Se il "negazionismo" climatico diventa reato
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L'Unesco, poi un professore della Luiss, poi anche un leader politico (Bonelli) propongono di rendere reato il "negazionismo" climatico. Chi esprime dissenso sulla teoria del cambiamento climatico antropico, rischia.
Prima l’alluvione in Emilia Romagna, poi la doppia catastrofe nel Nord e nel Sud, con le bufere nel lombardo-veneto e gli incendi in Sicilia, hanno creato la tempesta perfetta. Esprimere dissenso, o un parere di minoranza sulla teoria del cambiamento climatico antropico, è diventato già socialmente pericoloso e potrebbe in futuro diventare anche illegale.
Il suggerimento di rendere reato il “negazionismo climatico”, parte dall’alto. Lo si trova anche nel sito ufficiale dell’Unesco, sotto forma di “idea”. Secondo l’autrice, Catriona McKinnon (docente di Filosofia politica all’Università di Exeter), il negazionista climatico è come un incosciente che nega l’esistenza di un incendio appena scoppiato e, smentendo l’allarme, impedisce alla gente di salvarsi. Per lei non ci sono dubbi: “Quelli che gridano ‘non c’è un incendio’ devono essere messi subito a tacere, perché l’incendio c’è e richiede un’azione rapida e decisa per impedire che si diffonda”. Questo è l’approccio tipico di chi vorrebbe inserire quello che è, a tutti gli effetti, un reato di opinione e un limite al dibattito scientifico che, in altri tempi, sarebbe stato ingiustificabile.
L’emergenza giustifica ogni tipo di censura e molte altre violazioni dei diritti civili, come ha già drammaticamente dimostrato anche la precedente emergenza pandemica. Così, dopo i primi disastri di luglio nel Nord e Sud Italia, Bonelli, leader dei Verdi, ha proposto di introdurre un nuovo reato di negazionismo climatico “perché chi mistifica fa più danni della grandine, alluvione, caldo e siccità”.
In un commento uscito su Il Domani, in piena alluvione dell'Emilia Romagna (a maggio) il professor Gianfranco Pellegrino (associato di filosofia politica alla LUISS Guido Carli) aveva anticipato Bonelli, affermando che “il negazionismo climatico dovrebbe essere un reato”. Questo, in sintesi, il suo ragionamento: si dovrebbe cominciare ad ammettere che il negazionismo climatico non è differente rispetto ad altri tipi di negazionismo, per esempio quello storico. Chi nega l’Olocausto può essere difeso in nome della libertà di opinione? Secondo: forse è arrivato il momento di vedere anche il negazionismo climatico in questo modo. Il legame fra cambiamento climatico e i disastri cui stiamo assistendo è provato, con i mezzi e le certezze a disposizione della migliore scienza, così come sono provati i fatti e le responsabilità dietro l’Olocausto, con i mezzi e le certezze della migliore ricerca storica.
Il ragionamento di Pellegrino dà per scontate una serie di cose che scontate non sono. Prima di tutto non c’è alcun parallelo possibile fra chi sta confutando un’ipotesi scientifica (nella scienza non esistono certezze) e chi sta negando fatti storici per motivi ideologici e politici. Secondo, non è ancora affatto scontato che sia l’uomo la causa principale del cambiamento climatico. Terzo, non è affatto dimostrata una correlazione diretta fra cambiamento climatico antropico e questi eventi meteo. Ce lo ricordava, il 22 maggio scorso, la fondazione Climate Intelligence: “Studi scientifici riportati anche dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) concludono che non ci sono sufficienti evidenze che possibili cambiamenti nella probabilità o della magnitudo degli eventi alluvionali possano essere attribuiti all’influenza umana sui cambiamenti climatici… I cambiamenti climatici non vanno confusi – come troppo spesso si ascolta dai mezzi di informazione e dalle dichiarazioni di alcuni responsabili politici – con gli eventi meteorologici, e le alluvioni non dipendono solo da eventi meteo-climatici ma anche dalla geomorfologia e dall’uso del suolo”.
Dei disastri di cui vediamo oggi gli effetti, non si parla mai, infatti, delle responsabilità umane immediate. A Milano, il 24 luglio, una super-cella (un piccolo ciclone) ha abbattuto decine di alberi in tutta la città, anche in pieno centro. Ma erano stati potati, quegli alberi? No. E le radici erano abbastanza profonde? Forse non per caso, la maggioranza degli alberi caduti, oltre ad essere molto vecchi, alcuni anche secolari, erano anche sopra le tratte della metropolitana. Secondo il sindaco Giuseppe Sala, a fronte di un evento meteo così forte “non c’è manutenzione che tenga” (questo il suo commento di ieri). Ma così dicendo, ha indirettamente ammesso di non averci neppure provato. Quanto agli incendi in Sicilia, sono… dolosi. Quindi deliberatamente provocati da piromani che nessuno è riuscito a fermare.
Introdurre un reato di cambiamento climatico, non sarebbe solo un modo per chiudere completamente il dibattito scientifico, in difesa di posizioni dogmatiche, come non avveniva neppure ai tempi di Galileo. Sarebbe anche un modo molto comodo per scaricare le responsabilità su un capro espiatorio (il negazionista) evitando di indagare sulle eventuali colpe delle amministrazioni politiche e della loro gestione del territorio.