidente del Consiglio. Lei pensa che il Santo Padre sbagli e che quella decisione non abbia "giovato al Paese"?
Lo stesso Benedetto XVI ha ringraziato pubblicamente il governo presieduto dall'on.le Berlusconi - la materia mi sta a cuore perché me ne occupo istituzionalmente - per l'impegno profuso a favore dei cristiani vittime di persecuzioni in Pakistan e altrove. Questo giova certo anzitutto ai cristiani perseguitati: ma si sente davvero di dire che non "giova al Paese"? Infine - sono solo esempi - la CEI ha riconosciuto gli sforzi del governo e quelli personali del Presidente del Consiglio - frustrati, ricorderà, da un intervento del Presidente della Repubblica, cui va la Sua ammirazione - per salvare la vita della povera Eluana Englaro. I Suoi colleghi vescovi avevano torto? Anche salvare Eluana non "giovava al Paese"?
Vorrei anche capire meglio che cosa significa la Sua affermazione secondo cui Berlusconi non Le piace per il suo tipico "taglio dell'imprenditore borghese". Lei pensa che gli "imprenditori borghesi" in genere debbano essere eliminati? Sostituiti da che cosa?
Avendo - glielo confesso - qualche simpatia per i principi che ispiravano le società precedenti alla borghese Rivoluzione francese, nonostante le ingiustizie che non mancavano quando questi principi non erano rispettati nella pratica, condivido una critica della borghesia in quanto responsabile di avere "distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliche. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l'uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo pagamento in contanti. Ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell'esaltazione devota, dell'entusiasmo cavalleresco" del Medioevo. Ha scritto qualcosa di simile anche Papa Leone XIII ma avrà riconosciuto le parole, che immagino a Lei più familiari, del "Manifesto del Partito Comunista" di Marx ed Engels.
Avendo - glielo confesso - qualche simpatia per i principi che ispiravano le società precedenti alla borghese Rivoluzione francese, nonostante le ingiustizie che non mancavano quando questi principi non erano rispettati nella pratica, condivido una critica della borghesia in quanto responsabile di avere "distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliche. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l'uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo pagamento in contanti. Ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell'esaltazione devota, dell'entusiasmo cavalleresco" del Medioevo. Ha scritto qualcosa di simile anche Papa Leone XIII ma avrà riconosciuto le parole, che immagino a Lei più familiari, del "Manifesto del Partito Comunista" di Marx ed Engels.
Mi piacerebbe però sapere se la sua critica della borghesia è in funzione delle soluzioni di Marx ed Engels, quel socialismo che ha portato a regimi a suo tempo definiti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede "la vergogna del nostro tempo", ovvero delle soluzioni della dottrina sociale della Chiesa, che non trovo citata nella Sua intervista.
E qui vedo un ulteriore problema. Lei non nasconde - da cittadino, beninteso - la Sua viva antipatia per il centro-destra, anzi Le "dispiace, per essere ancora più chiaro, che tanti italiani si riconoscano politicamente in Silvio Berlusconi" ed è preoccupato del fatto che, uscito eventualmente di scena il Presidente del Consiglio, continuino a riconoscersi nel suo partito o nel suo schieramento. Alla fine dell'intervista esprime antipatia anche per soluzioni centriste e "cose bianche" che secondo una certa stampa sarebbero viste con favore da Suoi illustri confratelli vescovi. Tolto il centro e tolta la destra, resta solo la sinistra.
Certo per limitare la lunghezza dell'intervista, non Le sono state chieste eventuali riserve e perplessità nei confronti della sinistra e se per esempio il "taglio dell'imprenditore borghese" non abbia qualcosa a che fare anche con Carlo De Benedetti, la famosa "tessera numero uno" del Partito Democratico e l'editore del quotidiano, "Repubblica", che dà la linea politica alla sinistra italiana. Soprattutto, non Le è stato chiesto se prima di concedere il Suo generoso sostegno alla sinistra - sempre come cittadino, ci mancherebbe altro - non abbia fatto qualche domanda su quelli che il Papa chiama principi non negoziabili in materia - per esempio - di eutanasia, riconoscimento delle unioni omosessuali, pillole abortive, libertà per i genitori cattolici di scegliere la scuola cattolica in condizioni di effettiva parità. Se ha fatto queste domande, sarei interessato a conoscere le risposte.
Se non le ha fatte, mi piacerebbe sapere se Lei - come cittadino - sconsiglia esplicitamente agli italiani di seguire l'insegnamento del Santo Padre secondo cui i principi non negoziabili - espressione tecnica che designa solo quanto attiene alla vita, alla famiglia e alla libertà di educazione, cui si aggiunge la libertà religiosa - debbano prevalere su altre materie, pure importanti, quando si compiono scelte politiche. Perché se così fosse Le si porrebbe un piccolo problema. Lei dovrebbe dare un certo consiglio agli elettori della Sua diocesi come cittadino italiano e il consiglio opposto come vescovo, di cui nessuno mette in dubbio la fedeltà ai documenti del Magistero sul primato dei principi non negoziabili e sull'identificazione come non negoziabili di certi principi e non di altro, pure molto rilevanti.
Eccellenza, ammiro la sua passione per la vita sociale e politica del nostro Paese. Condivido molte Sue preoccupazioni per la moralità pubblica, le famiglie in difficoltà, il Sud. Ma auspico che nelle Sue preoccupazioni e nel Suo cuore possano trovare un posto non secondario anche quelle di tanti fedeli per la vita, la famiglia, la scuola cattolica e l'attacco sempre più tracotante alla Chiesa di una parte politica che non è quella guidata dall'on.le Berlusconi.
Con devoto ossequio
Con devoto ossequio
Massimo Introvigne